Ho comunque detto a Kathleen di continuare ad ascoltare, per proteggere se stessa e Chris e questo genere di cose. C’è cascata, ha detto che lo farà, ma può non essere completamente affidabile, per senso di colpa, scrupoli di coscienza e così via.
Sappimi dire di Whip e Ridder al più presto. Grazie. JB.
Le prime parole dell’e-mail erano rimaste sullo stomaco di Weiss come un pranzo consumato troppo in fretta. «La ragazza ha ceduto. Niente male, devo dire.» Stava conducendo sul Golden Gate la sua solida Taurus grigia, gli occhi fissi sull’asfalto. Il cielo era tornato azzurro, l’aria era tersa e l’acqua luccicava al di là dei cavi rossi del ponte. Le cittadine della costa orientale, all’orizzonte, sembravano villaggi di fiaba. Ma Weiss non riusciva a far altro che fissare l’asfalto e ripensare all’indigesto messaggio che gli tormentava le viscere. «La ragazza ha ceduto. Niente male, devo dire.»
Il fatto era che Bishop aveva ragione. Davvero niente male: aveva messo le mani su qualcosa, qualcosa di grosso, a quanto pareva. Qualunque fosse l’operazione che Hirschorn stava preparando, il fatto di interromperla poteva essere cruciale per salvare la vita del loro cliente, senza contare i benefici per la reputazione dell’Agenzia, i clienti nuovi che potevano arrivare da tutto lo stato e via discorrendo. E se i tempi erano così stretti come sembrava, bisognava muoversi velocemente. Il quadro era perfetto. La ragazza avrebbe continuato a sorvegliare il marito e a riferire a Bishop, che adesso era il suo amante… anche se poteva «non essere completamente affidabile, per senso di colpa, scrupoli di coscienza e così via».
«Vacci piano, Bishop», disse Weiss a voce alta mentre guidava.
Perché anche se voleva proteggere il cliente, e ci teneva moltissimo ad allargare gli affari dell’Agenzia, non poteva non considerare le cose dal punto di vista di Kathleen. Era fatto così, faceva parte del suo modo di agire. Gli era facile immaginare che lei avrebbe placato i suoi «scrupoli di coscienza» convincendosi che quella con Bishop non era una storia qualunque, ma una passione importante, forse il grande amore della sua vita. Per illudersi maggiormente, avrebbe iniziato a vedere in Bishop l’uomo dei suoi sogni e a ripetersi che teneva veramente a lei, nonostante lo sguardo freddo e distaccato che spesso percepiva nei suoi occhi. E invece di affrontare la realtà — quella di essere diventata una donna che tradisce il marito, una pedina in un gioco più grande di lei — si sarebbe convinta che per lei e Bishop c’era un futuro altrove, un futuro che avrebbe messo fine alla solitudine, ai maltrattamenti.
Comunque era così che Weiss se l’immaginava, perché aveva già visto altre donne comportarsi così con Bishop, e quando aprivano gli occhi le conseguenze erano catastrofiche. A Bishop non sembrava importare un fico secco di che cosa succedeva a loro. Ma Weiss si sentiva tenuto ad assumersi la sua parte di «senso di colpa e scrupoli di coscienza», perché in parte si sentiva responsabile: era lui il capo, quello che dava via libera a Bishop.
E di certo non sarebbe stato lui a togliergli l’incarico. Anche se avrebbe potuto farlo, magari per il bene di Kathleen. Ma non era lei il cliente; era Ray Gambling. Il proprietario di metà della North Country Aviation, che li aveva assoldati per scoprire che cosa il suo socio stesse organizzando con i loro aerei e i loro piloti. Ray era quello che doveva affrontare gli ispettori, che doveva rispondere alle domande sui documenti di volo falsificati, che poteva perdere il lavoro o finire in prigione o addirittura essere ucciso, se Hirschorn voleva farlo tacere. Da un punto di vista più egoistico, Ray era anche quello che avrebbe parlato bene dell’Agenzia, se lo avessero tirato fuori dai guai.
Con un lamento sommesso, Weiss si massaggiò lo stomaco mentre continuava a guidare.
La Taurus scese dal ponte e proseguì verso nord, all’ombra del promontorio.
14
«È lei William Ridder?»
«Sì, sono io.»
«Aveva un figlio di nome Harry?», chiese Weiss.
«Perché lo vuole sapere? Che storia è questa?»
I due uomini erano in piedi vicino al fienile cadente di un’altrettanto cadente fattoria, vicino alla strada statale. Weiss non ne capiva molto di agricoltura, ma nonostante questo gli sembrava che l’unica cosa che crescesse in quel posto fosse la polvere. Difficile dire cosa c’entrasse quel luogo con l’indagine di Bishop. Ma questi voleva saperne di più sui nomi forniti da Kathleen — Harry Ridder, Whip — e quella era senz’ombra di dubbio la fattoria dei Ridder.
Il vecchio, William Ridder, appoggiato a una zappa, scrutava Weiss con occhi taglienti. Il traffico della strada era assordante: auto che passavano veloci, camion che cambiavano rumorosamente marcia.
«Sono un investigatore privato», disse Weiss. «Il nome di suo figlio è saltato fuori nell’ambito di un caso di cui ci stiamo occupando. Cercando di rintracciarlo, ho trovato il suo necrologio. Il giornale dice che si è suicidato cinque mesi fa.»
«Suicidato.» Il vecchio parve sputare quella parola. «Ha solo premuto il grilletto al posto loro, ecco la verità.»
«Che cosa significa? Che è stato ucciso?»
«Ci può giurare. Ma di quale caso vi state occupando?»
Il vecchio aveva la pelle cotta dal sole, scura come un guscio di noce, ed era così magro che la camicia e i pantaloni gli pendevano di dosso come sacchi. Guardava Weiss con sospetto, ma i suoi occhi erano quelli di una vittima che si aspetta il peggio. Un uomo abituato a essere calpestato, pensò Weiss. E lui ne approfittò.
«I miei clienti mi hanno chiesto di eseguire dei controlli su una ditta di progettazione giardini a cui intendono dare un incarico», disse. «Suo figlio faceva dei lavori per questa ditta, e mi hanno dato il suo nome come riferimento. Mi dispiace rivangare un passato doloroso ma, se la sua morte è sospetta, per me può essere importante.»
Non che tutto ciò avesse molto senso, ma probabilmente non era peggio delle spiegazioni che il vecchio era abituato a ricevere per quel che gli accadeva nella vita. Comunque gli bastò.
«Glielo avevo detto», disse Kidder in tono amaro. «Gli avevo detto che qui c’era tutto il lavoro che voleva.» Indicò i campi polverosi, privi di vita. «Ma Harry era fatto così. Voleva andarsene, vivere in città.» Indicò l’orizzonte, sopraffatto dal rumore sempre più forte del traffico. «Dev’essersi ficcato in qualche pasticcio laggiù, poco ma sicuro.»
«In che senso?»
«Be’…» Il vecchio premette la terra con il retro della zappa. «Harry era veramente portato per i giardini, proprio per la progettazione di giardini, come si dice oggi, e ci sono fior di ricchi che pagano bene per farsi progettare il giardino. Harry lavorava per uno di questi, un certo Moncrieff, Cameron Moncrieff. Non scorderò mai quel nome.»
«Cameron Moncrieff», ripeté Weiss lentamente e il modo in cui lo pronunciò spinse il vecchio a chiedere: «Lo conosce?»
Weiss lo conosceva. «Ne ho sentito parlare. Mi sembra sia morto un po’ di tempo fa, no?»
«Be’, adesso le racconto», rispose Kidder. «Vede, Harry, da quando se n’era andato, non si faceva sentire spesso, ma di tanto in tanto telefonava per salutarci. Diceva che lavorava per diverse persone, a sistemare i giardini, ma soprattutto per questo Moncrieff. Poi un giorno ci telefona, e viene fuori che questo Moncrieff è morto, non so bene di cosa, ma comunque… Si è ammalato all’improvviso ed è morto. Insomma, Harry ci chiama, ci racconta questo fatto, dice che deve trovarsi un altro lavoro e così via. Poi, all’improvviso, eccolo: si presenta a casa una notte, a notte fonda, magro come un chiodo, che trema come una foglia.»