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«Sicuro.»

Kathleen si staccò dalla ringhiera, lasciò cadere la sigaretta e la spense sotto la punta della scarpa. Lo guardò e disse: «Fammi un favore, non dire niente di tutto questo a Ray. Questo è il terzo lavoro di Chris in due anni e se lo perde… Cristo, non voglio proprio pensarci».

«Non posso crederci!» si stupì Bishop. «Ho sentito dire che Chris va forte, e che Ray non lo licenzierebbe mai.»

«Davvero? E dove l’avresti sentito?»

«In giro. Mi hanno detto che è amico del socio di Ray, come si chiama… Hirschorn.»

Kathleen guardò la strada vuota con aria stanca; avrebbe potuto dire molto sull’argomento, ma non lo fece. «Chris pensa sempre di essere incredibilmente bravo, e subito dopo si ritrova senza lavoro.» Sbuffò, gonfiando appena le guance. «Quello che voglio dire è che è giovane e impulsivo, ecco tutto. Non si rende bene conto delle situazioni. Ha passato dei brutti momenti negli ultimi due anni, da quando lo hanno buttato fuori dall’esercito… L’hanno veramente messo a terra. Poi ha lavorato nelle spedizioni e ha perso anche quel lavoro. Qui non è come a San Francisco o Los Angeles, non ci sono tutti quei posti di lavoro. Sono preoccupata che anche questa volta possa fallire.»

«Capisco.» Anche Bishop spense la sigaretta sotto il piede e rimase immobile davanti a lei. «Non dirò niente.» Con la scusa di osservare la luna, si avvicinò alla donna, fin quasi a toccarla, rilassato, con una mano nella tasca dei jeans.

Lei lo guardò negli occhi e si sentì avvolgere dallo sguardo di lui. «Grazie», disse.

«Ma ti dico una cosa», incalzò Bishop. «Se sapessi che a casa mi aspetta una donna come te, starei molto, molto più attento a come volo.» Nel dire così alzò un dito e lo posò sulla guancia di Kathleen che, ipnotizzata, non distolse lo sguardo.

«Non fare così», sussurrò.

Il dito di Bishop scivolò dalla guancia verso il mento. Alla fine lei si sforzò di ripetere: «No, Frank, davvero».

Bishop abbassò la mano e la donna distolse lo sguardo.

«Come se avessi bisogno anche di queste stronzate», mormorò Kathleen.

Stava per risponderle, per dirle che ne aveva davvero bisogno, che lui riusciva a vederla com’era e sapeva che di qualcosa aveva un dannato bisogno. Ma si accorse che gli occhi di lei guardavano oltre il giardino; poi udì il rumore del motore che si avvicinava e vide il furgone di Chris avanzare nella via in un modo che non lasciava dubbi: l’uomo era ubriaco.

Senza fretta, con movimenti sicuri, Bishop si allontanò da Kathleen e rimase con lei a guardare il veicolo che entrava nel giardino.

«Che succede! Che cazzo succede! Che cosa mi tocca vedere?» Chris parlava a voce alta, cercando di scendere dall’auto. Avanzò verso di loro con passo incerto, lasciando intuire che era davvero molto, molto ubriaco. «Me ne vado per un paio d’ore e quando torno a casa che cosa trovo…» Colpì la palma di una mano con il pugno dell’altra per cinque volte, per indicare che sua moglie si faceva fottere. «Ti sembra che un uomo debba trovare questo, quando torna a casa?»

«Va’ all’inferno, Chris», disse Kathleen voltandogli le spalle disgustata, provando vergogna per lui.

Chris salì i gradini barcollando e, una volta sotto il portico, sovrastò con la sua mole le altre due figure. «Non hai perso tempo, eh, amico?»

Bishop gli rispose in tono amichevole ma distaccato. «Stavo solo scambiando due parole da buon vicino.»

«Buon vicino!» sbraitò Chris. Ondeggiò pericolosamente verso la moglie. «È un buon vicino, tutto qui. Merda, è chiaro come il sole. E tu, Kathleen, sei anche tu una buona vicina?»

«Vaffanculo, Chris. Chiudi quella boccaccia!»

Gli stava ancora dando le spalle, quando lui l’afferrò con violenza e le strinse la mascella con l’enorme mano, obbligandola a guardarlo in faccia. Le dita premevano con forza là dove Bishop aveva fatto scivolare le sue.

«Ti ho fatto una domanda», disse. «Sei una buona vicina o no?»

«Lasciami stare!» Kathleen cercava di allontanare il braccio del marito, che però non lasciava la presa. «L’hai voluto tu», disse e gli affondò le unghie nel polso.

«Ah…» urlò Chris, che scostò la mano ma colpì con indifferenza la moglie sopra l’orecchio. Lo schiaffo fu così forte da rivoltare la faccia di Kathleen. Ancora girata per nascondere le lacrime, la donna ripeté: «Vaffanculo, Chris!»

L’uomo sorrise. Ora che l’aveva fatta piangere, era soddisfatto. «Buona vicina», insistette, guardandola, malfermo sulle gambe. Poi si mosse con passo incerto in cerca di Bishop.

Questi aveva osservato la scena immobile da un angolo del portico, con i pollici infilati dietro la fibbia della cintura.

Chris sibilò con una smorfia: «Hai detto qualcosa?»

La domanda fu seguita da pesanti attimi di silenzio. Bishop restava zitto, con un lieve sorriso sulle labbra e gli occhi inespressivi. Il gigante avanzò verso di lui, accompagnato da un evidente odore di birra.

«Ti ho fatto una domanda, amico. Hai detto qualcosa?»

Bishop scosse la testa.

Chris si avvicinò. «Hai forse pensato qualcosa?»

Il caldo era diventato opprimente. Nell’oscurità si sentì il rumore di un bidone dei rifiuti che veniva chiuso e di una porta che sbatteva.

«Be’, in effetti, una cosa sì», rispose Bishop in modo tranquillo. «Penso che tu debba smettere di picchiare le donne.»

Kathleen si infilò velocemente fra i due. La lampada del portico le fece brillare le lacrime sulle guance.

«Dai, Chris, lascia stare. D’accordo? Smettila, basta. Non stava facendo niente; ti giuro che stavamo solo parlando.» Mise le mani sul petto. «Te lo giuro su Dio. Per favore.»

Chris e Bishop continuavano a fissarsi sopra la testa della donna. Il primo non riusciva più a tenere gli occhi aperti, tanto era ubriaco, e le gambe non sembravano più in grado di reggerlo. Aveva uno stupido sorriso sul volto.

«Sei fortunato che lei… fortunato… che c’è lei», disse.

Barcollò verso la moglie, che gli mise un braccio intorno alla vita per sorreggerlo.

«Forza», disse. «Vediamo di entrare in casa.»

Lo guidò verso la porta, facendo segno con la testa a Bishop di andarsene. Bishop annuì e si avviò verso casa senza smettere di sorridere.

«Buon vicino… fanculo!» Sentì Chris imprecare alle sue spalle, ma non si voltò. La porta si chiuse.

Un cane abbaiava in lontananza e le cicale continuavano a frinire.

9

Weiss aspettava davanti alla piccola casa bianca, con le mani nelle tasche dei pantaloni stropicciati e la giacca, anch’essa stropicciata, aperta. Era una giornata grigia, il vento faceva ondeggiare la cravatta sulla camicia bianca. Weiss vedeva la sua sagoma riflessa nella porta d’ingresso; con orgoglio, notò che chiunque lo avrebbe ancora scambiato per un poliziotto.

Quando però la madre del Topo aprì la porta, gli lanciò uno sguardo rassegnato ed esclamò: «Oh, no. Mi lasci indovinare, un altro investigatore privato».

«La signora Spender?» chiese Weiss.

«Entri, entri, cerchiamo di sbrigare questa faccenda.»

Era una donna anziana, stanca e acida, dai lineamenti sottili e affilati come quelli di suo figlio, il Topo. I capelli grigi incorniciavano un volto rugoso, altrettanto grigio. Mentre si faceva da parte per lasciarlo entrare i suoi occhi arrossati osservarono con tristezza la figura di Weiss.

Questi riconobbe l’odore della casa non appena varcò la soglia. Vecchia, stantia, insopportabilmente rispettabile. Si aspettava stampe floreali alle pareti, tappeti consunti e tende soffocanti; anche qualche immagine di Gesù qua e là. I mobili dovevano essere quelli ereditati dalla casa più grande in cui la donna aveva vissuto fino alla morte del marito. Weiss era certo di tutto questo prima ancora di superare l’atrio in cui era stato introdotto.