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Questo fece effetto su di lei; probabilmente il denaro fece effetto, credo, perché le labbra si serrarono e gli occhi diventarono ancora più lucidi. «Grazie, signor Weiss, lei è molto gentile, una persona veramente gentile.»

«Grazie del tempo che mi ha dedicato, signora. Non si scomodi, conosco la strada.»

Uscì caracollando tristemente, lasciandola sola in quella strana stanza con le bandierine alle pareti e l’astronave sul cassettone, i taccuini e le riviste alla rinfusa sulla scrivania.

«Allora,» gli chiesi quando rientrò, «ha appurato che Spender non è veramente uno stupratore?»

Weiss era di fianco alla mia scrivania, con le mani in tasca e lo sguardo basso. Mi guardava in modo assente mentre mi occupavo della corrispondenza dell’Agenzia. Annuì appena mentre mi diceva: «Sono andato alla farmacia dove lavora e abbiamo parlato in un piccolo stanzino sul retro dove tiene le sue cose».

«Come l’ha presa?»

«Si è messo a piangere.»

«Sta scherzando.»

«No, si vergognava davvero.»

«Di non essere un vero stupratore?»

Weiss alzò le spalle. «Mi ha detto che una volta, diversi anni fa, aveva pagato una prostituta per trasformare le sue fantasie in realtà. Lei doveva interpretare la parte della vergine spagnola, lui l’avrebbe circuita e poi…»

Il rumore della stampante che prendeva una nuova busta lo interruppe, così gli chiesi: «E che cosa è successo? Non ha funzionato?»

«No, quando sono arrivati al punto, il suo arnese l’ha piantato in asso.»

«Il suo…»

«Insomma, non ce l’ha fatta.»

«Capisco.» Scossi la testa e aggiunsi: «Così adesso ci riprova ogni anno. Assolda un detective, gli racconta il fatto, gli fa credere che ci sia il fratello sulle sue tracce…»

«Ogni anno da quando ha compiuto quarant’anni.»

«Penso sia dura abbandonare un sogno», dissi gettando la busta appena stampata nel cestino della posta in uscita.

«Be’, quarant’anni non sono poi molti», continuò Weiss. «Potrebbe anche diventare un vero stupratore se la sua mente se ne convince.»

«Lo crede veramente? Io non saprei. In fin dei conti, un uomo è quello che è.»

«Certo, certo. Suppongo che questa sia la morale della storia.» Weiss sospirò rumorosamente, mentre si avviava verso il suo ufficio.

Quando giunse sulla soglia, sentii una risata sommessa. «Così finisce il caso della vergine spagnola», esclamò rivolto a me.

Ed entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

10

Weiss aveva due vizi. Uno era il whisky, scotch di puro malto di quello buono. Ogni sera si versava un Macallan — di dodici anni, perché il gusto affumicato di quello più vecchio non gli piaceva — e continuava a riempirsi il bicchiere fino al momento di andare a letto, spesso consumando più di mezza bottiglia. Comunque, col suo fisico imponente, lo reggeva bene; non credo di averlo mai visto ubriaco. Ma non credo nemmeno che avrebbe mai potuto rinunciarvi, o che avesse la minima intenzione di farlo: una volta mi disse che era una delle cose per cui valeva la pena vivere.

L’altro vizio erano le prostitute, ma non vi rivelerò come ne sono venuto a conoscenza. La sua vita sessuale consisteva negli incontri occasionali organizzati da un’agenzia diretta da una donna di nome Casey. Chiamo questa abitudine un vizio per rispetto della delicata sensibilità dei lettori (siete delicati e sensibili, vero?), perché secondo me non c’era proprio niente di cui vergognarsi. Weiss era un uomo brutto, impacciato e completamente incapace di comportarsi in modo seducente con le donne. Ho sentito dire che una volta, molto tempo fa, era stato sposato, ma dev’essere stata una brutta storia. Da allora niente, o per lo meno niente che avesse una possibilità di diventare una vera relazione.

Il fatto era che aveva troppa soggezione delle donne e ciò è davvero molto strano, a ben pensarci. In fondo si trattava di un uomo che aveva visto ogni genere di depravazione, ma che conservava una visione idealizzata dell’altro sesso. Considerava le donne tenere, miti e dolci per natura e questo lo portava a trattarle con esagerata gentilezza, quasi in modo cavalieresco, con una spiccata tendenza a essere protettivo. Si innamorava solo da lontano, di quelle già impegnate o comunque irraggiungibili. Le donne si accorgevano di quanto il suo amore fosse esagerato, di quanto le idealizzasse e sognasse di proteggerle da ogni pericolo e male. E naturalmente finivano per vederlo come un’asessuata figura paterna o come una simpatica scocciatura da levarsi di torno.

Il risultato era un uomo che sarebbe stato incredibilmente felice con la sua mogliettina e un paio di marmocchi, ma che era stato fregato dal suo stesso desiderio ed era rimasto solo. Era un uomo, comunque, e aveva bisogno delle donne. Non solo del sesso, ma anche del suono della loro voce, di vedere la luce riflessa sui loro capelli, insomma di tutto quanto, come la maggior parte di noi. Ecco perché si era rivolto a Casey.

Per le ragazze di Casey era un buon cliente. Pagava senza lamentarsi, lasciava buone mance, era generoso con i liquori e il cibo. Sapeva ascoltarle se avevano voglia di raccontare i loro guai e non chiedeva mai servizi complicati o sconvenienti. Ciò che soprattutto voleva era sentirle parlare o ridere, vederle muoversi, assaporarne il profumo… e avere il conforto e il piacere di stringerle, di essere dentro di loro. Sapete com’è.

In ogni caso, quella sera, la sera dopo aver letto gli appunti del Topo, tornò a casa, si versò il solito whisky e chiamò Casey.

«Dov’eri finito?» chiese Casey quando udì la sua voce. «Ero preoccupata che tu avessi trovato il vero amore, o qualcosa del genere.»

«L’amore è un bel problema per il tuo lavoro.»

«Non proprio. Comunque è bello risentirti.» A Casey Weiss piaceva, o almeno così sembrava. Sapeva riconoscere un buon cliente quando lo incontrava e di tanto in tanto andava lei stessa da lui, senza fargli pagare niente. Ma Weiss non capiva se questo era un gesto di affetto o un abile manovra commerciale, del tipo «ogni dieci una gratis». «Che cosa possiamo fare per te stasera, mio caro?» chiese.

«Quella ragazza messicana, Ynez, lavora ancora per te?»

«Mi dispiace, se n’è andata da tempo. In effetti si è sposata e si è trasferita a Dallas con il marito.»

«Buon per lei.»

«Ti do il numero, nel caso capitassi da quelle parti. Adesso però c’è Cannella, se ho indovinato il genere di cui sei in cerca stasera.»

«Cannella suona bene.»

«Un po’ più scura di Ynez, ha una misura in più di reggiseno.»

«Sembra perfetta.»

«Vuoi qualcosa di speciale per accompagnamento?»

Weiss rispose con un grugnito e riappese.

Casey sapeva ciò che Weiss voleva e istruiva le sue ragazze. Nessun atteggiamento esagerato, posizioni spinte o altro. Tutto doveva svolgersi in modo amichevole e cordiale. Alcune non erano tanto brave, ma Cannella aveva capito perfettamente. Si sedette sul divano e gli parlò dei figli di sua sorella e di altre vicende familiari. Beveva vino e rideva con gusto, mentre gli occhi di Weiss luccicavano di piacere alla vista di quella ragazza allegra e spensierata.

Quando lei se ne andò, tuttavia, si sentì depresso. Tornò a versarsi da bere. Indossò l’accappatoio e si sedette sulla poltrona del bovindo, con il bicchiere in mano. La nebbia era salita dall’acqua arrivando fino ai quartieri settentrionali della città; Weiss la vedeva inghiottire i lampioni, a uno a uno, rubando per un attimo la loro luce per poi estinguerla. Si crogiolò in una malinconia non del tutto spiacevole, nella tristezza del desiderio — il suo, quello degli altri uomini, di tutti quanti. Gli venne in mente il Topo e pensò, non senza disappunto, che in fondo non erano poi così diversi loro due, Spender con il suo taccuino e lui, Weiss, con le sue puttane. Forse quella notte aveva cercato una ragazza latinoamericana per farsi del male, per avvalorare la tesi delle presunte somiglianze fra lui e quello strano individuo.