Ma la convenienza era reciproca. Per l’Agenzia la posizione centrale era preziosa e il settimo piano era il migliore di tutto lo stabile. Dalle grandi finestre ad arco si godeva una bella fetta del celebre panorama della città, con i palazzi d’epoca in pietra scolpita che si stagliavano su un vibrante sfondo di moderni grattacieli. Avevamo il privilegio di vedere i muri della città accendersi di rosso e giallo per il sole, al mattino, e brillare di luce propria la sera, quando i lumi artificiali si accendevano nel crepuscolo.
Nello spazioso ufficio di Weiss, dove tutto era imponente — la scrivania, le poltrone per i clienti, la sedia girevole su cui lui, a sua volta imponente, sedeva con lo schienale leggermente inclinato —, lo sfondo della radiosa vista della città, incorniciata dal finestrone ad arco, provvedeva a sottolineare efficacemente la grandiosità della scena.
E proprio quella scena faceva sembrare molto piccolo il cliente di quella mattina. Wally Spender era in effetti un uomo piccolo e magro, con orecchie a sventola, occhi spaventati e un lungo naso sottile. Un topo che, per incanto, si era trovato in un involucro umano.
«È accaduto in Spagna», stava dicendo a voce alta. «Il… il fattaccio con la sorella, intendo. Non so… non so che cosa mi abbia preso… una passione incontrollabile, ritengo.» Stringeva le piccole mani sui braccioli e sedeva sull’orlo della poltrona, sulle spine come uno scolaro in difficoltà.
Il volto di Weiss rimase imperturbabile.
«Mi è bastato vederla… sul lungomare. Ero a Malaga, circa un anno fa, ed ero seduto ai tavolini di un bar, a prendere un caffè. Lei è passata di là, era solo una povera ragazza del posto ma… molto bella; almeno, bella sicuramente, molto… non so. Come le ho detto, mi è bastato vederla e… mi sono alzato e l’ho seguita, sul lungomare. Ricordo che si è fermata lungo la strada, per una qualche commissione… per comprare della frutta. Sì, della frutta. Io ero là, Weiss, fermo ad aspettare… e a guardarla. C’era qualcosa in lei, non so… non potevo smettere di seguirla. E sono arrivato fino alla sua umile dimora, ai limiti della città.»
«La sua umile dimora.» Weiss soppesò le parole.
Ma il Topo non colse l’ironia. Continuò. «Sì, proprio così. L’ho seguita nelle strade del quartiere vecchio, in quelle strade acciottolate solitarie e vuote, fra vecchi edifici spagnoli dall’aria cadente. Ed è stato come… Mi è venuto in mente che in un luogo simile fosse come se… potesse succedere qualsiasi cosa. Insomma, eravamo soli in quelle strade vuote, in un quartiere dove vengono commessi molti crimini. Nessuno se ne sarebbe stupito. E io la seguivo, appunto, in quelle strade, e ho cominciato ad avere questi pensieri. Non potevo farci niente.» Si leccò le labbra sottili, con lo sguardo fisso in un punto della stanza. Si stava eccitando, il suo stesso racconto rinnovava la sua eccitazione.
«Così… dopo un po’ siamo arrivati a casa sua e non c’era nessuno… nessuno neanche lì, da nessuna parte. E lei ha aperto la porta e io… l’ho spinta… l’ho spinta dentro. Proprio così, dentro, e l’ho… l’ho afferrata. Lei mi supplicava; sì, Weiss, è terribile a dirsi, ma mi supplicava, in ginocchio… con voce implorante… piangendo. Ed è a quel punto che mi ha detto…» Interruppe il racconto per leccarsi ancora le labbra e deglutire. Poi i suoi occhi si accesero. «Mi ha detto che non era mai stata con un uomo. Non aveva mai… lei sa cosa voglio dire, Weiss… prima di allora. Mai. Ma io non ascoltavo, non volevo ascoltare né fermarmi. Ero come un… animale, senza alcun freno. Lei si è difesa, sì, ha cercato di lottare con forza, ma poi… poi ha iniziato a lasciarsi andare; dopo un po’ non ha potuto farci niente, ha iniziato a lasciarsi andare. Lei sa come vanno queste cose, Weiss… siamo stati insieme…»
Weiss si schiarì la gola. Aveva conosciuto ogni genere di individuo, ma questo lo stava disgustando.
«È stato meraviglioso… sì, meraviglioso!» stava dicendo il Topo con un filo di voce.
«Perché non mi parla dell’uomo?» disse Weiss. «Quello che sta cercando di ucciderla.»
«Già.» Spender sbatté le palpebre e parve tornare in sé. Riportò lo sguardo sull’investigatore. «È stato solo… solo dopo che mi ha detto di avere un fratello. Mi ha detto di avere un fratello che viveva con lei.»
«Nella sua umile dimora.»
«Sì. Ecco perché mi ha detto che dovevo allontanarmi in tutta fretta.»
Weiss annuì con aria seria.
«Ed ecco… questo è tutto», disse Spender. «Voglio dire, non l’ho più rivista. Ho lasciato Malaga il giorno dopo. Non ero molto orgoglioso di me, questo è certo… lasciarmi così sopraffare dalla passione. Mi sono limitato a… a cercare di dimenticare, e in un primo momento ci sono riuscito. Così è passato un anno senza che accadesse nulla. Poi… poi, qualche settimana fa, sono iniziate le telefonate. Di notte, a casa mia. Dapprima non rispondeva nessuno; sollevavo il ricevitore e nessuno rispondeva. Poi l’altro giorno — o, meglio, l’altra notte — c’era un uomo all’apparecchio. Mi ha detto, senza esitare: ‘Sto venendo a ucciderla, señor, perché lei ha disonorato mia sorella e tutta la mia famiglia’. Gli spagnoli sono fatti così, lei lo sa, Weiss, ci tengono molto all’onore della famiglia.»
Weiss appoggiò il viso fra le mani. «È il bollente sangue latino», commentò.
«Proprio così! Proprio così. E l’altra notte poi… non riesco neanche a parlarne. Mi sono svegliato senza motivo, intorno alle due. Davvero non so perché. Mi sono alzato e sono andato alla finestra… E lui era là; lui, lo spagnolo, un uomo dai tratti da spagnolo. Era sul marciapiede e guardava in su, verso la mia finestra… guardava verso di me. E quando mi ha visto, sa che cosa ha fatto? Ha estratto un coltello! Un grande, enorme coltello… che muoveva in questo modo, avanti e indietro sulla gola, come se volesse tagliarla. E mentre lo faceva mi fissava, signor Weiss. Fissava me, ne sono sicuro.»
Weiss aveva una faccia stupenda, perfetta per quel lavoro. La sua espressione da uomo vissuto e pieno di comprensione per le miserie umane risultava impenetrabile. Era sui cinquant’anni e aveva lineamenti marcati, pesanti, un po’ cadenti: occhi marrone scuro, con folte sopracciglia nere sopra e borse grigio scuro sotto; capelli brizzolati, che teneva incolti ma gli conferivano una certa autorìtà. Era alto, molto alto, quasi un metro e novanta, con le spalle larghe e il ventre prominente. A causa del suo passato da poliziotto — o forse nonostante questo — dava sempre l’impressione di incombere sul suo interlocutore con un’aria protettiva, e penso che, in alcune occasioni, fosse davvero così.
Lasciò trascorrere qualche minuto, poi chiese: «Che cosa posso fare esattamente per lei, signor Spender?»
«Deve trovarlo!» sbottò il Topo. «Deve trovarlo e fermarlo. Deve farlo, signor Weiss. Mi segue… so che mi segue, e se lei non fa qualcosa, e in fretta, be’… a quest’ora, la prossima settimana, sono sicuro che sarò morto.»
«Allora crede che si sia inventato tutto», dissi.
Weiss scoppiò in una sonora risata. «Al cento per cento, te lo garantisco. Avrei dovuto chiamarti e farti suonare canzoni spagnole con la chitarra mentre parlava.» Sembrò imitare il cliente. «La sua umile dimora! Ha dovuto allontanarsi in tutta fretta dalla sua umile dimora! Tutte stronzate.»
Io stavo in una specie di sgabuzzino in fondo al corridoio che partiva dall’ufficio di Weiss. In quello spazio ristretto in cui veniva smistata la corrispondenza dell’Agenzia si trovavano una fotocopiatrice, un fax, la mia scrivania… e il sottoscritto.