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In tanto sconforto, si riscosse d'impeto il suo temperamento battagliero. " I verdi e i viola? E io starei qui a mangiarmi l'animo per le asinerie di Dolabella? Quell'idiota, quel cafone, che di pittura non ha mai capito un'acca? Lo so ben io chi gli ha stravolto il cranio. Gli anti-figurativi, gli astrattisti, gli apostoli del verbo nuovo! Anche lui si è accodato alla masnada e si lascia menare per il naso. "

La collera, che già da vivo lo prendeva alla vista di certe pitture d'avanguardia, si rinnovò, riempiendogli l'animo di fiele.

Per colpa di questi scalzacani – egli era convinto – l'arte vera, quella ancorata alle gloriose tradizioni, oggi veniva disprezzata. La malafede e lo snobismo, come succede spesso, avevano vinto la partita, sconfiggendo gli onesti.

" Pagliacci, istrioni, venditori di fumo, opportunisti! " dentro di sé imprecava. " Qual è il vostro lurido segreto per darla a bere a tanta gente e ottenere nelle grandi mostre la parte del leone? Garantito che anche quest'anno qui a Venezia, siete riusciti ad avere il meglio e il buono. Voglio cavarmi il gusto di vedere… "

Così brontolando lasciò la sua sala scivolando verso gli ultimi reparti. Era ormai notte, ma il plenilunio batteva sui vasti lucernari diffondendo una fosforescenza quasi magica. Via via che Prestinari procedeva, nei quadri appesi alle pareti avveniva un progressivo mutamento: le classiche immagini – i paesaggi, le nature morte, i ritratti, i nudi – sempre più si deformavano gonfiandosi, allungandosi, torcendosi, dimenticando l'antico decoro finché a poco a poco si rompevano perdendo completamente ogni traccia della primiera forma.

Ecco le ultime generazioni: sulle tele, per lo più immense, non si scorgevano che confusi grovigli di macchie, spruzzi, ghirigori, veli, vortici, bubboni, buchi, parallelogrammi e ammassi viscerali. Qui trionfavano le scuole nuove, i giovani e rapacissimi pirati della dabbenaggine umana.

" Ps, ps, maestro " bisbigliò qualcuno nella arcana penombra. Prestinari si fermò di scatto, come al solito pronto alla discussione o alla battaglia. " Chi c'è?, chi c'è? "

All'unisono, da tre quattro parti gli risposero, crepitando, triviali versi di dileggio. Seguirono rotte risate e un'eco di fischiolini che si persero in fondo all'allineamento delle sale.

" Ecco quello che siete " tuonò Prestinari, a gambe larghe, gonfiando il petto come per resistere a un assalto " dei teppisti da trivio! Impotenti, rifiuti dell'Accademia, imbrattatele da casa di salute, fatevi avanti se ne avete il fegato. "

Ci fu una lieve sghignazzata e, accettando la sfida, giù dalle tele scesero affollandosi intorno a Prestinari, le più enigmatiche parvenze: coni, globi, matasse, tubi, vesciche, schegge, cosce, ventri, glutei, dotati di particolare autonomia, pidocchi e vermi giganteschi. E fluttuavano in danza beffarda sotto il naso del maestro.

" Indietro, pallonari, adesso ve le suono io! " Con l'energia strapotente dei vent'anni, chissà come ritrovata, Prestinari si avventò contro la folla, menando botte da orbi. " Là, tieni questa, e questa!… Carogna, vescicone, maledetto. " I pugni affondavano nell'eterogenea massa e con giubilo il maestro constatò che sgominarla sarebbe stato facile. Le astratte parvenze, sotto i colpi si sbriciolavano o crepavano dissolvendosi in una specie di pantano.

Fu una strage. In mezzo ai detriti, finalmente Prestinari si fermò, ansimando. Un superstite frammento come una clava gli sbatté sul viso. Lo ghermì al volo, con le potenti mani, lo scaraventò in un angolo, ridotto a un cencio inerte

Vittoria! Ma proprio dinanzi a lui quattro informi spettri stavano ancora ritti con una sorta di severa dignità. Una debole luce ne emanava e al maestro parve di riconoscervi qualcosa di caro e familiare, riecheggiante da anni remotissimi. Finché comprese. In quei grotteschi simulacri, così dissimili da ciò ch'egli aveva dipinto nel corso della vita, palpitava tuttavia il divino sogno d'arte, lo stesso ineffabile miraggio ch'egli aveva inseguito con testarda speranza fino all'ultima sua ora. C'era dunque qualcosa di comune fra lui e quelle infrequentabili creature? In mezzo a furbacchioni in malafede esisteva dunque qualche artista onesto e puro? O addirittura non potevano essere costoro i geni, i titani, i beniamini della sorte? E un giorno, per mano loro, ciò che oggi non era che follia, si sarebbe trasformato in bellezza universale? Da quel galantuomo ch'era sempre stato, Prestinari li osservò interdetto con una improvvisa commozione.

" Ehi, voi " disse in tono paterno " su da bravi, tornate dentro ai quadri, che non vi veda più. Avete anche ottime intenzioni, non dico di no, ma siete su una cattiva strada figli miei, una pessima strada. Siate umani, cercate di prendere una forma comprensibile! "

" Impossibile. Ciascuno ha il suo destino " sussurrò con rispetto il più grosso dei quattro fantasmi, fatto di una intricata filigrana.

" Ma cosa potete pretendere combinati come siete oggi? Chi vi può capire? Belle teorie, fumo, difficili parole, che sbalordiscono gli ingenui, questo sì. Ma in quanto ai risultati, ammetterete che finora… "

" Finora, forse " rispose la filigrana " ma domani… " E c'era in quel " domani " una tale fede, una potenza così grande e misteriosa, che rintronò nel cuore del maestro.

" Be', che Dio vi benedica " mormorò. " Domani… domani… Chissà. In un modo o in un altro ci arriverete per davvero… "

" Però che bella parola 'domani' " pensò Prestinari, che non poteva pronunciarla più. E per non lasciar vedere che piangeva, corse fuori, anima in pena, galoppando via sulla laguna.

52. OCCHIO PER OCCHIO

I Martorani, ch'erano andati al cinematografo nella vicina città, tornarono molto tardi alla loro vecchia e grande casa di campagna.

Erano il padre, Claudio Martorani, possidente terriero, sua moglie Erminia, la figlia Victoria col marito Giorgio Mirolo, agente di assicurazioni, il figlio Giandomenico, studente, e la vecchia zia Matelda, un po' svanita. Nel breve viaggio di ritorno avevano discusso il film: Il sigillo di porpora, un western di Georg Friedder con Lan Bunterton, Clarissa Haven e il famoso caratterista Mike Mustiffa. E ancora ne parlavano, dopo aver lasciato l'automobile in garage, mentre attraversavano il giardino.

Giandomenico: " Ma fatemi il piacere, uno che per tutta la vita non fa altro che pensare a una vendetta, per me è un verme, un essere inferiore. Io non capisco… ".

Claudio: " Tu non capisci molte cose… Da che mondo è mondo, per un gentiluomo toccato nell'onore, la vendetta è un dovere elementare ". Giandomenico: " L'onore! E che cos'è questo famoso onore? ". Victoria: " Io la trovo una cosa sacrosanta, la vendetta. A me, per esempio, quando uno è potente, e ne approfitta, e fa delle ingiustizie, e schiaccia chi è più debole di lui, a me viene una rabbia, ma una rabbia… ".

Zia Matelda: " Il sangue… come si dice?… ah sì: il sangue chiama sangue. Io mi ricordo ancora, a quei tempi ero bambina, del famoso processo Serralotto… Dunque questo Serralotto ch'era un armatore di Livorno, no aspetta, mi confondo… di Livorno era il cugino, quello che l'ha ucciso… Lui era di… di Oneglia, ecco. Si diceva che… ". Erminia: " Basta, adesso. Non vorrete mica stare qui in giardino a fare l'alba, con questo freddo cane. È quasi l'una. Fa presto, Claudio, apri la porta ".

Aprirono la porta, accesero la luce, entrarono nel grande vestibolo d'ingresso da cui una scala solenne, vigilata da statue e armature, conduceva al piano superiore.

Stavano per salire, quando Victoria, rimasta in coda al gruppo, mandò un grido:

" Che schifo! Guarda quanti scarafaggi. " In un angolo, sul pavimento di mosaico, c'era una sottile striscia nera brulicante. Sbucando di sotto a un cassettone, decine e decine di insetti, in regolare fila indiana, marciavano verso un minuscolo buco all'interstizio fra pavimento e muro. Era evidente, nelle bestiole, una nervosa precipitazione. Sorpresa dalla luce e dal ritorno dei padroni, la processione stava affrettando i tempi. Tutti e sei si avvicinarono. " Non ci mancavano che gli scarafaggi " protestò Victoria " in questa decrepita bicocca! " " In casa nostra non ci sono mai stati scarafaggi " rettificò la mamma, perentoria. " E questi, cosa sono? Farfallette? " " Saranno entrati dal giardino. " Insensibile a questi commenti, il corteo degli insetti proseguiva, senza rompersi o sbandare, inconsapevole dell'incombente sorte.