Per leggere i corpi con tatuaggi cosi complessi bisogna avere molta esperienza e conoscere perfettamente la tradizione del tatuaggio; per questo nella comunità criminale siberiana la figura del tatuatore ha un posto speciale: è come un sacerdote autorizzato da tutti gli altri a operare in nome loro.
Mi piaceva questa tradizione, ma ne sapevo poco, giusto quello che mi avevano raccontato mio nonno, mio padre e mio zio, e io volevo saperne di più, m’interessava l’idea di riuscire a leggere tutto quello che era scritto sui loro corpi.
Così passavo molto tempo a copiare i tatuaggi che vedevo in giro, e più li copiavo più ero disperato, perché non riuscivo a trovare neanche un tatuaggio uguale a un altro. Si ripetevano i soggetti principali, però i particolari cambiavano. Dopo un po’ ho capito che il segreto doveva essere proprio nei particolari e allora ho cominciato ad analizzarli: però era come cercare d’imparare una lingua straniera senza nessuno che te la insegna. Avevo notato che in alcune parti del corpo venivano messe certe immagini e in altre no. Ho provato a fare dei collegamenti tra le immagini, azzardando qualche ipotesi, ma tutto era molto instabile e sfuggente, come sabbia che passa tra le dita.
Verso i dieci anni ho cominciato a fare ai miei amici tatuaggi finti, disegnando con una biro immagini che inventavo da solo, ispirate a quelle che vedevo sui criminali adulti.
Più tardi, qualche vicino di casa ha iniziato a chiedermi di fargli un disegno specifico, che dopo lui sarebbe andato a farsi tatuare. Mi spiegava come lo voleva e io glielo riprodu-cevo sulla carta. Molti mi pagavano, non tanto, dieci rubli, ma a me pareva già straordinario che mi pagassero.
Così, senza volerlo, sono diventato un po’ famoso nel quartiere, e il vecchio tatuatore che eseguiva tutti i tatuaggi sui disegni che preparavo io, nonno Lèsa, mi ha mandato un paio di volte i suoi saluti e i suoi complimenti tramite delle persone. Io ero contento, mi sentivo importante.
Quando ho compiuto dodici anni, mio padre mi ha fatto un discorso serio: mi ha detto che ero già abbastanza grande e dovevo pensare a che cosa volevo fare della mia vita, per potermi staccare dai genitori ed essere indipendente. Molti miei amici avevano già partecipato a qualche traffico sotto la guida degli adulti, del resto anch’io avevo fatto con mio zio Sergeij una serie di giri, passando più volte la frontiera con dell’oro dentro lo zaino.
Io gli ho risposto che volevo imparare il mestiere del tatuatore.
Così qualche giorno dopo mi ha mandato a casa di nonno Lésa, per chiedergli se mi prendeva come allievo. Lui mi ha accolto bene, mi ha offerto del tè, ha sfogliato il quaderno dei miei disegni e ha esaminato i tatuaggi che mi ero fatto da solo.
— Complimenti, hai «la mano fredda», — ha commentato.
— Perché vuoi diventare tatuatore?
— Mi piace disegnare e voglio imparare la nostra tradizione, voglio capire come si leggono i tatuaggi…
Lui ha riso, poi si è alzato ed è uscito dalla stanza, quando è tornato teneva tra le mani una bacchetta da tatuaggio.
— Guardala bene, è con questa che io tatuo la gente onesta. E lei che mi ha fatto guadagnare il rispetto di tanti e il mio umile pane. E per lei che ho passato metà della mia esistenza in prigione, tormentato dagli sbirri; nella vita non sono riuscito ad avere nient’altro all’infuori di lei. Vai a casa e pensaci su. Se vuoi veramente fare questa vita torna da me, t’insegnerò tutto quello che so di questo mestiere.
Ci ho pensato su tutta la notte. Non mi piaceva l’idea di passare dentro la metà dei miei giorni e di essere torturato dagli sbirri, ma dato che le alternative che avevo davanti mi promettevano più о meno le stesse cose ho deciso di tentare.
Il giorno dopo ero di nuovo davanti alla porta di casa sua. Nonno Lèsa mi ha spiegato come prima cosa quello che significa «imparare» a essere un tatuatore. Dovevo aiutarlo a sbrigare le faccende di casa — le pulizie, la spesa, la legna — in modo che lui avesse tempo libero da dedicarmi.
E così è stato. Nonno Lésa a poco a poco mi ha insegnato tutto. Come preparare una postazione di lavoro per i tatuaggi, come si esegue il disegno, come trasferirlo al meglio sulla pelle.
Mi dava dei compiti da fare a casa: ad esempio dovevo inventare i modi in cui le immagini potevano intrecciarsi tra di loro, rimanendo però fedeli alla tradizione criminale. M’insegnava i significati delle immagini e il loro posizionamento sul corpo, raccontandomi l’origine di ognuna, la sua evoluzione nella tradizione siberiana.
Dopo un anno e mezzo, mi ha permesso di ritoccare un tatuaggio sbiadito a un cliente, un criminale appena uscito di prigione. Bastava ripassare le linee. Era un’immagine di lupo fatta molto male, mi ricordo che era sproporzionata, e allora io ho proposto di sistemare un po’ il tatuaggio anche dal punto di vista «artistico». Ho disegnato un’immagine nuova, con cui avrei potuto facilmente coprire la vecchia, e l’ho fatta vedere al mio maestro e al cliente. Hanno accettato. Così ho eseguito il tatuaggio, che è venuto bene: il criminale era contento e non finiva più di ringraziarmi.
Da quel momento il mio maestro mi ha lasciato aggiustare tutti i tatuaggi vecchi e sbiaditi, e quando mi sono fatto la mano, con il suo permesso ho cominciato a occuparmi di lavori nuovi, sulla pelle vergine.
Creavo immagini per i tatuaggi, usando con sempre maggiore facilità la simbologia della tradizione criminale siberiana.
Nonno Lésa, quando mi dava incarichi nuovi, non mi diceva più come dovevano essere le immagini, mi spiegava solamente il significato finale, codificato. Insomma, sfruttavo i simboli nella creazione delle immagini come si usano le lettere dell’alfabeto per scrivere le storie.
Mi capitava di conoscere persone con tatuaggi particolari, che avevano dietro delle storie interessanti. Molti di loro venivano a trovare il mio maestro, e lui mi faceva vedere i loro tatuaggi, spiegandomene il significato. Erano le cosiddette «firme», come le chiamano i criminali: tatuaggi che hanno un significato finale che ingloba un simbolo о direttamente il nome di qualche vecchia e potente autorità criminale. Sono come un lasciapassare, per evitare che una persona venga accolta male in qualche posto lontano da casa sua, magari per via di sospetti о delle sue scarse conoscenze nella società criminale. Di solito questi tatuaggi vengono eseguiti in maniera molto particolare, esiste un modo specifico per renderli unici, senza agganciare direttamente il loro significato al nome о al soprannome di chi li porta: bisogna rifarsi alle caratteristiche e alle particolarità del corpo e legarli ai significati degli altri tatuaggi. Ho visto le firme su diverse persone, e ogni volta ho scoperto modi diversi per mischiare i soggetti tra loro, per creare cose uniche.
Una volta ero a casa, è venuto a chiamarmi un ragazzo e mi ha detto che nonno Lésa voleva vedermi per mostrarmi qualcosa. L’ho seguito.
Dal mio maestro c’era gente, una decina di persone, qualcuno era del nostro quartiere, altri li vedevo per la prima volta: erano criminali che venivano da lontano, dalla Siberia. Stavano a un tavolo e parlavano piano tra loro. Il mio maestro mi ha presentato:
— Questo piede scalzo sta studiando per diventare un kol'sik[6]. Gli insegno bene, speriamo che un giorno, con l’aiuto del Nostro Signore, lo diventi davvero.
Dal tavolo si è alzato un uomo robusto, aveva una barba lunga e una serie di tatuaggi sulla faccia che io ho letto immediatamente: era un condannato a morte che all’ultimo momento aveva ricevuto la grazia.
— Allora saresti il figlio di Jurij?
— Si, sono Nicolai «Kolima», figlio di Jurij «Senza Radici», — ho risposto con voce decisa.