Dio Onnipotente dalla suprema vetta dei Cieli guardò in giù Vide. Chiuse le palpebre per un breve istante.
Come Egli riaprì gli occhi – quanto tempo era passato? L'istante, il battito di palpebre del Sommo Iddio a quanti anni corrisponde, secoli, millenni? – un altro drappello pure armato di picconi e vanghe, si affannava ad aprire l'ingresso del cunicolo segreto. Era profonda notte, la divina luna illuminava dolcemente le pietre immote del deserto.
Penetrarono, raggiunsero la tomba del monarca. Ivi c'erano l'oro, le pietre preziose, il tesoro immenso delle favole! Come riuscirono all'aperto col bottino leggendario – e ancora la luna risplendeva illuminando la morta valle, benché triste perché ormai declinante alle rupi taciturne da cui era formato l'orizzonte – c'era una fitta ansiosa schiera ad aspettarli.
Nel silenzio della notte crepitarono gli applausi. Alcuni giovanotti si avanzarono verso il capo degli escavatori, facendogli domande. Balenarono i flashes. Nella folla un intenso mormorio. " No comment " rispose con alterigia il capo dei sacrileghi. " A suo tempo riferirò alla Royal Archaeological Society. "
Illuminati dalla morente luna, i cronisti corsero alle macchine e via, per il deserto, verso la città, donde telefonare alle grandi capitali la memorabile notizia.
Un indigeno dal solenne incesso si avvicinò al capo dei saccheggiatori e inchinandosi gli porse un plico. Poi un secondo, un terzo, anch'essi con fogli di telegrammi giunti da lontano. Erano le congratulazioni dei Governi all'archeologo. La gloria. Sotto i portici c'era un uomo male in arnese ma dal fare spavaldo che teneva con la destra il capo di uno spago. L'altro capo finiva, attraverso un buco rotondo, nell'interno di una scatola da scarpe deposta per terra. Sopra il coperchéo, quasi a impedire che qualcuno da sotto lo potesse alzare, un sasso di almeno quattro chili.
" Su, su, Pirolino " diceva l'uomo alla scatola facendo atto di tirare un po' lo spago " su, fatti vedere dai signori, non aver paura! Cosa volete? " e si volse, come chiedendo scusa, ai passanti che si erano fermati " oggi è in vena di capricci! È offeso. E pensare che ieri ha fatto anche il salto mortale. " Poi di nuovo alla scatola: " Andiamo, Pirolino, vuoi fare aspettare per niente questi gentili spettatori? Ci sono anche due belle signorine, non vuoi darci un'occhiata, Pirolino? ". Fece un salto: " Signori, signori, avete visto che ha messo fuoti il musetto per un attimo? L'avete visto no? Dica lei, signorina, lei l'ha visto? ". " Mah, non so " rispose ridendo la ragazza. " Forse. Ma non ho visto bene. "
" Nene, basta, andiamo " le disse la compagna dandole di gomito. " Cosa stiamo qui a perdere tempo? "
" Perché? " fece la Nene. " Tu, Minnie, dici che non venga fuori? "
" Che cosa? " " Ma la bestiolina! " La Minnie scoppiò a ridere. " Ah, sei impagabile. Non hai ancora capito che nella scatola non c'è dentro niente? È un ciarlatano. Con questo trucco fa fermar la gente e poi al momento buono tirerà fuori, da vender dei biglietti di qualche lotteria. "
Divertite, le due belle ragazze proseguirono fino a una galleria d'arte. Qui entrarono. C'era il vernissage di José Urrubia, pittore messicano. Ai muri, una ventina di grandi quadri con intricate macchie di colori per lo più sul giallo e sul marrone. Contornato da un gruppo di signore, un uomo dal naso sensibile e dai capelli bianchi in giacca di velluto teneva cattedra. " Ecco " spiegò additando una tela piena di tante piccole losanghe sbavanti l'una nell'altra " quest'opera si può considerare tipica del secondo Urrubia. Appartiene al Museo di Buffalo. L'istanza tonale come vedete si impone qui come esigenza soverchiante suila ricerca ritmica che è pur sempre presente in tutta la parabola urrubiana. Sì, voi direte, l'intensità dei moduli poetici è meno, ehm, ehm, risentita, meno pregnante, vero, che nelle esperienze originarie. In compenso, quale libertà! E, con la libertà, quale rigorosa, inesorabile direi, dialettica cromatica! Ma ora care amiche, passiamo a un documento emozionante: il Dialogo 5… Sapete come l'ha definito Albert Pitchell? ManicheisrnO, manicheismo, tout court! Manicheismo, capite? per la dualità dei contrapposti impulsi che drammatizzano la fondamentale unità del quadro, uscita di getto, è chiaro, da… da… eh sì, da un raptus orfico che solo Urrubia avrebbe potuto, come ha fatto, signoreggiare, imponendovi una geometrica scansione. Naturalmente, a questo punto, siamo tentati di identificare, vero, il pretesto lìrico determinante in una, come dire?, in una sorta di metafisica contingenza grafica… " Rapita quasi in estasi, Minnie beveva le parole ad una ad una. " Adesso, basta, andiamo! " mormorò Nene all'amica dandole di gomito. " In questi quadri non ci capisco proprio niente. " " Oh tu " replicò la compagna " tu, scusami la sincerità, ma sei piuttosto indietro, tu. Io li trovo una tale cannonata! "
45. LE PRECAUZIONI INUTILI
Leo Bussi, piazzista d'anni 30, entrò nella succursale n. 7 del Credito Nazionale per riscuotere un assegno circolare di 4000 lire (quattromila).
Non c'erano sportelli ma un lungo banco dietro al quale gli impiegati lavoravano. " Desidera? " domandò uno di questi gentilmente. " Ho un assegno da riscuotere. " " Prego " disse l'impiegato e, preso il foglietto in mano lo esaminò per diritto e per rovescio. Poi: " Si accomodi più in là, dal mio collega "
Il collega era un uomo sui cinquanta. Contemplò l'assegno a lungo (rigirandolo da una parte e dall'altra), tossicchiò, alzò gli sguardi al di sopra degli occhiali esaminando la faccia del cliente, guardò ancora l'assegno, guardò di nuovo il Bussi, quasi cercando una corrispondenza, infine chiese: " Lei ha qui un conto corrente? ". " No " lui rispose. " Documenti di riconoscimento? " Il Bussi diede i! passaporto. L'impiegato lo prese, lo portò al suo tavolo, sedette, sfogliò il libretto controllandolo, cominciò a prendere nota, registrando su un modulo nome, numero, data di rilascio, eccetera. Ma a un certo punto si fermò, aggiustandosi gli occhiali, e brontolò qualche parola.
" C'è qualcosa che non va? " disse il Bussi con la vaga sensazione di essere scambiato per un gangster. " Niente, niente " fece quello con un sorrisetto ambiguo. Così dicendo, col passaporto in mano, andò a consultare il direttore, che stava in fondo, a un tavolo più grande.
I due confabularono, alzando ogni tanto gli occhi a esaminare la faccia del piazzista. Finalmente, l'impiegato ritornò. " è la prima volta " chiese " che lei viene a questa banca? " " Sì, la prima volta Ma forse c'è qualche difficoltà? "
" Niente, niente " ripeté l'impiegato rinnovando il sorrisetto. Quindi riempì il modulo per la riscossione, lo diede da firmare, riprese il modulo, aprì di nuovo il passaporto, controllò l'uguaglianza delle firme. A questo punto, evidentemente, lo prese un nuovo dubbio. Per la seconda volta andò a consultare il direttore. Dal banco, il Bussi non poteva afferrare le parole. (" Per 4000 lire quante storie! " pensava intanto. " E se fossero state centomila? ") Quando Dio volle, l'impiegato tornò al banco, deluso si sarebbe detto di non trovare altri motivi per ampliare le sue investigazioni. " Ecco fatto, si accomodi alla cassa. " E, col passaporto, gli diede un tagliando numerato. Alla cassa, quando fu il suo turno, il Bussi consegnò il tagliando. Il cassiere, uomo grasso e autorevole, palpeggiò l'assegno attentamente, riscontrò la bolletta relativa, guardò il Bussi e poi l'assegno ancora, pure lui cercando forse una misteriosa somiglianza fra la tratta bancaria e l'uomo, infine, perforò il foglietto con uno speciale timbro a spilli, lo rimirò di nuovo, lo depose di fianco a sé in una cassetta. Dopodiché, con solennità sacerdotale, trasse le banconote, facendole schioccare tra le dita con un colpetto caratteristico: uno, due, tre, quattro fogli da 10.000 (diecimila) lire. E li passò al cliente.