— Ha senso perché le disparità tra l’entità impiantata e l’ospite sono così evidenti che possiamo avere all’istante la conferma del successo di un trapianto. Se mettiamo la mente di uno spaniel nel corpo di un altro spaniel, se mettiamo uno scimpanzé in uno scimpanzé, una capra in una capra, come facciamo a sapere se abbiamo ottenuto qualcosa? La capra non ce lo può dire. Lo spaniel non ce lo può dire.
Shadrach aggrotta la fronte. — Ma sicuramente gli schemi delle onde elettriche del cervello di uno spaniel sono diversi da quelli di un altro, e questo si verifica velocemente. Se gli schemi delle onde cerebrali non sono unici per ciascun individuo, qual è il senso di tutto il vostro progetto?
— Certo che gli schemi sono unici — dice Crowfoot. — Ma abbiamo bisogno di una conferma a livello di comportamento visibile. Abbiamo fatto delle codifiche e dei trapianti intraspecie, ne abbiamo fatti molti, ma le differenze comportamentali dopo l’impianto sono troppo sottili per dimostrare qualcosa di significativo: perché noi mettiamo uno scimpanzé dentro a un altro, per fare un esempio, e per quel che ne sappiamo i cambiamenti rilevabili nelle onde cerebrali potrebbero anche essere semplicemente il risultato del fatto che abbiamo trafficato qua e là un po’ troppo. Mentre se digitalizziamo una pecora e la sistemiamo in una leonessa, e la leonessa a quel punto si trasforma in un animale da pascolo, abbiamo una conferma molto spettacolare del fatto che abbiamo ottenuto qualcosa. Giusto?
— Ma naturalmente sarebbe molto più spettacolare se le menti che trasferite fossero delle menti umane. E sarebbe molto più facile confermare che il trasferimento è stato effettivamente realizzato.
— Naturalmente.
— Solo che non avete fatto niente del genere.
— Non ancora — dice Nikki. — La prossima settimana, credo, tenteremo il primo trapianto umano.
Shadrach si sente attraversare da un lieve brivido. Finora è riuscito a mantenere un’impersonalità ammirevole durante questo giro, ha partecipato alla conversazione come se il suo interesse in Avatar fosse puramente professionale; ma non è così facile sfuggire all’idea delle conseguenze ultime di tutte queste diligenti ricerche scientifiche, ora che lui e Crowfoot hanno cominciato a parlare di spostare menti umane da un corpo all’altro. Shadrach non riesce a ignorare lo scopo finale di Avatar, la trasmigrazione della tigre nella gazzella: Gengis Mao è la tigre, e lui la gazzella inerme. Che ne sarà della gazzella, dopo che la tigre avrà portato a termine l’invasione? Shadrach prende brevemente in esame una via d’uscita che non aveva considerato in precedenza: se possono spostare la mente-pecora nel corpo-leonessa e la mente-Gengis Mao nel corpo-Shadrach, potranno altrettanto agevolmente spostare la mente-Shadrach in qualche altro corpo, e lasciarlo vivere in quella nuova sistemazione. Ma la fantasticheria svanisce nell’istante stesso in cui viene alla luce. Shadrach non vuole vivere in un altro corpo. Vuole tenersi il suo. È così simile a un sogno tutto questo, pensa. Tranne che non mi basterà svegliarmi per uscirne.
— Quanto tempo durerà la fase di sperimentazione con trapianti umani — chiede Shadrach — prima che sia tutto pronto per… per…
— Il trapianto del Presidente?
— Sì.
Con un’alzata di spalle, Nikki dice: — È una domanda difficile. Dipende dai problemi che incontreremo nei primi trapianti umani. Se ci sono problemi di adattamento psicologico di difficoltà imprevista, se il trapianto porta a reazioni psicotiche o a crolli cerebrali o a conflitti con residui di identità o cose del genere, potrebbe diventare questione di mesi, magari di anni, prima che ci arrischiamo a trasferire Gengis Mao in un corpo nuovo. I nostri esperimenti sugli animali non suggeriscono che problemi simili debbano insorgere; ma la mente umana è più complessa della mente degli spaniel, e dobbiamo tenere conto della possibilità che menti complesse reagiscano in modo complicato a una cosa traumatica come un trasferimento tra corpi. Quindi procederemo con cautela. A meno che, naturalmente, la morte imminente del corpo di Gengis Mao non renda necessario un trapianto della mente d’emergenza, nel qual caso suppongo che dovremmo semplicemente buttarci e stare a vedere cosa succede. Non è una prospettiva allettante, naturalmente.
— Naturalmente — fa eco Shadrach, secco.
— Preferiremmo di gran lunga procedere con ordine in queste cose. Un periodo di sperimentazione con soggetti umani e poi, se tutto è andato liscio fino a quel punto, vorremmo fare due o tre trapianti preliminari di Gengis Mao prima di…
— Cosa?
— Sì. Inserire il costrutto-Gengis Mao in diversi corpi-ospite provvisori, semplicemente per scoprire come reagisce al trapianto il Presidente, che adattamenti potrebbero essere necessari per…
— E cosa farete di tutti questi Gengis Mao che vi avanzano? — chiede Shadrach. — È una ridondanza suggestiva, è vero, tenerne in giro una riserva. Ma se cominciano a dare ordini tutti insieme potremmo…
— Oh, no — dice Crowfoot. — Non intendiamo fare in modo che il materiale Gengis Mao rimanga all’interno dei soggetti sperimentali. Quel tipo di ridondanza non è assolutamente gradita. Elimineremmo tutti i soggetti dopo aver concluso gli esperimenti. Effettueremmo una cancellazione completa della mente dopo la conclusione dei test.
— Oh. Sì. Sempre che il soggetto ve lo permetta.
— Cosa intendi dire?
— Non dimenticartelo, una volta fatto il trapianto non ti troverai davanti a un lacché inerme. Ti troverai davanti a Gengis Mao con un nuovo corpo addosso. Ti troverai a scontrarti con lo spirito dominante di quest’epoca storica. Potresti avere dei problemi.
— Ne dubito — dice Nikki allegra. — Prenderemo le nostre precauzioni. Seguimi.
Nikki lo porta con sé, fino al pannello di un grande computer, una parete di metallo grigioverde costellato di apparecchiature indefinibili. Qui dentro, gli dice, abbiamo immagazzinato l’essenza codificata di Gengis Mao, tutto quel che è stato registrato finora, un costrutto-personalità che è in grado di rispondere a uno stimolo precisamente allo stesso modo del Gengis Mao vivente, con un’approssimazione al settimo o all’ottavo decimale. Nikki si offre di dimostrare l’identità tra il costrutto e il Gengis Mao originale con qualche rapida prova di simulazione, ma Shadrach, improvvisamente scoraggiato, sta perdendo interesse; lei lo porta a vedere qualcun’altra delle meraviglie di Avatar, senza suscitare in lui maggiori entusiasmi, e infine, come se si stesse finalmente accorgendo che Shadrach ha smesso di fingere di essere deliziato da simili miracoli tecnologici, lo invita ad accompagnarla nel suo studio privato e chiude la porta a chiave.
Sono in piedi l’uno davanti all’altra, a neanche un metro di distanza, e Shadrach prova improvvisamente una eccitazione che lo sorprende, fisica, intensa. L’intensità lo lascia sbigottito. Pensava che il desiderio di lei l’avesse abbandonato per sempre, una volta scoperto come lei l’aveva tradito. Invece no. Ancora lì, vivo come prima. Il richiamo di quel corpo bronzeo e levigato, il ricordo del suo profumo, la luce di quegli immensi occhi scuri, perforanti. La sua principessa indiana, Pocahontas, Sacajawea. Perfino adesso ne è attirato, perfino adesso. Non vede più l’ingegnosa donna di scienza, il cui ingegno l’ha portato alla distruzione completa; vede solo la donna, bella, appassionata, irresistibile. Sente l’attrazione del suo corpo, ed è sicuro che lei sente lo stesso per il corpo di lui.
Non dovrebbe sorprenderlo tanto. Eccoli qui, uomo e donna; sono stati amanti per tanti mesi; sono soli, la porta è chiusa. Perché non dovrebbe essere assalito dal desiderio, nonostante tutto? Eppure, questo improvviso cambio di marcia, questo passaggio alla sfera erotica lo sconcerta. In un certo senso il sesso, che si impone inatteso su questo sfondo di tradimento, depressione, imminente condanna, pare irrilevante e fuori luogo, bizzarro e sgradito.