«Oddio», esclamò.
Lasciò andare Ray, che tornò a urtare la cassettiera. La chiave inglese cadde rumorosamente a terra. E in un secondo Chris era scomparso, schizzato via. Stava correndo verso il suo furgone.
Nel piazzale Goldmunsen, il gorilla, lo vide e cacciò un urlo. Flake, il piccoletto, assunse l’espressione di un segugio che punta la preda e iniziò a correre.
Chris aveva ormai la mano sulla portiera del passeggero quando, attraverso il finestrino, vide Flake che correva verso di lui, seguito da Goldmunsen. Erano a cinque passi. Stavano cercando la pistola sotto la giacca.
Non c’era il tempo per salire in macchina. Chris si bloccò, ruotò sui talloni e tornò a correre verso l’hangar.
Ray non si era mosso, paralizzato dalla paura. Quando vide Chris venirgli addosso come un treno in corsa, si appiattì contro l’aereo.
Chris lo superò guardandosi alle spalle per vedere dov’erano i suoi inseguitori, e per tale ragione si accorse troppo tardi della cassettiera degli attrezzi. Vi andò a sbattere con violenza e uno spigolo lo colpì allo stomaco, togliendogli il respiro. Nonostante le ruote fossero bloccate, la cassettiera s’inclinò e si rovesciò, rovinando fragorosamente a terra mentre Chris, senza fiato, barcollava nella direzione opposta e cadeva battendo malamente una spalla sul cemento.
Da quella posizione, vide Flake precipitarsi verso di lui. Lanciò un grido acuto, come quello di una donna, e annaspò finché non riuscì ad alzarsi, riprendendo la corsa frenetica verso la porticina dall’altra parte dell’hangar.
Era chiusa, ma aveva una finestrella di vetro. Da lì, Chris poté vedere la pista di volo, il cielo azzurro e il calore dell’estate che scioglieva l’asfalto.
Chris sapeva che la porta non era chiusa a chiave e vi si buttò contro. Per un istante, la sua faccia si appoggiò al vetro: Chris vide la pista, il cielo, il calore ruotare in una gran confusione nella sua mente sconvolta. E, in quello stesso istante, notò il particolare che poteva cambiare tutto, che gli avrebbe salvato la vita.
Vide Hìrschorn. Attraverso il tremolio dell’aria calda scorse Hirschorn in piedi vicino al 504, il Cessna bimotore. Tranquillo, con le mani in tasca, che guardava senza particolare interesse le ville sulle colline.
Pur spaventato, Chris riuscì a rincuorarsi. Ce l’aveva fatta, aveva trovato Hirschorn: gli avrebbe detto di Kennedy, del fatto che era un detective. Avrebbe salvato la missione e sarebbe rimasto vivo, al contrario di Kennedy.
Chris non si voltò, non c’era tempo. Ma sapeva che Flake non era ancora troppo vicino, che non lo avrebbe preso. Diede una spinta alla porta dell’hangar, che cominciò ad aprirsi verso l’esterno.
Poi il finestrino si annerì, perché Goldmunsen era apparso dall’altra parte e aveva sbattuto l’uscio in faccia a Chris.
Quando riaprì gli occhi, il pilota vide la faccia del gorilla che lo fissava, con una smorfia di soddisfazione. In quel momento fu raggiunto anche da Flake, che gli puntò alla gola la fredda canna di una Glock mentre, con il poco fiato rimasto, gli sussurrava nell’orecchio: «Ti ho beccato, figlio di puttana». Lo scostò dalla porta per permettere a Goldmunsen di entrare. Ray Gambling era immobile, ammutolito.
«Aspettate», urlò Chris, senza fiato. «Devo parlare con Hirschorn, devo dirgli…»
Non riuscì a terminare la frase. Goldmunsen lo colpì allo stomaco con uno dei suoi pugni duri come magli e il rantolo di Chris risuonò per tutto l’hangar, fino a giungere alle orecchie di Ray. Il pilota cadde in ginocchio.
Goldmunsen osservò la sua vittima con un gran sorriso, poi alzò gli occhi su Ray e gli rivolse lo stesso grottesco sorriso. Il vecchio distolse subito lo sguardo.
Chris, in ginocchio, cercava di parlare, di dir loro ciò che aveva scoperto, ma riusciva solo a rantolare.
Il gorilla alzò nuovamente il pugno, lo fece roteare in alto come un’enorme mazza e poi colpì la testa di Chris, che cadde in avanti perdendo i sensi.
Goldmunsen lo prese per un braccio, all’altezza del tatuaggio NATO PER SCATENARE L’INFERNO. Flake lo afferrò per l’altro. Lo trascinarono via così, lasciando strisciare i suoi piedi sul cemento dell’hangar.
Ray Gambling continuò a tenere gli occhi bassi. Wilson Tubbs, che si era tirato su appoggiandosi a un gomito, quando si rese conto di cosa stava accadendo abbassò a sua volta il capo, fissando il suo stesso sangue che dal naso colava sul pavimento.
Né Tubbs né Gambling osarono sollevare lo sguardo mentre Goldmunsen e Flake trascinavano Chris nel parcheggio. Nessuno dei due osò farlo finché i due gorilla non ebbero portato via Chris nella loro lucida vettura nera.
44
Circa due minuti dopo, l’Harley di Jim Bishop faceva il suo ingresso nel parcheggio. La moto s’arrestò scivolando leggermente sulla ghiaia che schizzò via da sotto le ruote. Bishop smontò e si diresse velocemente verso l’hangar, con la borsa da volo sulla spalla sinistra e il bagaglio nella mano destra.
Ray Gambling stava aiutando Tubbs ad alzarsi e a tamponarsi il naso. «Cazzo!» stava dicendo il giovane, forse per la quinta volta. «Hai visto che roba?»
Ray vide Bishop arrivare da sopra la spalla del ragazzo. «Tubbs…» cercò di dire, ma la voce gli tremava.
«Cazzo! Ma hai visto?»
«Tubbs!» Il ragazzo lo guardò da sopra lo straccio che si premeva sul naso. «Vai a farti vedere, dammi retta. Di’ al dottore che hai battuto contro l’ala di un aeroplano. Hai capito?»
«Ray, ma cosa…»
«Vai, Tubbs, non è successo niente, sei solo inciampato. Ora vattene e tieni la bocca chiusa. Vai.»
Tubbs annuì, confuso. Il tono di Ray non ammetteva repliche. Quando Bishop raggiunse Ray Gambling, il ragazzo era ormai quasi fuori dall’hangar.
Bishop lo guardò, poi si rivolse a Ray. «Che cosa è successo?»
«Hanno preso Chris», rispose Ray in un sussurro, la voce tremante, e deglutì a fatica. Bishop indossava gli occhiali da aviatore e Ray, non vedendo i suoi occhi, non riuscì a capire quale fosse la sua reazione alla notizia che gli aveva appena dato. Si affrettò a proseguire. «Lo sa, figliolo. Chris sa che sei un detective e che sono stato io a chiamarti. È entrato qui come una furia, chiedendo di Hirschorn, per spifferargli tutto; ma poi sono arrivati i due scagnozzi, l’hanno riempito di botte e l’hanno portato via, senza dargli il tempo di parlare. Sono entrati, l’hanno stordito e se ne sono andati.»
Bishop non disse niente per un lungo istante. Poi annuì lentamente. «L’hanno stordito.»
«Sì, ma se si sveglia, se si sveglia e spiffera tutto, sono un uomo morto. Mi uccideranno, ammazzeranno tutta la mia famiglia. Se Hirschorn lo viene a sapere… non avrei mai dovuto immischiarmi. Dannazione, non avrei dovuto. Che cosa facciamo, Bishop? Come dobbiamo comportarci?»
Bishop era immobile, in piedi, con gli occhi chiari nascosti dagli occhiali, e non diceva niente. Ray aveva ragione; se Chris si svegliava e convinceva i due tipi a credergli, Hirschorn avrebbe ucciso Ray e poi anche lui.
«Che si fa?» ripeté Ray. «Non possiamo chiamare la polizia, non in questa città. Hirschorn lo saprebbe dopo due secondi. Non avrei mai dovuto farlo. Uccideranno me, mia moglie, i miei figli. Uccideranno te e poi tutti quanti. Che facciamo?»
«Niente», rispose Bishop calmo. «Non possiamo fare niente, dobbiamo correre il rischio.»
«Ma se si sveglia? Che succede se si sveglia?»
«Cerca di capire questo», Bishop replicò. «Non si sveglierà. Mi senti? L’hanno stordito per questo. Prima che possa svegliarsi, sarà già morto.»
Ray Gambling sembrò voler replicare nuovamente, ma Bishop non lo ascoltò. Passò oltre e si diresse verso l’aereo che lo aspettava.