«Stronzate, Frank, mi ha detto come è andata. Lo hai provocato. Che cosa credevi di fare?»
«Non… non so.»
«Te l’ho già detto, tu non sei il mio salvatore, nessuno ti ha chiesto di esserlo.»
«Non l’ho fatto per questo, è successo e basta», ribadì Bishop.
«Adesso non mi molla un secondo, dice che devi andartene, che devo buttarti fuori, altrimenti… Mi fa sorvegliare da tutti, e a ogni cosa che dico da fuori da matto. Se viene a sapere che sono stata qui mentre lui era in volo, finisce che mi ammazza. Ma cosa cazzo ti è venuto in mente?»
Bishop rimase seduto, guardandola con i suoi occhi chiari. Gli era venuto in mente che era ora di sbarazzarsi di lei, ecco tutto. Aveva ottenuto quel che voleva ed era entrato nel giro di Hirschorn. Lei non gli serviva più. Era giunto il momento di premere il pulsante EJECT.
Invece esitò, non ancora sicuro di volerle dire tutto. Tra un paio d’ore sarebbe stato in volo e poi… qualsiasi cosa fosse successa, non sarebbe tornato. Lei se ne sarebbe resa conto senza che lui dovesse sopportare lacrime o rimostranze.
Ci pensò ancora per qualche istante; poi, forse per un moto della coscienza o in nome di un suo particolare codice d’onore, sentì che le doveva qualcosa. Kathleen era in pericolo e lui doveva avvertirla. Se Hirschorn avesse scoperto che lei gli aveva passato delle informazioni, l’avrebbe sicuramente uccisa. Doveva darle la possibilità di salvarsi, forse perché la sua presenza in quelle notti d’estate gli aveva fatto molto piacere. Qualunque cosa fosse, non poteva abbandonarla in quel frangente pericoloso.
«Senti, Kathleen…» accennò lentamente.
Ma lei lo interruppe subito. «No, merda… Oh, no!»
«Ascoltami.»
«Te ne vai? Merda. Lo sapevo…» Batté un piede sul pavimento. «Che idiota che sono. Oddio, avrei dovuto saperlo che saresti andato via. È così, vero?»
Bishop guardò in basso e annuì. Desiderava non doverle dire di Hirschorn e tutto il resto. Avrebbe voluto semplicemente andarsene, senza complicazioni. «Sì», disse. «Devo andare.»
Kathleen cercò di ricacciare indietro le lacrime arricciando il naso, il mento tremante. Tenne le braccia ostinatamente incrociate sotto il seno, mentre aggiungeva: «Bene, è naturale, ovvio. Che idiota sono stata, una perfetta idiota».
«Devi ascoltarmi…» tentò nuovamente Bishop.
«Che cos’è stato tutto questo per te, Frank?» chiese. «Un lavoro estivo con annessa casa estiva e scopata estiva. Io ero giusto a portata di mano e…»
Bishop imprecò tra sé. Che cosa voleva da lui? Che cosa doveva dirle? Che era il suo lavoro? «Ascoltami, adesso!»
«Be’, si dà il caso che per me sia stato qualcosa di più», continuò lei. «Più di…» Non riuscì a proseguire perché stava per piangere. Strinse gli occhi e premette la base del naso fra il pollice e l’indice. Un’unica lacrima riuscì a passare e le cadde sulla mano. «Merda.»
Bishop si alzò in piedi, riluttante. «Kathleen…»
La donna si era coperta gli occhi con una mano e le labbra le tremavano.
«Sono così incasinata», disse. «Tutta la mia vita è un casino. Non posso tornare indietro», sospirò con amarezza, «non posso tornare da lui. Non posso e basta.»
Tolse la mano dagli occhi e mostrò il volto arrossato dal pianto. Poi lo pregò senza pudore. «Perché devi andare via? Perché non puoi restare? Perché?»
Bishop imprecò di nuovo tra sé. Si avvicinò alla donna e le posò le mani sulle spalle guardandola negli occhi, da cui colava a rivoli il mascara.
«Kathleen, anche tu te ne devi andare», disse.
«Potrei farti felice», incalzò la donna. «Siamo stati bene insieme.»
«Ascoltami!» ripeté Bishop, in modo più deciso. «Ti ucciderà. Hirschorn ti ucciderà. Sta già pensando di far fuori Chris. Ucciderà lui e poi verrà da te.»
Lei lo fissò con uno sguardo interrogativo.
«Hai capito che cosa ti ho detto?» chiese Bishop. «Devi lasciare la città finché tutta questa faccenda non sarà finita, finché Hirschorn non sarà stato beccato, fino allora.»
Kathleen lo guardò ancora per qualche istante, poi rielaborò nella mente le parole di Bishop, capì che era finita. La collera si impossessò di lei e la fece indietreggiare.
«Non voglio ascoltarti», disse. «Non voglio i tuoi bei consigli mentre stai per lasciarmi. Vaffanculo, Frank! Chi cazzo sei tu per preoccuparti di quello che mi succederà?»
Chinò la testa e si mise a piangere, respingendo Bishop che si stava avvicinando. «Non toccarmi, stai lontano.»
Bishop si fermò a guardarla. Aveva fatto il possibile per lei, almeno così pensava. La sua coscienza, il suo codice d’onore, i suoi sentimenti erano soddisfatti. L’aveva avvertita, per quanto aveva potuto. Che cos’altro poteva dire? si chiese. Era la sua vita. Che cosa diavolo doveva ancora fare?
Kathleen alzò lo sguardo e lo vide immobile, mentre la fissava. Emise una malinconica risata, prima di tornare a piangere, scuotendo la testa. «Non potevi innamorarti di me e basta?» chiese con un filo di voce.
Bishop non rispose. Era in piedi e la guardava. Per un momento avrebbe anche potuto… ma no, non l’amava. Lui non amava nessuno.
Era ancora in quella posizione, lo sguardo su di lei, quando Kathleen uscì dalla stanza.
33
Quanto a Kathleen, tornò lentamente verso casa e salì, altrettanto lentamente, le scale fino alla camera. Restò sdraiata sul letto, a guardare il soffitto, per un tempo indefinito. A tratti piangeva, e la luce del soffitto le appariva sfumata e luccicante attraverso le lacrime.
Era furiosa, furiosa con se stessa, e, cosa ancora peggiore, si sentiva una stupida, spogliata di ogni dignità, esposta al ridicolo e alla vergogna. Provava anche un feroce rancore per l’uomo che conosceva come Frank Kennedy. Desiderava che morisse, che fosse investito da un camion e dimenticato da tutti. Ma al tempo stesso lo amava. Voleva che fosse morto, ma anche che bussasse alla porta per dirle che si era sbagliato, che la portava con sé. Era così bello stare con lui, nel suo letto, tra le sue braccia… si era sentita bella, perché lui la desiderava. Sdraiata al suo fianco, aveva pensato che la sua vita potesse cambiare. Proprio lui le aveva fatto capire quanto fosse brutto stare con Chris; le era già successo, ma non in modo così forte e chiaro. Proprio perché Frank — colui che conosceva come Frank — era così gentile e sicuro, lei comprendeva meglio quanto fosse terribile che Chris si ubriacasse, la picchiasse e se la intendesse con un criminale come Hirschorn. Fra le braccia di Frank capiva tutto questo e sentiva che tutto poteva essere diverso. Ora però… aveva capito, invece, che tutto sarebbe stato come prima. O forse poteva cambiare le cose senza l’aiuto di Frank, poteva lasciare Chris e iniziare una nuova vita da sola? Ma no, sapeva che era impossibile. Più ci pensava e più si vedeva intrappolata nuovamente nella sua vita di sempre, con Chris, giorno dopo giorno.
Piangeva sempre più forte e le lacrime le colavano ai lati del volto, bagnando il cuscino. Prese un fazzoletto dal comodino e si asciugò il naso, pensando all’uomo che aveva conosciuto come Frank, alle volte che erano stati insieme. I singhiozzi le scossero il petto. Dannazione, dannazione, pensò, e lo malediceva per come lui l’aveva trattata poco prima, senza emozione, senza sentimento, così diverso da com’era quando avevano fatto l’amore e avevano parlato nel buio della stanza.
Il pianto si calmò, ma Kathleen continuò a prendere dalla scatola un fazzoletto dopo l’altro per asciugarsi il naso. Alla fine, c’era una collezione di fazzoletti stropicciati intorno a lei. Sempre fissando il soffitto, ripensò ancora a come fosse stato bello con lui, alle cose che si erano detti, alla dolcezza, all’abbandono. Erano tutte bugie? Le aveva fatto tante domande su di lei e la sua vita, come se gliene importasse qualcosa. Era tutta una messinscena? La preoccupazione per quanto le accadeva, l’interesse per ciò che faceva Chris… glielo chiedeva sempre, chiedeva sempre di Chris e dei suoi incontri segreti con Bernie Hirschorn. In effetti, tutte le volte che erano stati insieme erano capitati sull’argomento. Tutte le volte.