Passò un secondo, poi un altro. Il liquido azzurro si mescolò con quello rosso e infine, con un sibilo leggero, un’esplosione silenziosa liberò la porta dalla chiusura automatizzata.
Non appena udì il rumore, l’uomo chiamato Ben Fry balzò verso la porta, afferrò la grata e spinse. La porta non si mosse. Per un istante l’uomo rimase come inebetito. Non doveva succedere, non era nel piano. Poi diede un’altra spinta e questa volta la porta si scostò come doveva, solo un poco, il necessario.
L’uomo chiamato Ben Fry scivolò nell’apertura e si incamminò nel corridoio.
Era fuori.
62
Weiss era al telefono con Ketchum, in quel momento. Il basso mormorio dell’ispettore si era trasformato in una sorta di furioso ruggito.
«Che cosa diavolo vuoi che faccia, Weiss? Che cosa pensi che io possa fare?»
«Cerca almeno di far scattare un allarme generale nella prigione.»
«Ci ho già parlato. Non lo fanno perché il carcere è sempre in stato di allarme. Hai visto il posto. Quale altra precauzione devono prendere?»
«Non hanno una specie di allarme in caso di fuga?»
«Sì, certo. Porte d’acciaio che si chiudono automaticamente, allarmi sonori, tutte quelle stronzate. Ma devono mettere tutto in moto perché il mio amico investigatore dice che sospetta qualcosa?»
Weiss sospirò; aveva gli occhi ancora fissi sulla ragazza del video, che ammiccava dallo schermo del computer. «Almeno potrebbero sorvegliare a vista Ben Fry», tentò infine.
«Ben Fry è già sorvegliato a vista», rispose Ketchum. «Come ogni detenuto. È una prigione di massima sicurezza, cazzo.»
La testa di Weiss premeva pesantemente sulla cornetta del telefono. Non sentendolo rispondere, Ketchum continuò in tono più gentile, per quanto potesse.
«Senti, hanno problemi di personale come tutti. Che cosa dovrei dir loro? Forse con un po’ più di tempo potrei convincerli a tenerlo d’occhio ventiquattr’ore su ventiquattro. Non so. Ma adesso… Non sai neanche che cosa dovrebbe accadere.»
Weiss annuì, senza staccare gli occhi da Julie, senza rispondere con la voce. Era vero, non lo sapeva. Sapeva solo che aveva perso il contatto con Bishop e che tutto sarebbe accaduto presto.
Sentì Ketchum sbuffare all’altro capo. «Il problema è che il direttore ti crede pazzo. Ecco che cosa pensa…»
Ma Weiss lo ascoltava appena. Guardava Julie sullo schermo, con il suo sguardo mogio. Aveva appoggiato il gomito al bracciolo, la testa alla cornetta. La stretta al cuore che la vista di lei gli dava era diventata una dolìa permanente, che esprimeva impotenza e frustrazione. Era bloccato lì, in quella città, al telefono, mentre a circa cinquecento chilometri di distanza l’uomo che dava la caccia alla ragazza stava per scoprire dove si trovava, e Weiss non riusciva a farlo credere a nessuno…
Ketchum stava continuando a blaterare, come un sussurro in lontananza. Weiss non smetteva di guardare il video e la sua mente vagava nel sogno di incontrarla, di perdersi in quegli occhi misteriosi. Improvvisamente sentì il motivo sonoro che annunciava l’arrivo di un’e-mail.
Raddrizzò la schiena e sgranò gli occhi, sorpreso.
«… perché tutto il sistema è pensato per non far succedere cose simili…» continuava Ketchum dall’altra parte.
«Fermati», disse Weiss, con rinnovata energia. Cliccò sull’icona dei messaggi e l’immagine di Julie Wyant scomparve. Lesse.
«Allora», sentì Ketchum chiedere. «Novità?»
«C’è qualcosa da Bishop.»
«Bishop? Che cosa vuole?»
Weiss, ha funzionato. Wannamaker è fuori, io sono in gioco. Stasera alle sei sarò in volo verso una destinazione ignota. Quando sarò là, mi daranno le istruzioni sul mio incarico e ti farò sapere. Se abbiamo fortuna, possiamo portare a termine la missione senza comprometterci… c150kmnoah-64d
«Ebbene?», chiese Ketchum dopo qualche secondo.
Weiss non rispose. Stava leggendo, pensando. Alle sei. Bishop doveva essere già partito. c150kmnoah-64d. Doveva essere sorvegliato, non poteva scrivere altro. Che cosa voleva dire? c150kmno, circa 150 chilometri a nord-ovest…
«Che cosa diavolo può essere AH-64D?», chiese a voce alta.
«Che cosa?» disse Ketchum. «AH-64D? Di che cosa stai parlando?»
Weiss scosse la testa. E Ketchum continuò: «Weiss? Di che cosa parli? AH-64D?»
Weiss avviò un motore di ricerca. Apparve un sito su cui lesse: «Tecnologia militare. AH-64D… è un elicottero da guerra».
«Mi prendi in giro», sussurrò Weiss, deglutendo. Qualcosa dentro di lui si stava lacerando.
Allora capì. Tutto gli fu chiaro infine, tutto il quadro; troppo tardi, però.
«Weiss, che succede, sei ancora lì?»
«Ketchum», disse. «Penso che gli manderanno un elicottero.»
«Che cosa?»
«Penso…»
Ketchum ruggì. «Ma va’… Un elicottero? Impossibile. Il carcere è coperto di cavi antielicottero. Non c’è modo di atterrare…»
«Non devono atterrare», continuò Weiss. «È un elicottero da guerra, dev’essere armato. Quel figlio di puttana, ecco come scapperà. Farà saltare tutto.»
Ketchum tacque per qualche istante. «Weiss», disse infine. «Adesso anch’io ti credo pazzo.»»
Weiss guardava lo schermo e premeva la cornetta contro l’orecchio così forte da farsi male. Sentì un sudore freddo sulla nuca. Era troppo tardi.
«Weiss. Weiss!» riprese Ketchum.
Weiss grugnì. «Sì.»
«Non posso dir loro che sta arrivando un elicottero a bombardarli. Non posso andare a raccontare che quel tizio uscirà dalla cella, cosa impossibile, e andrà da un certo Pomeroy a torturarlo, altra cosa impossibile, per poi dare l’assalto al carcere con un elicottero da guerra. Questo non lo posso fare.»
Weiss si inumidì le labbra secche e cercò di deglutire. «No», mormorò rauco.
Dopo una pausa, Ketchum chiese: «Quand’è che dovrebbe attaccare, questo elicottero?»
Weiss fece una risata silenziosa e amarissima. Se Bishop era disperso nella foresta, non era possibile che il palmare avesse inviato il messaggio da terra. E se Bishop fosse stato sul velivolo, avrebbe chiamato la polizia via radio. Weiss capì anche quello. Aveva lasciato il computer sull’elicottero e, non appena quello era decollato…
«È già in volo», disse.
«Che cosa?» urlò Ketchum.
Ma Weiss, come in sogno, aveva lentamente riattaccato il telefono. Troppo tardi, era arrivato troppo tardi. Tutto quello che aveva scoperto era stato inutile.
Restò seduto fissando il vuoto, sconfitto.
63
Quanto a Chris, questo era il suo momento. Il passato era scivolato via e lui si sentiva di nuovo in sella. La luna lo accompagnava in quel volo e il suo potere della cloche che stava manovrando si estendeva su tutto l’orizzonte. I rotori, il battito delle pale, l’immagine familiare del mondo verde sotto di loro nel monocolo di inquadramento bersaglio del casco… Tutto era come aveva sempre voluto. Lui avrebbe dovuto essere un pilotai dell’esercito e lì, in quel cielo, si sentiva tale.
Seduto al posto di controllo delle mitragliatrici, davanti a lui, un po’ più in basso, c’era Hirschorn. Chris vedeva i suoi lineamenti delicati riflessi nel parabrezza. In cuffia sentiva la sua voce, che ogni tanto gli dava un’indicazione nuova, e tutte le volte che lo guardava sentiva un’ondata di devozione salirgli in petto.