«Che cosa ne pensi?» disse Goldmunsen alle sue spalle. «Riusciremo a ritornare prima che Lucky chiuda?»
«Non lo so», rispose Flake. «Non mi riesce di pensare, con questo che blatera continuamente. Mi dà sui nervi. Mi sta venendo voglia di divertirmi un po’ con il coltello, di prendermela comoda.»
«Ci spiava», continuava Chris, con un filo di voce. «Qualcuno deve credermi. Per tutto il tempo, lui e Kathleen. Dobbiamo dirlo al signor Hirschorn.»
«Ma dai, quale coltello? Che cosa dici?» sbottò Goldmunsen. «Lascia perdere quel coltello del cazzo. Io ho fame; vediamo di finire qui e andare da Lucky a farci una bella costata. Lo puoi usare lì, il coltello.»
«Dicevo per dire…» si difese Flake.
«So che cosa volevi dire. Sei un sadico. Dovresti farti curare.»
Intanto, un altro pezzo del puzzle riemerse nella mente di Chris. Rammentava tutto — il computer, il messaggio — e trovò le parole per dirlo. «È un investigatore. Ecco che cos’è», disse, con un filo di voce. «Kennedy è un investigatore privato.»
Cercò di guardarsi intorno, ma Goldmunsen lo spinse ancora con la canna della pistola. «Non ti fermare.»
Chris avanzò inciampando. «Non mi fermo, ma ascoltatemi. Goldmunsen, Flake, sentite che cos’ho da dirvi. Kennedy è un investigatore privato, è questo che stavo cercando di dire.»
«Per Dio, che qualcuno gli chiuda definitivamente la bocca», disse Flake.
«Dai, lascialo stare», gli rispose Goldmunsen. «Cerca di metterti nei suoi panni.»
«Non è proprio possibile. Che cosa sta dicendo adesso?»
«Sta dicendo che Kennedy è un investigatore privato.»
«Perfetto. Per chi ci ha preso, per degli idioti?»
«Deve pur dire qualcosa, lascialo perdere.»
Le facciate delle case fantasma si chiusero intorno a loro. Una civetta emetteva il suo richiamo. I grilli e le cicale frinivano con insistenza, la stessa insistenza con cui Chris aveva ripreso a lamentarsi.
«È la verità, vi dico! Kennedy è un investigatore privato. Per favore. È uno dell’agenzia… Weiss. La Weiss Investigations di San Francisco. L’ho visto sul suo coso, il portatile… il computer. C’era un’e-mail per questa agenzia.»
Avevano raggiunto un’apertura nella fila di edifici finti, una breccia irregolare tra i mattoni: Chris vi si infilò, spinto dalla pressione della pistola sulla spina dorsale, e i due scagnozzi lo seguirono.
«Ma senti che stronzata», mormorò Flake. «Di che parli, cazzone? Quale e-mail?»
«Senti, Flake, lascialo perdere, d’accordo», disse Goldmunsen. «Lo stai solo tormentando.»
«No, no, questa la voglio sentire», continuò Flake. «Vediamo fino a che punto ci crede stupidi. Kennedy ha mandato un’e-mail?»
Chris riuscì a parlare un po’ più forte. «Alla sua agenzia, l’agenzia Weiss. Lo giuro su Dio.»
«Ah sì, lo giuri su Dio?» continuò Flake, ironico. «Te l’ha fatta vedere lui? L’hai vista con i tuoi occhi?»
«Sul suo portatile.»
«Sul portatile. Bene, e dov’è questo portatile? Su, faccelo vedere.»
Il terrore di Chris divenne ancora più profondo, i suoi muscoli si trasformarono in gelatina. Perché non l’aveva preso? Come aveva potuto lasciarlo là? Che cosa credeva di fare? «Non ce l’ho, ma vedete, ho pensato che non…»
«Oh, hai pensato, vero? Hai pensato…» Flake rise. «Che cosa hai pensato? Hai pensato di poterci fare fessi con queste stronzate. Ma senti questo cretino. Non ci posso credere.»
«A che ora chiuderà la cucina da Lucky?» si stava chiedendo Goldmunsen a voce alta.
«Come?» disse Flake, distratto. «Non lo so, alle dieci forse. Come cazzo faccio a saperlo. Lascia perdere Lucky, smettila di pensare con lo stomaco.»
«Adesso penso con lo stomaco», ribatté Goldmunsen. «Dammi da mangiare e riprendo a pensare col cervello.»
Superate le case, percorsero i pochi metri che li separavano dagli alberi. Passo dopo passo, Chris si avvicinava alla sua tomba, un sepolcro vastissimo, che lo aspettava per inghiottirlo. Continuava a blaterare la sua storia, ma non sapeva più che cosa stesse dicendo. Nessuno lo ascoltava. La situazione continuava a precipitare, non riusciva a fermarla. Il suo sguardo saettava qua e là, e ovunque si posasse tutto appariva stranamente limpido e definito: gli alberi, i tronchi, i singoli rami. Il color indaco del cielo stellato. L’erba e i suoi stessi piedi. E poi, sotto una pallida luna argentea, un varco che si apriva nel bosco, in attesa di ingoiare lui. L’attacco di un sentiero. Il sentiero che portava sul luogo dell’esecuzione.
Arrivato lì, Chris avrebbe voluto fermarsi, girarsi a combattere, cercare di scappare. Invece imboccò il sentiero senza fare resistenza, e la foresta parve richiudersi buia e fredda intorno a lui. La situazione continuava a precipitare, non riusciva a fermarla.
«È stata Kathleen», diceva in tono amaro, con voce rotta, con un rivolo di bava all’angolo della bocca e le lacrime agli occhi. «È stata mia moglie, proprio lei. Mi spiava, dovete credermi. Gli ha detto tutto. Ecco come lo ha saputo.»
«Qui va bene», disse Goldmunsen dopo un po’. «D’accordo, puoi fermarti.»
Chris obbedì, come ipnotizzato. Si fermò, in lacrime, con le possenti spalle abbassate, le braccia molli lungo i fianchi. Fra le lacrime vide il bosco, che gli sembrava così bello, così bello e vero… L’aria era fresca e tersa e la notte scura. Tutto ciò che desiderava dalla vita, in quel momento, era un po’ di vita in più. Le lacrime gli colavano sul volto, mentre aspettava il colpo nella nuca. «È andata a letto con lui, ecco cos’è successo. Capite, lui se l’è scopata e lei gli ha detto tutto, ecco come ha saputo, come si è intromesso. Per favore, vi prego…» Cominciò a blaterare senza più articolare le parole.
Udì lo scatto della Glock quando Goldmunsen mise il proiettile in canna. Chris si pisciò addosso, inzuppando i jeans. Tremante, singhiozzava: «Per favore, per favore, ve lo giuro su Dio…»
«Aspetta un attimo, che cosa…?» mormorò Flake.
Goldmunsen puntò la pistola alla nuca di Chris.
«Oh, oh, oh! Aspetta un momento. Hai sentito?»
«Sentito cosa?»
«Quello che ha appena detto. Ho sentito bene?»
«Non lo so, che cosa ha detto?» chiese Goldmunsen spazientito. «Ha detto: ‘Per favore, per favore’. Che cos’altro doveva dire?»
«No, no, no, aspetta un attimo», continuò Flake. «Kennedy si scopava sua moglie? È questo che ha detto?»
«Non lo so. Che cosa me ne frega? Posso andare avanti, adesso?»
«Aspetta un minuto.» Flake alzò una mano per impedire a Goldmunsen di sparare.
Il gorilla sgranò gli occhi. «Merda», imprecò, scrollando la pistola. «Sto morendo di fame.»
«Ehi», disse Flake, alle spalle di Chris. «Tu, pezzo di merda, hai detto che Kennedy si scopava tua moglie? È questo che hai detto?»
Chris fece un gran sospiro e iniziò a piangere più forte, la bocca spalancata. Aspettando il colpo di grazia, fissava tra le lacrime il bosco, incantato dalla sua bellezza. I secondi gli sembravano lunghissimi e sperò che ciascuno di essi diventasse infinito. «Si scopava mia moglie», mormorò con distacco, rispondendo a Flake senza neanche saperlo. «Ecco come ha saputo tutto. Così ha fatto.»
«Allora Kennedy è un investigatore privato e si scopa tua moglie, e lei gli spiffera tutto quello che vi dite tu e il signor Hirschorn! È questo che stai cercando di dirci?» chiese Flake piegandosi in avanti per ascoltare meglio. «Stai cercando di dirci questo?»
«Possiamo ancora salvare l’operazione», Chris continuava a balbettare. «Possiamo… e il signor Hirschorn sarebbe contento…»
«Ehi!» esclamò Flake, colpendo Chris con una botta sulla nuca.