Выбрать главу

Ma perché non si accendevano i fuochi? Che si aspettava ancora? Di veder comparire alle spalle le prime fangose pattuglie sovietiche? Berlino stava per cadere, doveva anzi essere già caduta, una sera il bollettino del Quartier Generale non fu più trasmesso.

Allora gli operai e gli ingegneri sbarcarono dalla corazzata, l'aria sopra i tre fumaioli cominciò a tremolare, segno che le caldaie erano state accese, opposti pensieri e speranze si combattevano negli animi, la pace sembrava terribilmente desiderabile pur nell'obbrobrio della disfatta ma era anche amaro abbandonare così il bastimento meraviglioso senza aver tentato neppure di combattere.

Il comandante dell'unità, capitano di vascello Rupert George, fece suonare dalla tromba l'assemblea generale. Era un uomo alto, biondo, aristocratico, dagli occhi molto chiari, così sensibile e vergognoso dei propri sentimenti che per salvarsi si era dovuto fare una volontà di ferro.

Erano le ore 3 pomeridiane del 4 giugno 1945. Come tutto l'equipaggio fu riunito sulla coperta di poppa, il comandante cominciò a parlare nei seguenti termini:

" Ufficiali, sottufficiali, marinai, devo dirvi poche cose, e gravi.

" Come forse voi stessi immaginate, le forze armate tedesche di terra, di mare e dell'aria stanno cessando di combattere. Entro stasera forse verrà firmato un armistizio. Alle clausole di tale armistizio tutti i militari del Reich dovranno sottostare. "

A questo punto si fermò e con i suoi chiari occhi osservò lungamente gli uomini che stavano dinanzi a lui.

" Ma la nostra sorte è diversa. Per un decreto del comando supremo la corazata König Friedrich II è esentata dall'ottemperare alle clausole di qualsiasi eventuale armistizio. Il documento è nelle mie mani da parecchi giorni e più tardi sarà esposto affinché ciascuno di voi possa controllarlo.

" La corazzata König Friedrich II quindi partirà stasera stessa portandosi in una zona che non posso rivelarvi. Mentre il territorio nazionale sarà interamente calpestato dagli eserciti nemici, noi continueremo a restare libera e indipendente Germania. Noi non attaccheremo più il nemico, siamo però decisi a difenderci. Noi saremo l'ultimo pezzo intatto della nostra patria. " Ho il dovere di farvi sapere che ci aspettano giorni, settimane, mesi, anni forse di duro sacrificio, e può darsi che ci aspetti la morte. Ma a noi, sappiatelo, è stato affidato l'ultimo brandello della devastata bandiera. A noi forse toccherà l'ultimo e più grave combattimento. Il quale ci potrà dare gloria ma non altro perché non ci saranno più speranze. " Nello stesso tempo ho il dovere di lasciarvi completamente liberi. La scelta è a voi soltanto. Chi ritiene chiusa la partita e preferisce seguire la sorte comune del nostro popolo, è libero di sbarcare questa sera stessa esonerato da ulteriori impegni militari. Motivi di notevoie interesse umano e familiare possono giustificare tale scelta, e a me non spetta il sindacarli. " Chi invece sceglie con libera volontà di rimanere a bordo sappia che non andrà incontro a gioie di sorta. Sarà una missione lunghissima, della cui fine non si può prevedere né la data, né il modo. Disagi, solitudine, separazione assoluta dalle vostre famiglie, ignoranza del proprio destino, sono tutto ciò che potete sperare. Vale la libertà tanto sacrificio? A ciascuno di voi tocca decidere. Ascoltate quindi la vostra coscienza. Io da lungo tempo ho già deciso. " Fino a quando potremo conservare questo supremo bene? Quale ultima mèta ci prefiggiamo? Saremo chiamati a una battaglia decisiva? Neppure io lo so, ma anche se lo sapessi non ve lo potrei dire. " Perciò chi rimane a bordo, quando salperemo in direzione dell'ignoto, dia pure uno sguardo d'addio alla terra patria che lasciamo. Può darsi che non la rivedremo mai più. " Tale, pressapoco, il discorso del comandante George. E subito dopo l'assemblea fu sciolta e nessuno capiva bene che cosa stesse succedendo, eppure le parole del comandante erano rintronate con strana potenza negli animi cosicché furono appena 227 gli uomini che chiesero lo sbarco.

La luce di quel giorno non si era ancora spenta interamente che la corazzata König Friedrich II uscì di sotto la gigantesca copertura mimetica che l'aveva per così lungo tempo nascosta e mosse verso l'aperto mare. Immediatamente, a terra, cominciarono a tuonare le cariche esplosive predisposte per distruggere il bacino, il cantiere, le officine e tutto il resto affinché di ciò che era stato fatto non rimanesse traccia comprensibile. E per lungo tempo, da bordo, sempre più lontane, si videro quelle vampe così significative. Laggiù non si sarebbe mai tornati.

La storia a questo punto fa un grande salto e non dice parola su come il bastimento poté uscire inosservato dal Baltico, impunemente scavalcare la Scozia e percorrere l'oceano Atlantico da nord a sud senza incontrare il nemico.

Ritroviamo la corazzata ferma in pieno mare a est del Golfo di San Matteo, ormeggiata a una specie di boa che per lei era stata sistemata, non si sa da chi né come, in corrispondenza di un bassofondo. Ivi quasi duemila uomini intrapresero una assurda vita, separati dal restante mondo che ne ignorava l'esistenza. La vita a bordo proseguiva regolarmente come in qualsiasi porto, solo che qui non esistevano banchine e tracce visibili di terra ferma, bensì la vacuità disperante delle onde. All'alba lavaggio, poi esercitazioni di ogni genere, solo raramente il radar segnalava l'avvicinarsi di una nave o di un aeroplano sconosciuti. Allora il mostro dei mari si copriva immediatamente di una pesante nebbia per mezzo di speciali apparecchiature e i naviganti sempre passarono oltre senza badare troppo a quella strana nube in mezzo all'oceano; e ugualmente fecero gll aerei. (Circa l'avvistamento da parte del Maria Dolores III l'Untermeyer non seppe dare spiegazioni.)

Di tanto in tanto una grossa motobarca veniva messa a mare e si allontanava verso ponente. Dopo non molte ore era di ritorno con nuove provviste di viveri. Il sistema di rifornimento era stato infatti organizzato preventivamente attraverso incontri in aperto oceano con navi provenienti dall'Argentina. Navi tedesche o straniere, e come camuffate? Di preciso non lo si è saputo. Invece della motobarca, alle volte veniva ammainata una piccola cisterna; allora, invece di viveri, era nafta.

Intanto le notizie della catastrofe tedesca si accavallavano alla radio, e a bordo voci discordi e sediziose serpeggiarono, sebbene la semplice vista del comandante George bastasse a risvegliare, nei cuori sofferenti, un senso di venerazione e di timore.

A lungo andare tuttavia neppure la disciplina formale e l'intensa attività di ogni genere bastarono a spegnere il fermento. Discussioni sempre più audaci si accendevano la sera nel quadrato ufficiali e qua e là, nel chiuso dei camerini, avvenivano quasi dei complotti.

Che cosa si stava aspettando? Che cosa si poteva sperare? L'illusione romantica che li aveva sedotti alla partenza ormai era perduta. La solitudine diventava un incubo. L'immobilità esasperante. Che cosa si aspettava? Di essere avvistati come presto o tardi era fatale, e macellati dall'aviazione americana? Di marcire in quell'assurdo esilio?

Voci, dicerie, calunnie, sospetti, favole passavano ormai di bocca in bocca. Qualcuno dubitava che il comandante George fosse pazzo. Girò la voce di una violenta discussione da lui avuta col comandante in seconda Stephan Murlutter, un uomo solido, freddo, con la testa sulle spalle. Si diceva che Murlutter fosse favorevole all'autoaffondamento e alla resa. Dello stesso parere era la maggioranza.

C'erano però anche quelli che parteggiavano per George. Specialmente gli ufficiali più giovani, i guardiamarina, i sottotenenti di vascello. Era giusto – costoro sostenevano che una aristocrazia di pochi espiasse le infami colpe di cui si era macchiata la Germania. Erano i puri, i mistici, gli asceti.