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Bishop gli calò pesantemente addosso, gli spinse l’arma contro il petto con il ginocchio e gli afferrò la gola con la mano. Chase emise un unico, debole suono strangolato e poi tutto fu finito. La stretta di Bishop si chiuse come una morsa, il suo braccio scattò all’indietro con brutale rapidità, strappando via una porzione sanguinante della gola e dell’esofago dell’uomo.

Il corpo di Chase si inarcò e poi ricadde con uno spasmo. Bishop lo tenne giù con le ginocchia durante le convulsioni. Ci volle solo un momento prima che il gorilla si afflosciasse a terra, cadavere. Con una smorfia di disgusto, Bishop gli gettò accanto quel che gli era rimasto in mano.

Bishop lo scavalcò per sfilargli l’arma dalla spalla. C’era solo un caricatore da quindici colpi. Passò le mani sul corpo immobile per cercarne uno di ricambio, ma non lo trovò.

Si alzò con la mitraglietta in mano. Rimase in ascolto: nessun suono, niente passi sulle scale. Non ancora. L’operazione Chase gli aveva preso circa dieci secondi; a parte quel poco trambusto provocato dal tavolino e dalla sedia che cadevano, non vi erano stati rumori.

Ritornò rapidamente alla finestra, appiattito contro il muro. Muovendosi da una parte all’altra, sbirciando fra la tenda e la parete, si fece un’idea della scena in atto di sotto. Chris era finito in ginocchio, a testa bassa. Kathleen era trattenuta dalle braccia di Goldmunsen, e Hirschorn… Nonostante la distanza e il buio della foresta, Bishop gli vide in faccia un pallore mortale. Ormai sapeva.

«Avete mandato tutto a puttane, a puttane!» sentì Hirschorn imprecare, mentre si passava una mano fra i capelli. I suoi bei lineamenti fini sembravano disfatti, privi di vita. Era pieno di rabbia per quello che Chris gli aveva detto. Pieno di rabbia… e di paura.

Improvvisamente guardò su, verso la finestra. Bishop si ritrasse subito, si appiattì contro la parete, con l’arma in mano. Girò la testa per vedere la porta. Di lì non c’era scampo, sarebbe entrato direttamente nella linea di fuoco. Tenendo la testa contro il muro, cercò di sbirciare ancora dalla fessura della tenda.

Hirschorn stava guardando Chris, sempre inginocchiato. Il suo volto pallido stava diventando rosso di collera. Con una smorfia schiaffeggiò brutalmente Chris, che si piegò alzando timidamente le mani per proteggersi.

«Pare che alla fine avrai la tua occasione di volare, testa di cazzo», sibilò.

Bishop udì Chris rispondere fra le lacrime: «Lo farò, lo giuro…»

Hirschorn lo colpì ancora. «Taci.» Il petto era scosso da un respiro affannato. Si rivolse al suo assistente, Wellman. «Portalo dentro.»

La figura magra del factotum si chinò e prese Chris per un braccio. Non sarebbe riuscito a sollevarlo con la forza, ma fu sufficiente che lo toccasse e Chris si alzò, instabile, con la testa bassa. I due uomini si avviarono verso l’edificio.

Hirschorn sputò, disgustato, passandosi ancora la mano tra i capelli. Bishop, che lo guardava dall’alto, ne percepiva la paura. «Il mio socio è un tipo esigente», aveva detto. Qualsiasi fosse la missione che quel socio gli aveva affidato, non contemplava la possibilità di fallimenti o ritardi.

Hirschorn guardò Goldmunsen, poi Flake. Prese un respiro, cercando di ricomporsi, e disse: «Bene, portate questa puttanella alla palude. Fatela fuori e basta, senza perdere tempo, capito? Tornate più in fretta che potete. Tu, dagli la torcia».

L’ultimo ordine era diretto all’uomo di colore, che passò la torcia a Flake. Goldmunsen, intanto, diede una spinta a Kathleen per farla camminare. La donna si muoveva lentamente e il gorilla dovette spingerla più volte per farla proseguire. Flake li seguiva, illuminando il cammino.

Bishop non poté far altro che restare immobile, schiacciato contro il muro, a guardare Kathleen che veniva portata nella foresta, finché non scomparve nel buio.

Hirschorn intanto si era rivolto all’altro uomo. «Vai a occuparti di quel figlio di puttana di sopra. E fa’ in fretta. Dobbiamo cominciare a muoverci.»

Il nero si avvicinò alla scala. Bishop si appiattì ancora di più sulla parete.

«Cristo», sentì Hirschorn imprecare. «Che dannato casino.»

Poi dei passi pesanti risuonarono sui gradini, e il nero spalancò la porta.

55

Il nero spalancò la porta e Bishop gli sparò. Tirò il grilletto due volte, e l’uomo si accasciò contro lo stipite, morto.

Non era ancora caduto, che già Bishop lo stava scavalcando per scendere le scale.

Fuori la situazione era difficile. Gli spari si erano sentiti e gli altri due uomini armati stavano correndo verso di lui. Uno arrivava dal lato del capannone, a sinistra, l’altro dal folto della foresta a destra. Erano veloci e decisi, pronti a colpire.

Bishop si aggrappò alla ringhiera della scala e, quando aprirono il fuoco, con un volteggio si buttò fuori. Gli spari dei mitra tagliarono l’aria mentre lui cadeva nel buio. Toccò terra e rotolò via alla cieca. I proiettili colpirono rumorosamente la lamiera della baracca, alle sue spalle. Bishop saltò in piedi, sparò verso i suoi assalitori e si mise a correre.

In un attimo girò l’angolo dell’edificio e si ritrovò fra gli alberi. Correva a zig-zag, cercando di trovare riparo dietro i tronchi degli alberi. La luna non si vedeva più, il buio era quasi totale, a parte le luci delle torce che balenavano qua e là. Si udirono le grida degli uomini, poi una raffica di mitra. Dei pezzi di corteccia lo colpirono in volto, staccati da un proiettile, e sentì che altri avevano colpito il terreno accanto ai suoi piedi. Si gettò di nuovo a terra, rotolò su se stesso e rimase appiattito al suolo. Ventre a terra, sparò ancora, poi scorse la sagoma di uno degli uomini chinarsi tra le ombre della foresta. Improvvisamente una luce lo colpì negli occhi. Fece fuoco in quella direzione e il raggio di luce si mosse scompostamente, diretto verso l’alto.

Cercò di approfittare del momento di confusione. Si alzò e corse via nel buio. Tentò di sparare un colpo per coprirsi le spalle, ma i proiettili erano finiti. Imprecando, si sbarazzò dell’arma e continuò a correre, alzando bene i piedi per non correre il rischio di inciampare e cadere.

Udì ancora delle grida dietro di lui, ma sempre più lontane. Non sapevano che non aveva più proiettili e nessuno quindi aveva molta fretta di seguirlo nella foresta. Con un po’ di fortuna, sarebbe potuto arrivare prima di loro all’aereo, andare via e far sapere dell’elicottero.

Mentre correva, però, non riusciva a liberarsi da un pensiero. Kathleen. Lì intorno, da qualche parte, Goldmunsen e Flake la stavano portando a una palude, per piantarle un proiettile nella nuca. Bishop non era dotato di una grande fantasia, ma non aveva difficoltà a immaginarla distesa a faccia in giù, con il sangue che si perdeva nell’acqua fangosa.

Ma lui che cosa poteva fare? L’aveva avvertita. Le aveva detto che le cose potevano precipitare, le aveva detto di mettersi in salvo. La sua coscienza era a posto. Aveva seguito le regole. Non poteva certo fare dietrofront e andare a salvarla. Non era suo dovere, comunque. Doveva arrivare al Cessna. Questa era la sua missione. Kathleen non faceva parte della missione.

E poi, pensò, era probabile che fosse già morta, che il suo corpo fosse già a faccia in giù nella palude.

Se lo vide davanti agli occhi, quel corpo che aveva abbracciato, e continuò a correre, schivando come poteva gli ostacoli nel bosco buio.

56

Weiss a quel punto aveva quasi trovato ciò che stava cercando, seduto al computer del suo ufficio, al buio. Aveva davanti a sé tutte le informazioni che gli servivano.

Il motore di ricerca Endgame, riservato agli investigatori professionisti, conteneva circa cinquecento database, compresi i documenti di tutti i dipartimenti di polizia e delle carceri, le fedine penali di tutti i criminali, le sentenze dei tribunali. Elaborò in breve tempo una lista di uomini che erano stati trasferiti a North Wilderness negli ultimi tre mesi, da quando Pomeroy vi era entrato in custodia. Erano circa centocinquanta nomi. Molti di questi, però, erano in prigione da mesi, alcuni da anni, e solo dodici erano fuori quando Julie Wyant era scomparsa.