In galera, ha cominciato fin da subito a cantare la sua canzone, sperando che i compagni di cella gli credessero. Ma siccome in galera di solito ci stanno le persone molto esperte, capaci di capire la psicologia di ogni essere umano, quelli hanno subito sospettato di lui. Si sono messi in contatto con la comunità siberiana, chiedendo se qualcuno lo conosceva e sapeva qualcosa sui suoi tatuaggi, ma la risposta è stata negativa. Cosi lo hanno ammazzato, strangolandolo nel sonno con un asciugamano.
Appropriarsi di un tatuaggio di qualcun altro, secondo la tradizione siberiana è uno degli errori più grandi che puoi commettere per meritarti la morte. Ma questo vale solo per i tatuaggi esistenti, che qualcuno ha già addosso e che rappresentano un’informazione personale codificata. Invece usare la tradizione per creare tatuaggi agli estranei è considerato una specie di portafortuna. Tante persone che fanno affari con la gente che appartiene alla comunità criminale siberiana, amici e sostenitori, possono portare tatuaggi tradizionali, purché a tatuarli e a preparare il disegno sia un tatuatore siberiano, un esperto.
Il rapporto tra tatuatore e cliente è complesso, e richiede una spiegazione a parte.
Oltre a tatuare, creare disegni ed essere capace di leggerli sul corpo, il tatuatore deve sapersi comportare, seguire certe regole. Il processo di richiesta di un lavoro è molto lungo. Prima di «soffrire» un tatuaggio, il criminale deve essere presentato da un amico che garantisca per lui: solo a queste condizioni il tatuatore può accettare il lavoro.
Il tatuatore può rifiutare un cliente solo se ha qualche fondato sospetto sul suo conto. In questo caso, ha il diritto di chiedere al criminale di contattare, attraverso le conoscenze personali, qualche autorità famosa nella società siberiana che dia il suo permesso formale a farsi fare un tatuaggio. Il tatuatore deve però comportarsi in modo gentile, per non offendere nessuno; non può parlare di sospetti, deve limitarsi a chiedere un favore: quello di «portare una notizia» a una vecchia autorità. E anche quando, grazie ad amici, il criminale è arrivato fino a quest’autorità, non deve mai dire direttamente «Voglio il permesso per tatuarmi», ma solamente «Il tatuatore Taldeitali chiede se lei può mandargli i suoi saluti attraverso di me». Cosi il vecchio gli lascia una lettera о manda con lui uno dei suoi.
Il tatuatore, secondo la regola criminale, può rifiutare un lavoro solo in caso di lutto о di grave malattia. Dal canto suo, il criminale non può costringere il tatuatore a rispettare tempi imposti da lui: cosi spesso un tatuaggio grande aspetta anche qualche anno.
Anche le modalità del pagamento rispettano un rituale. I criminali onesti, per una questione di dignità, non parlano mai di soldi. Nella comunità siberiana tutti i beni materiali, specialmente i soldi, vengono disprezzati: per questo non vengono neanche nominati. Se i siberiani parlano di soldi, li chiamano «quelli» о «spazzatura», «cavolfiore», «limoni», oppure dicono solo le cifre, pronunciano i numeri. I siberiani non tengono soldi in casa perché si dice che portano male in famiglia, distruggono la felicità e «spaventano» la fortuna. Li tengono vicino a casa, in giardino, in qualche nascondiglio particolare, magari in una costruzione per animali domestici.
Cosi prima di fare un tatuaggio non si parla mai di un prezzo stabilito, non si parla proprio di niente che sia legato al denaro. Solo dopo, quando il lavoro è finito, il cliente chiede al tatuatore «Cosa ti devo», e il tatuatore risponde «Dammi quello che è giusto»: è questa la risposta ritenuta più onesta, e quindi più usata dai tatuatori siberiani.
A ogni modo i criminali in libertà pagano bene il lavoro del tatuatore: in denaro, armi, icone, macchine, persino immobili. In prigione è diverso: lì il tatuatore si accontenta di un po’ di sigarette, di un pacchetto di tè о di un barattolo di marmellata, di un accendino о una scatola di fiammiferi, ogni tanto anche di qualche soldo.
Tra tatuatori esiste una collaborazione e fratellanza assoluta. In libertà vanno a trovarsi l’un l’altro, si scambiano le tecniche, le ultime novità.
I tatuatori non compiono crimini e non partecipano a nessun affare criminale: questo si spiega in due modi, perché dedicano tutto il loro tempo al lavoro e perché all’epoca del-l’Urss tatuare era ritenuto un crimine in sé, e per questa attività si andava in galera.
In prigione i tatuatori condividono spesso e volentieri i clienti, perché magari a uno piace di più fare un tipo d’immagini, e a qualcun altro un altro tipo. Di regola il più vecchio segue il più giovane, gli sta un po’ dietro e gli insegna quello che ha imparato nella vita. Molti tatuaggi vengono eseguiti da tatuatori diversi, perché i criminali cambiano spesso prigione о cella. Così il lavoro che ha cominciato un tatuatore può essere continuato da un altro e terminato da un terzo, però la tradizione dice che bisogna chiedere il permesso a quello che ha iniziato il tatuaggio. E chiedere è una faccenda complicata: nella cultura criminale siberiana non si chiede mai qualcosa direttamente, esiste una forma di comunicazione che soddisfa le persone e sostituisce le richieste esplicite. Ad esempio, se nella prigione dove lavora un tatuatore arriva un nuovo criminale con un tatuaggio non finito, il tatuatore si fa dire il nome del maestro che ha cominciato quel lavoro. Poi scrive una lettera in lingua criminale, che attraverso la posta segreta dei detenuti, chiamata «strada», fa il suo percorso fino al destinatario. E una lettera in apparenza molto gentile, tutta piena di complimenti, ma in realtà è formale, segue i principi dell’educazione siberiana. Se questa lettera venisse letta da una persona estranea al mondo criminale gli sembrerebbe un’accozzaglia di parole sciocche.
Tante volte anch’io ho scritto queste lettere, in galera о in libertà. Mi ricordo un caso particolare: stavo scontando la mia terza condanna, già da adulto, quando nella nostra cella è arrivato un criminale siberiano che aveva sulla schiena un bellissimo tatuaggio da finire. Aveva cominciato a farglielo un famoso tatuatore anziano, Afanasij «Nebbia». Avevo sentito tanto parlare di lui, la sua vita era leggendaria. Dicevano che aveva iniziato a tatuare molto tardi, verso i quarantanni, prima era un criminale qualsiasi, rapinava i treni. In una sparatoria era stato ferito alla testa ed era diventato sordo e muto. Improvvisamente si era messo a fare disegni molto più che belli, perfetti, e poi aveva imparato a tatuare. In un suo diario lo spiegava così: diceva di sentire in continuazione nella sua testa le voci di Dio e degli angeli che gli suggerivano dei soggetti iconografici legati alla religione ortodossa siberiana. Questo diario era molto famoso nella nostra comunità, la gente se lo passava e lo copiava a mano, come si fa nella società criminale con qualsiasi documento о testimonianza scritta da qualcuno che viene considerato «segnato» da Dio. L’avevo letto anch’io quand’ero minorenne, me l’aveva passato il mio maestro e io l’avevo copiato riscrivendolo su un quaderno, e mentre lo facevo sentivo tante cose entrare nella mia testa.
Avevo visto solo due volte i suoi lavori e mi avevano colpito per come sembravano sofferte quelle immagini. Lui aveva una tecnica particolare, non era molto raffinato, anzi direi che era proprio grezzo, però riusciva a creare delle forme, dei soggetti che andavano dritti all’immaginazione per come erano presentati sulla pelle. Erano diversi da tutti gli altri, quando li guardavi non ti sembrava di vedere un corpo con sopra un tatuaggio, ma era il tatuaggio stesso a essere una cosa viva, con sotto un corpo. Era impressionante, più forte di qualsiasi altra cosa avessi visto sulla pelle umana.
Desideravo conoscerlo da sempre, Nebbia, e sognavo di trovare il modo di fargli sapere di me, dei miei lavori.
Il criminale che era finito nella nostra cella aveva un tatuaggio sulla schiena chiamato «La Madre», molto complesso e pieno di significati nascosti. Come tutti i tatuaggi grandi La Madre è il centro di una galassia: nel disegno s’incrociano, e a volte si sovrappongono, i significati delle immagini più piccole, arrotolandosi in una spirale per andare a finire nell’immagine principale e scomparire nel momento esatto in cui la lettura dei particolari porta l’attenzione su un unico soggetto.