Weiss si spingeva spesso fin lì, per fare una pausa, per pensare, per rilassarsi con le mani in tasca. Gli piaceva parlare con me dei vari casi, della sua vita. Non sono sicuro del perché lo facesse. Sapeva che volevo diventare uno scrittore e forse sperava che mi sarei ricordato dei suoi racconti e che li avrei trascritti, conservati, in un certo modo immortalati. O forse era già sicuro che lo avrei fatto e quindi mi forniva la sua opinione, la sua interpretazione dei fatti. Ma poteva anche essere che mi considerasse così ingenuo e diverso da lui, così fuori dal suo mondo, da non prendermi sul serio. Forse pensava che confidarsi con me fosse come parlare al vento.
«Be’, ma non potrebbe averlo fatto davvero?» chiesi. Ero in piedi davanti alla fotocopiatrice e osservavo le pagine di una pratica che mi scorrevano davanti. «Insomma, non è possibile?»
«Quel tipo! Se quello ha violentato qualcuno, io sono il re di Romania; se è mai stato in Spagna…» Scosse il capo. «’Sto venendo a ucciderla, señor.’ Ma andiamo… tutte stronzate.»
«Quindi perché ha accettato il caso?»
Si strinse nelle spalle. «Voglio accertarmi che sia innocuo. Vive nel Sunset District con la madre, che cosa mi costa andare a parlarle? Per essere sicuro che non farà del male a nessuno, né a se stesso. Chi lo sa? Potrei sbagliarmi. Forse tutto quello che ha detto è la pura verità. Forse un giorno scriverai un libro su questa faccenda. Il caso della vergine spagnola.»
La fotocopiatrice si fermò e iniziai a recuperare le pagine del documento. Attraverso la porta aperta, sentimmo le tre note che annunciavano l’arrivo di una e-mail sul suo computer.
«Dev’essere il rapporto di Bishop», dissi.
Weiss annuì. Mentre tornava nel suo ufficio lo sentii mormorare: «’Iniziava a lasciarsi andare’… cazzo, se questo è vero, io sono il re di Romania.»
6
Weiss, qui tutto procede bene, ma lentamente. Chris Wannamaker mi sta mettendo alla prova sugli aerei, così siamo spesso insieme, in volo. Ma è molto chiuso e taciturno; non c’è modo di farlo parlare. Controlla anche la moglie in maniera ossessiva e non vuole vedermi intorno. Quando Kathleen è a casa, lui c’è sempre. Sono riuscito a scambiare con lei due parole sul lavoro… scorza dura, ma triste e sola, una donna maltrattata. Mi serve l’occasione giusta per capire se è in possesso di qualche informazione e convincerla a darmela (l’informazione).
Weiss bofonchiò a bassa voce: «Convincerla a darmela!» Le e-mail di Bishop erano sempre piene di simili espressioni. Weiss era probabilmente l’unica persona sulla terra a cui Bishop teneva, l’unica di cui gli importasse avere la stima. Ma sapeva che il vecchio non approvava alcuni dei suoi metodi e gli piaceva giocare al figlio ribelle che dava qualche pensiero al padre bacchettone.
Weiss si portò una mano sullo stomaco e sospirò. Con l’altra fece scorrere sullo schermo il resto del messaggio.
Baffi grigi si è fatto vedere ancora, questa volta al campo di aviazione. È confermato: si tratta di Bernie Hirschorn, un VB che dirige la Driscoll Foundation, una società che controlla tutta la città e forse qualcos’altro. Molto denaro, legami con il giro della droga, morti a decine lungo la sua scalata al potere. Chi non lo paga finisce male o viene assorbito. Possiede ormai la metà dell’attività di Ray.
Ray ha comunque ragione… sta succedendo qualcosa. Alcune persone dell’organizzazione di Hirschorn hanno assoldato Chris per dei voli negli ultimi tempi, trasporto passeggeri, merci o Hirschorn stesso. Ufficialmente la destinazione è Arcata, il capoluogo della contea, ma l’aereo di Chris torna sempre da nord, e Arcata è a ovest, e i voli durano comunque troppo.
Weiss si dimenò pensieroso sulla sedia. Quella storia non gli piaceva. Le parole di Bishop erano molto chiare: quel tale, Hirschorn, spediva Wannamaker in volo in qualche località segreta, facendo credere che la destinazione fosse Arcata. Ma a quale scopo? A nord di Driscoll non c’era niente, solo chilometri e chilometri di foreste. Si trattava di un giro di merce di contrabbando con il Canada — sigarette, CD… — o di droga?
Qualunque cosa fosse, Weiss era molto preoccupato. Hirschorn era di certo un VB, un vero bastardo, con una scia di morti dietro le spalle, e Bishop era difficile da trattenere una volta che aveva trovato una pista. Weiss doveva cercare di tenerlo a bada, assicurandosi che non si facesse troppo coinvolgere.
L’e-mail terminava con un’ultima considerazione, ben poco rassicurante.
Forse ho trovato un modo per entrare nel giro. Wannamaker è un ubriacone, una testa calda che non tiene a freno la lingua e perde facilmente il controllo. Probabilmente Hirschorn cerca qualcuno di più affidabile per i suoi traffici, e io potrei essere quella persona.
A proposito, il nostro cliente, Ray Gambling, è un maledetto idiota. Ha paura e parla troppo. Per ben tre volte c’è mancato poco che facesse saltare la mia copertura chiamandomi con il mio vero nome. Scherzi del genere possono costarmi la vita. Saluti. JB
7
Chris Wannamaker aspettava appoggiato alla fusoliera dell’aereo, con i pollici infilati nelle tasche dei jeans. Bishop avanzava verso di lui nella calura, la borsa da volo appoggiata sulla spalla.
Chris sovrastava Bishop di almeno quindici centimetri e dalle maniche opportunamente strappate della T-shirt faceva spuntare bicipiti poderosi. Sul destro aveva un tatuaggio, due serpenti avvolti attorno a un teschio e una scritta: NATO PER SCATENARE L’INFERNO. Sul sinistro spiccava una lunga cicatrice biancastra e irregolare. Aveva capelli ricci castani, lineamenti ordinari e un mezzo sorriso carico di crudeltà.
«È tutto pronto», disse quando Bishop lo raggiunse. «Possiamo volare.»
Bishop annuì e i due uomini presero posto nell’abitacolo di guida.
Chris si sedette in silenzio al posto del copilota, guardando dal finestrino laterale mentre Bishop accendeva i motori e guidava l’aereo verso la pista di decollo. Entrambi indossavano le cuffie, anche se al campo non c’era la torre di controllo e, al mattino, nessun altro aereo in volo. I due sedevano uno di fianco all’altro senza spezzare neanche con una parola il sordo rombo dei motori.
Era stato così per tutta la settimana. Erano due nemici naturali e l’avevano capito nell’esatto istante in cui si erano incontrati. Chris aveva il compito di sincerarsi dell’abilità di Bishop in volo per motivi assicurativi, ma sapeva che il rivale avrebbe saputo far volare qualsiasi carretta. Era così passata una settimana in cui si erano scambiati solo le parole strettamente necessarie.
Una volta raggiunta la pista, Bishop toccò appena i freni e il Cessna si fermò. Premette il tasto del microfono e disse: «Pista di Driscoll, cinque-zero-quattro pronto al decollo».
Iniziò a dare gas e l’aereo si mosse, aumentando progressivamente la velocità. Bishop tirò la cloche proprio sul limite della pista e le ruote si staccarono dal suolo. Erano in volo.
«Zero-tre-zero», borbottò Chris, sempre con gli occhi fissi sul finestrino.
Arrivato a cinquecento piedi, Bishop orientò l’aereo verso nord e pensò: «Bene, così mi piace». La sensazione di aver lasciato la terra sotto di loro; il paesaggio che ondeggiava come un fazzoletto lasciato cadere da una signora; i contorni dei campi intorno all’hangar che diventavano sempre più geometrici ed essenziali, man mano che si allontanavano; la squallida città ridotta a niente più di un bagliore sullo sfondo. Nel raggio del suo sguardo, da ore dieci a ore due, Bishop scrutò il cielo e le montagne selvagge che si perdevano in lontananza, il verde della foresta che si fondeva con l’azzurro del cielo nell’orizzonte velato. Stava assaporando ogni momento della salita.