Coraggio: non lontano dal mio ufficio, in una via secondaria, avvisto, ecco, un breve varco dove forse la mia utilitaria può annidarsi. Delicata manovra di retromarce lungo la murata di una gigantesca vettura americana bianca e rossa, vero oltraggio alla miseria; al volante, un atletico autista padronale sembra addormentato ma mi accorgo che fra gl'interstizi delle palpebre i suoi sguardi ostili mi controllano, se mai mi accadesse di toccare, di sfiorare, con il mio povero paraurti arrugginito, il suo, blindato, scudo possente di cromo, carico di specchianti globi, contrafforti e barbacani, che da solo basterebbe, io penso, a sfamare per dieci anni una famiglia.
A onor del vero, la macchina mi offre tutta la collaborazione immaginabile, si fa ancora più piccola, si assottiglia, si contorce, tiene il fiato, si sposta sulla punta delle gomme. Dopo sette tentativi, tutto sudato per lo sforzo dei nervi, riesco finalmente a insinuare la mia trappola nel brevissimo intervallo. Non faccio per dire, un egregio lavoretto di precisione. Allora scendo, chiudo trionfalmente lo sportello. Un inserviente in uniforme si avvicina: " Scusi, lei? ". " Io cosa? " Lui fa segno a un microscopico cartello: " Sa leggere? Posteggio riservato solo per i funzionari della Oldrek ". A pochi metri infatti la sede della grande società spalanca il suo maestoso androne.
Livido, risalgo in macchina, e con estenuanti precauzioni riesco a sfilarmi fuori senza contaminare col mio contatto impuro la regalità della portaerei americana. Fra gli interstizi delle palpebre, gli sguardi dell'autista mi trafiggono con aghi di disprezzo.
è tardi. Da un pezzo sarei dovuto essere in ufficio. Ansiosamente esploro una via dopo l'altra, in cerca di un rifugio. Meno male: là c'è una signora che sembra stia per risalire in macchina. Rallento, aspettando che lei salpi per ereditare il posto. Un coro frenetico di clacson immediatamente si scatena alle mie spalle. Intravvedo, voltandomi la faccia congestionata di un camionista che si sporge in fuori, mi urla ingiuriosi epiteti e con il pugno pesta sullo sportello, per dar rumore alla sua collera: Dio, come mi odia.
Sono costretto a proseguire. E quando, fatto l'intero giro: dell'isolato, torno sul posto, la signora se ne è andata, è vero, ma già nello spazio rimasto libero qualcun altro sta incuneando la sua auto.
Avanti. Qui la sosta è permessa solo per mezz'ora, là soltanto nei giorni dispari (e oggi è il 2 novembre), là soltanto ai soci del Motormatic Club, là ancora il parcheggio è limitato alle macchine provviste della licenza " Z " (enti pubblici e parastatali). E se io tento di fare l'indiano, fulmineamente sbuca un uomo con un berretto di tipo militare che mi espelle dal suo dominio. Sono i guardiani dei posteggi: uomini membruti, alti, con baffi, stranamente incorruttibili, le mance non fanno su di essi alcuna presa.
Pazienza. Ora bisogna che almeno passi dall'ufficio ad avvertire. L'usciere sta sempre sulla soglia, mi fermerò un attimo, gli spiegherò la cosa. Ma proprio mentre sto frenando in corrispondenza del portone, gli occhi mi cadono su di un posto libero lungo l'opposto marciapiedi. Col cuore in gola io sterzo, rischiando di farmi triturare dalle valanghe di veicoli, attraverso la strada, velocemente plano a sistemarmi. Un miracolo.
La pace scende in me. Fino a stasera mi è concesso di vivere tranquillo, dalla finestra dell'ufficio posso anzi vederla e controllarla, la mia macchinetta utilitaria. Sembra perfin graziosa adesso, ha un'espressione sorridente, evidentemente gode di avere anche lei il suo posto al mondo. Certo, è stata una combinazione straordinaria: proprio dirimpetto al palazzo in cui lavoro, in pieno centro! Non bisogna mai disperare nella vita.
Passa un paio d'ore, sopra il rombo ininterrotto dei veicoli mi pare di distinguere un vocìo concitato che viene dalla strada. Con un triste presentimento mi affaccio alla finestra. Oh lo sapevo: doveva esserci sotto un tradimento, troppo facile era stato. Non mi ero accorto infatti che là dove ho lasciato la mia macchina, a filo della parete della casa, c'era una saracinesca; la quale è stata aperta e ne sta uscendo un camioncino. Con imprecazioni gutturali, tre uomini in tuta stanno perciò spostando di peso la mia auto, a gran strattoni. Con le sole braccia la sradicano dal comodo buco, tanto è leggera, e la sospingono più in là, che il camioncino possa uscire. Poi se ne vanno.
La mia macchina resta quindi abbandonata di traverso alla via, così da bloccare il traffico. Già un ingorgo si è formato e due policemen sono accorsi, vedo che scrivono sui loro taccuini.
Mi precipito da basso, tolgo di mezzo l'auto, non so neppure come, riesco a spiegare l'equivoco ai due agenti e ad evitar la multa. Ma restare là non posso. Eccomi di nuovo risucchiato nel vortice che gira, gira e non si può fermare mai perché non c'è posto da fermarsi.
E vita, questa? Via, dunque, in direzione della periferia dove la lotta è meno feroce, più benigno lo spazio. Laggiù ci sono strade e viali quasi deserti, così come lo erano le vie del centro nei tempi andati, se è vero ciò che i vecchi narrano. Ma sono posti lontani e poverelli. A che serve la macchina se bisogna lasciarla in quell'esilio? E poi, che fare questa sera? Stasera verrà il buio e anche le automobili saranno stanche come noi, sentiranno il bisogno di una casa.
Ma le autorimesse sono piene. I proprietari, fino a qualche anno fa persone umili e gentili, che noi potevamo considerare nostri simili, sono diventati personaggi potentissimi che non si riesce a avvicinare. È tanto se si può parlare coi loro ragionieri, o segretari, o altri tirapiedi, ma anche questi non sono più i giovanotti servizievoli di un tempo. Non sorridono più, ascoltano con sussiego le nostre lamentose suppliche. " Ma lo sa " rispondono " che abbiamo già una ventina di prenotazioni? Prima di lei, comunque c'è l'ingegnere Zolito, il presidente della F.L.A.M., c'è il professor Syphoneta, c'è il conte El Motero, c'è la baronessa Spicchi. " Sono tutti nomi grossi, di miliardari e potentati, chirurghi celebri, latifondisti, grandi cantanti, citati per intimidirmi. Inoltre, anche se non me lo dicono, le macchinette vecchie e delabrées come la mia non sono ospiti graditi: il prestigio della " casa " ne risente. Non avete mai notato le nauseate smorfie dei portieri quando un tipo scalcinato si presenta ai Grand Hotel?
Via via, dunque, oltre i sobborghi, attraverso le campagne e le brughiere, più lontano ancora, con rabbia tengo premuto l'acceleratore fino in fondo. Gli spazi si fanno sempre più vasti e solenni. Ecco le stoppie, ecco il principio della savana, poi il deserto, dove la strada si perde nell'infinità uniforme delle sabbie.
Alt, finalmente. Mi guardo intorno, non si scorge né un uomo né una casa né alcun segno di vita. Solo, alfine. Ed il silenzio. Spengo il motore, scendo, chiudo lo sportello. " Addio " le dico " sei stata una brava macchinetta, è vero, in fondo ti volevo bene. Perdonami se ti abbandono qui, ma se ti lasciassi in una via abitata, presto o tardi verrebbero a cercarmi con pile di contravvenzioni. E tu sei vecchia, e brutta, scusa la sincerità, ormai nessuno ti vorrebbe. " Lei non risponde. Io a piedi mi incammino e penso: " Che farà questa notte? Verranno le iene? La divoreranno? ". È quasi sera. Io ho perso una giornata di lavoro. Forse mi aspetta il licenziamento, non ne posso più dalla stanchezza. Eppure sono libero, libero finalmente!