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«Mettilo diritto», ordinò Chris.

Bishop lo guardò perplesso. Avevano raggiunto solo cinquemila piedi e ancora sfioravano le cime delle alture, distinguevano gli alberi, vedevano le auto che risalivano le strade di montagna, con i finestrini che rilucevano al sole. Erano troppo bassi.

«Vira tutto a destra», disse Chris, prima di riprendere a fissarsi il pugno con aria assente.

Bishop guardò l’indicatore di rotta: segnava 030. Iniziò a far virare l’aereo di quarantacinque gradi verso destra, tenendo il muso in direzione dell’orizzonte. Le montagne sfrecciarono sul parabrezza, la città scomparve alla vista e l’aereo continuò a virare, mentre il sole faceva riverbero sul vetro. Ecco di nuovo le montagne. Bishop raddrizzò la cloche e toccò appena il pedale del timone, poi controllò l’indicatore di rotta mentre le ali del Cessna ritornavano diritte: 030. Guardò l’altimetro e si compiacque: non avevano perso neanche un piede. «Una buona manovra», pensò.

Improvvisamente, la mano di Chris afferrò la manetta del motore di destra e lo spense.

Faceva parte del test valutare le reazioni del pilota in caso di emergenze, quali la perdita di un motore. Quando se ne spegne uno, non c’è più niente che contrasti la spinta dell’altro e l’aeroplano rischia di avvitarsi in una pericolosa caduta a spirale. Ciò accade se il pilota non ha la prontezza di spirito di spingere con forza sul pedale del timone.

Cosa che ovviamente Bishop fece, ma il pedale non rispose.

Ciò lo stimolò giustamente a rimarcare: «Merda!»

Spinse nuovamente il pedale, ma ancora non successe niente. Il muso del Cessna si inclinò a destra e poi verso il basso. Il piede di Bishop continuava a combattere con il pedale, che non dava risposta. Non capiva… poi si rese conto della situazione, ma non poteva crederci: Chris stava usando i comandi del copilota per impedirgli di manovrare.

«Cosa diavolo stai…»

Chris rise. «Vediamo come te la cavi ora!»

Un rollio inquietante inclinò l’aereo, che iniziò a girare su se stesso in modo lento, ma anche a precipitare sempre più velocemente. Bishop cercò la manetta di destra, ma Chris la teneva stretta. L’aria intorno a loro sembrava gemere e Bishop si sentì le guance in fiamme per effetto della forza G.

«Iu-huu!» fu il grido assordante di Chris nel microfono, simile a quello di un cowboy su un cavallo selvaggio.

Bishop imprecò e gli assestò un colpo secco affondandogli le nocche nella coscia.

«Ahi, cazzo!» urlò Chris rilasciando la gamba.

Il pedale del timone cedette sotto il piede di Bishop che lo spinse a fondo. Chiuse la manetta del motore di sinistra in modo da annullarne la spinta e riallineò le ali. Il nauseante avvitamento cessò, ma l’aereo continuava a precipitare verso le montagne. Ai suoi lati sorsero le creste di un mare d’alberi, verso il quale l’apparecchio stava affondando rapidamente. Nel parabrezza apparve l’inquietante sagoma di una roccia scura.

Bishop serrò le mascelle e tirò la cloche verso di sé, alzando il muso dell’aereo con ogni energia rimastagli. A quel punto, riaccese entrambi i motori a pieno regime e trattenne il fiato mentre la roccia si avvicinava al suo volto, un secondo dopo l’altro.

Infine, il Cessna riprese a salire. Bishop guardò l’indicatore di velocità e poi a ore nove. Le cime degli alberi sembravano toccare l’ala, era quasi possibile distinguerne ogni singola foglia. Ma in pochi secondi l’aereo le oltrepassò e la terra tornò ad allontanarsi velocemente.

Bishop guardò Chris. «Ma cos’hai in quel cervello bacato, figlio di puttana?» imprecò.

Chris si sfregò la coscia nel punto in cui era stato colpito e rivolse a Bishop un’occhiata torva. Poi iniziò a ridacchiare, un suono che si diffuse rauco e profondo nelle cuffie di Bishop.

«Riportalo a cinquemila piedi», disse. «Proviamo qualcos’ altro.»

E tornò a fissare il finestrino con sguardo assente.

8

Jim, ti rammento che la procedura prevede che tu mi tenga sempre dettagliatamente informato sulla natura delle attività criminali, se ve ne sono. Sono consapevole del pericolo che corre il nostro cliente, ma non voglio che tu comprometta la tua sicurezza. Inoltre, per quanto riguarda la signora Wannamaker, sono certo che sia una buona fonte di informazioni, ma mi aspetto che tu le ottenga in modo ragionevole e, soprattutto, professionale. W.

Bishop ebbe l’occasione di raccogliere informazioni in modo professionale quella notte stessa.

Era seduto al tavolino della sua camera da letto, al piano superiore, e aveva appena finito di leggere il messaggio di Weiss. Mentre guardava fuori dalla finestra, vide Kathleen uscire e fermarsi sotto il portico. La luce della luna illuminava il vialetto e Bishop si accorse che il furgone di Chris non c’era più.

Rimase immobile a osservarla: indossava una T-shirt azzurra e pantaloncini beige. Gli piacevano i fianchi rotondi e il seno procace, ma le ragioni per cui intendeva farsela erano altre. In primo luogo c’era il lavoro; in secondo, doveva dare una lezione a quel bastardo del marito e ripagarlo dello scherzetto che gli aveva fatto in volo quella mattina. Riguardandola, ammise con se stesso che avrebbe tratto un doppio piacere da tutto ciò.

Kathleen si era intanto appoggiata alla ringhiera ad assaporare il fumo di una sigaretta.

Bishop cancellò il messaggio di Weiss e si alzò. Pochi mimiti dopo scese a sgranchirsi le gambe in giardino. Era calata un’oscurità compatta. La calura, che aveva martellato la regione per tutta la giornata, adesso pareva adagiarsi sulla notte come un lenzuolo. Le cicale emettevano i loro versi tra gli aceri. Gli insetti ronzavano intorno alle lampade accese sotto il portico di Kathleen come elettroni impazziti: Bishop ne scorse le ombre riflesse sul volto e sulle braccia della donna quando lei si voltò per sorridergli. La raggiunse varcando il sottile confine di prato che separava le due case.

«Come va?» le chiese.

Kathleen rispose con un gesto vago della mano che stringeva la sigaretta. «Prendo un po’ d’aria. Non mi piace fumare con l’aria condizionata accesa.»

«Neanche a me. Chris è uscito?»

«È andato al Clover Leaf, in città.»

«Sì, so qual è.»

«Brutto posto, no?»

«In effetti mi è sembrato alquanto rozzo.» Indicò gli scalini del portico. «Posso?»

La donna alzò le spalle, ma Bishop colse una luce di interesse nei suoi occhi. Salì gli scalini, si appoggiò alla ringhiera, di fronte a lei, e la fissò… un lungo e intenso sguardo che non poteva essere frainteso. Kathleen fece un’espressione indifferente, ma dal respiro rallentato si capiva che era consapevole della sua vicinanza.

Fumarono insieme per qualche minuto, in silenzio. Udirono il suono di un telefono in qualche casa del vicinato.

«Chris dice che hai superato tutti i test. Sei pronto per volare.»

«Be’, lui ti sottopone a delle prove infernali.»

«Non badarci. Chris è un bastardo.»

Bishop alzò un sopracciglio. «Ma è tuo marito, giusto?»

«Che cosa vuoi che ti dica, le vie dell’amore sono misteriose…» Lasciò cadere un po’ di cenere, con indifferenza. «Si diverte a vedere i nuovi che se la fanno sotto; li lascia soffrire fino all’ultimo istante. Io l’ho avvertito: un giorno o l’altro finirà male.»

«Per dirtela tutta, non me ne frega un accidente se gli succederà», disse Bishop, «almeno fin tanto che non mi ci trovo io su quell’aereo.»

«Bene.» Rise sommessamente, poi scosse la testa. «Senti, non devi fraintendermi. Chris è un buon pilota, anzi, un ottimo pilota. Vola da quando era giovanissimo. Ha pilotato gli elicotteri quando era militare e sa portare qualsiasi velivolo. Può riprendere il controllo di quel Cessna anche a venti piedi e non ha mai messo la vita di nessuno in pericolo. Gli piace solo fare lo sbruffone, nient’altro.»