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" Giandomenico " disse il padre " fa una corsa in rimessa, ci deve essere lo spruzzatore dell'insetticida. " " Non mi sembrano scarafaggi, questi " disse il ragazzo. " Gli scarafaggi vanno in ordine sparso. " " è vero. E poi queste striature colorate sulla schiena… e poi questi nasi… Mai visti scarafaggi con un nasone simile. " Victoria: " Be', fate qualcosa. Non vorrete che invadano la casa! ".

Zia Matelda: " Se poi salgono di sopra e si arrampicano sulla culla di Ciccino… Le bocche dei bambini sanno di latte e per il latte gli scarafaggi vanno pazzi… a meno che io non confonda con i topi… ".

Erminia: " Per carità, non dirlo neanche… Sulla boccuccia di quel povero tesoro che sta dormendo come un angioletto!… Claudio, Giorgio, Giandomenico, cosa aspettate ancora ad ammazzarli? ". Claudio: " Ho capito. Sai cosa sono? Sono rincoti ". Victoria: " Cosa? ". Claudio: " Rincoti, dal greco ris, rinòs, insetti con il naso ". Erminia: " Col naso o no, in casa non ne voglio ". Zia Matelda: " State attenti però: porta disgrazia ". Erminia: " Che cosa? ". Zia Matelda: " Uccidere bestie dopo mezzanotte " Erminia: " Ma lo sai, zia, che sei una bella menagramo? ". Claudio: " Coraggio, Giandomenico, va a prendere l'insetticida ". Giandomenico: " Io, per me, li lascerei in pace ". Erminia: " Sempre bastian contrario, tu! ". Giandomenico: " Arrangiatevi, io vado a letto ". Victoria: " Voi uomini, sempre gli stessi vigliacchi. Guardate un po' come si fa ". Si tolse una scarpetta e, chinatasi, vibrò un colpo di traverso al corteo delle bestiole. Si udì un cec come di vescichette. E di tre quattro insetti non rimasero che delle macchioline scure e immobili.

Il suo esempio fu decisivo. Eccezion fatta per Giandomenico salito in camera e zia Matelda che scuoteva il capo, anche gli altri si diedero alla caccia, Claudio con le suole delle scarpe, Erminia con uno scacciamosche, Giorgio Mirolo con un attizzatoio.

Ma la più eccitata era Victoria: " Guardali adesso, questi schifosi, come scappano… Ve la do io la marcia di trasferimento!… Giorgio, sposta il cassettone, che là sotto ci deve essere l'adunata generale… Ciac! ciac! prendi questa! Ci sei rimasto secco, eh?… E guardalo quest'altro, voleva nascondersi sotto una gamba del tavolo, il furbetto voleva fare! Fuori di là, fuori di là, ciac, anche tu sei sistemato! E questo piccolino… alza le zampette lui, vorrebbe ribellarsi… ".

Uno degli insetti più piccoli, un neonato si sarebbe detto invece di fuggire come gli altri, correva infatti animosamente verso la giovane signora, sfidando i suoi colpi mortali. Non solo: fattosi sotto, si era, chissà come, eretto in gesto temerario, protendendo le zampe anteriori. E dal nasetto a becco venne un cigolio minuscolo ma non perciò meno indignato.

" Va' che carogna questo qui. Strilla anche… Ti piacerebbe mordermi eh, piccolo bastardo? Ciac… Ti è piaciuta? Ah, tieni duro? Cammini ancora, anche se hai le budella fuori… E allora prendi! Ciac, ciac! " e lo incollò sul pavimento. In quel mentre zia Matelda chiese: " Chi c'è di sopra? ". " Come sarebbe a dire? " " Stanno parlando. Non sentite? " " Chi vuoi che parli? Di sopra non c'è che Giandomenico e il bambino. " " Eppure queste sono voci " insisteva zia Matelda. Tutti ristettero, ascoltando, mentre i pochi insetti superstiti arrancavano verso i più vicini nascondigli.

Qualcuno stava effettivamente parlando, alla sommità dello scalone. Una voce profonda, grassa, baritonale. Non era di certo Giandomenico, né il pianto del bambino. " Madonna, i ladri! " gemette la signora Erminia. Il Mirolo domandò al suocero: " Hai una rivoltella? ". " Là, là, nel primo cassetto… "

Insieme alla voce baritonale adesso se ne udiva una seconda: sottile, stridula, che gli rispondeva.

Senza fiatare, i Martorani guardavano alla sommità dello scalone, dove le luci del vestibolo non potevano arrivare.

" C'è qualcosa che si muove " mormorò la signora Erminia.

" Chi va là? " tentò di gridare Claudio, facendosi coraggio, ma gli uscì un rantolo grottesco. " Su, va a accendere la luce sulla scala " gli disse la moglie. " Vacci tu. " Una, anzi due, anzi tre ombre nere cominciarono a scendere la scala. Non si capiva cosa fossero, sembravano dei sacchi neri, oblunghi e vacillanti che parlavano fra loro. E adesso le parole si capirono. " Dimmi ben su, cara " diceva la voce baritonale, ilare, con un inconfondibile accento bolognese. " Secondo te, queste sarebbero scimmiette? " " Picole, brute schifose maledete simie " confermò in tono saccente l'interlocutrice, che tradiva alla pronuncia la sua origine straniera.

" Con quelle nappe? " fece l'altro, ridacchiando piuttosto volgarmente " Si son mai viste scimmie con dei nasi simili? " " Su, svelto " incitò la voce femminile. " Se no queste bestiaze scapano… " " Non scappano no, tesoro mio. Nelle altre stanze ci sono i miei fratelli. E c'è chi fa la guardia anche in giardino! " Tac tac, come un rumore di stampelle sui gradini della scala. Finché qualcosa sbucò dall'ombra, risultando illuminato dalle luci del vestibolo. Una specie di rigida proboscide lunga almeno un metro e mezzo, laccata di vernice nera, e intorno delle lunghe aste brancolanti, poi il corpo liscio e compatto, della dimensione di un baule, che dondolava sui tubi articolati delle zampe. Al suo fianco un secondo mostro, più smilzo. E alle spalle altri incalzavano, in un accavallamento di lucide corazze. Erano gli insetti – scarafaggi, o rincoti, o altra ignota specie – di poco fa, che i Martorani avevano schiacciati. Ma spaventosamente ingigantiti, carichi di una forza demoniaca.

Inorriditi, i Martorani cominciarono a arretrare. Ma un sinistro tramestio di stampelle giungeva pure dalle stanze intorno, e dalla ghiaia del giardino.

Il Mirolo alzò il braccio, tremante, puntando la pistola

" Sp… sp… " sibilò il suocero. Voleva dire " spara, spara "; ma la lingua gli si era attorcigliata.

Partì un colpo.

" Dimmi ben su, amore " commentò il primo mostro dall'accento bolognese " non sono ridicoli abbastanza? "

Con un balzo la sua compagna dalla pronuncia straniera gli sgusciò al fianco, avventandosi in direzione di Victoria.

" E questa squinzia " stridette, facendole il verso " vuol nascondersi sotto il tavolo, la furbetta!… Ti divertivi con la scarpetta poco fa? Ti piaceva vederci spiazicati? E le ingiustizie, vero, ti fazevano una rabia, ma una rabia! Fuori di là, fuori di là, caronia sudiza, che adesso ti zistemo io! "

Afferrò la giovane donna per un piede, la trascinò fuori del nascondiglio, le calò addosso di tutta forza il rostro. Pesava almeno un paio di quintali.

53. GRANDEZZA DELL'UOMO

Si era fatto già buio quando la porta della buia prigione fu aperta e le guardie scaraventarono dentro un vecchiettino minuscolo e barbuto.

La barba di questo vecchietto era bianca e quasi più grande di lui. E nella greve penombra del carcere emanava una debole luce, ciò che fece, ai manigoldi chiusi là dentro, una certa impressione.

Ma per via della tenebra il vecchietto sulle prime non si era accorto che in quella specie di spelonca ci fosse altra gente e domandò: " C'è qualcuno? " Gli risposero vari sogghigni e mugolii. Quindi ci furono, secondo l'etichetta locale, le presentazioni. " Riccardòn Marcello " fece una voce roca " furto aggravato. " Una seconda voce, pure discretamente cavernosa: " Bezedà Carmelo, recidivo in truffa. " E poi: " Marfi Luciano, violenza carnale. " " Lavataro Max innocente. " Scrosciò una saiva di grosse risate. La facezia infatti era piaciuta moltissimo dato che tutti conoscevano Lavataro come uno dei banditi più famosi e carichi di sangue. Quindi ancora: " Esposito Enea, omicidio " e palpitò nella voce un fremito d'orgoglio.