Nia fece il gesto dell’assenso. — Il Popolo del Ferro ha permesso alla gente senza pelo di venire in visita. Non so che cosa abbia deciso il Popolo dell’Ambra.
— È così che l’hai saputo — disse la guida. — Hai visto queste persone.
— Sì — rispose Nia. — Ma non avevo visto il genere di barca che avete descritto.
Le donne fecero domande. Nia disse il meno possibile. Non voleva descrivere il lungo viaggio da est. Non voleva spiegare perché non viveva con la propria gente.
— È evidente che sai più di quello che dici — dichiarò alla fine la guida. — È una tua decisione e non ci riguarda. Noi siamo state inviate presso il Popolo dell’Ambra.
Il giorno seguente le donne proseguirono il loro viaggio. Nia finì di lavorare alla fucina.
— Era quello che aspettavo — disse Tanajin.
Nia fece il gesto della domanda.
— Ulzai continua ad apparirmi in sogno. Parla in tono pressante. Non riesco a capirlo. Di solito è bagnato. Questo dovrebbe significare che è annegato, ma non lo so con certezza. Che cosa vuole? Perché mi importuna?
Nia fece il gesto dell’ignoranza.
— Fabbricherò una nuova zattera e discenderò il fiume. Chiederò di lui al villaggio della gente senza pelo. Può darsi che abbiano trovato il suo corpo.
"Dopo di che proseguirò il mio viaggio. C’è un villaggio sul fiume oltre il lago. Le persone laggiù non si muovono mai. Le loro case sono di legno e loro ci abitano sempre." Tanajin fece una pausa.
"Il loro dono è un certo tipo di pesce molto grosso. Lo affumicano e lo marinano. Conservano anche le uova del pesce e le cose che il pesce maschio produce. La loro sciamana è famosa per la sua saggezza. Le chiederò di spiegarmi i miei sogni. Forse mi serve una cerimonia di propiziazione.
— È possibile — disse Nia. — E il traghetto?
— Le persone possono fare com’erano abituate a fare prima del mio arrivo.
— Il traghetto è stato il tuo dono.
— Tu continuerai a viaggiare. Sei fatta così. Se resterò qui da sola, impazzirò. Troverò un nuovo dono, forse fra il Popolo delle Uova di Pesce, forse più a sud.
Nia aiutò Tanajin a fabbricare la zattera. Ci vollero cinque giorni. Quando ebbero finito, disse: — Insegnami a usare il remo.
— Perché? — s’informò Tanajin.
— Penso di restare qui per un po’ di tempo. Quando verranno delle persone, le traghetterò. Spiegherò che te ne sei andata e che anch’io partirò presto. La notizia si diffonderà. Le persone sapranno di dover portare con sé delle asce.
Tanajin fece il gesto dell’assenso.
Rimase ancora una quindicina di giorni. Passarono la maggior parte delle giornate sull’acqua. Nia imparò a ruotare il grosso e pesante remo e a conoscere ciò che si nascondeva sotto la superficie dell’acqua. C’erano isole che emergevano soltanto negli anni di maggior siccità, ma erano sempre là e la zattera poteva rimanere impigliata su una di esse. C’erano tronchi, più di quanti potesse contarne una persona. Alcuni galleggiavano sulla superficie dell’acqua, altri erano sommersi. Alcuni erano rimasti incagliati nel fango del fondo del fiume e stavano ritti come alberi vivi, i rami che salivano verso la superficie. Altri erano trattenuti meno saldamente dal fango e ondeggiavano avanti e indietro nell’acqua.
— Come canne al vento — disse Tanajin. — O un albero che sta per spezzarsi.
— Aiya! - esclamò Nia.
— Ogni tipo di tronco è pericoloso. Se la zattera resta impigliata, potresti non riuscire a liberarla. Non lasciar mai penzolare una fune. Porta sempre con te un coltello. E tieni sempre d’occhio la superficie. Se ci sono gorghi o mulinelli, evita quel punto.
— È molto più complicato di quanto pensassi — osservò Nia.
Tanajin parlò in tono iroso. — Voi persone del nord siete così ignoranti! Pensate che il fiume sia come la pianura. Pensate che tutto ciò che importa sia in superficie, dove qualunque sciocco può vederlo.
Nia tenne i denti stretti. Un’insegnante aveva sempre diritto almeno a qualche insulto. Tutti lo sapevano. Era vero fra tutti i popoli.
Finalmente Tanajin disse: — Non sei ancora esperta, e non sai abbastanza sul fiume, ma credo che tu sia in grado di farcela. Ora posso lasciarti.
Nia fece il gesto dell’intesa.
L’indomani mattina Tanajin ammucchiò le sue cose sulla nuova zattera. Nia l’aiutò a spingere nel fiume la zattera. Tanajin vi salì e fece il gesto dell’addio.
Nia agitò la mano in risposta.
La zattera si allontanò. Tanajin incominciò ad azionare il remo. Nia restò a osservarla. La donna diventò sempre più piccola finché non sparì. La zattera divenne un puntino sul fiume ampio e splendente. Nia si riparò gli occhi con la mano. Anche la zattera era sparita.
Nia trasportò le proprie cose nella tenda vuota, ma non vi dormì. Aveva l’odore di Tanajin e le pareti erano sostenute da pezzi di legno. Erano troppo robuste. Una casa come si deve doveva muoversi al vento, non troppo, ma abbastanza perché le persone all’interno potessero sapere che cosa succedeva sulla pianura.
Ogni sera portava fuori una coperta davanti alla tenda. Si coricava presso il fuoco e guardava in su. Incominciò a notare delle cose.
Una di queste era una luce che si muoveva come una luna, ma era del colore sbagliato: un bianco argenteo. Seguiva una nuova traiettoria, diversa da qualunque delle vecchie lune. Notte dopo notte attraversava il cielo sopra di lei. Non aveva idea di che cosa fosse. Forse era tornata una delle Due Donne Disperse?
C’era anche una nuova stella. Appariva nello stesso punto ogni sera: al centro del cielo. Le altre stelle si muovevano tutt’attorno, ma quella non si muoveva affatto.
C’erano altre luci: rosse, bianche e verdi. Si trovavano quasi tutte a sud, vicino all’orizzonte. Si spostavano rapidamente in tutte le direzioni.
Nia incominciò a sentirsi inquieta. Una cosa era che le persone senza pelo creassero un nuovo genere di nuvola. C’erano molti diversi tipi di nuvole e mutavano sempre. Era improbabile che un tipo in più causasse guai. Ma una nuova stella! Una nuova luna! Luci che vagavano come insetti! Qui! Là! Su! Giù!
Dall’altra parte del fiume si alzò del fumo. Nia vi andò. C’era un uomo in attesa. Un tipo grande e grosso dalla pelliccia color grigio ferro.
— E tu chi sei? — chiese. — Dov’è Tanajin? — Parlava con un accento che Nia non riconosceva.
— Se ne è andata. Mi occupo io del traghetto.
— Uh! — disse l’uomo.
Nia lo traghettò sull’altra sponda insieme a due cornacurve. Lui le diede del sale in un sacchetto di pelle. La pelle era morbida e sottile. Nia non sapeva da che specie di animale provenisse. L’uomo non le spiegò chi fosse né perché viaggiasse attraverso il territorio del Popolo del Ferro. Nia decise di non chiederglielo.
Trascorsero altri giorni. La nuova luna continuava a viaggiare nel cielo. La nuova stella restava al centro del cielo. Di quando in quando vedeva un’altra di quelle lunghe nuvole.
Tornarono le Donne dei Canestri. La loro guida disse che il Popolo dell’Ambra non era stato di grande aiuto. — Sono impegnate a eseguire cerimonie di prevenzione e propiziazione. Qualcosa è andato storto. Non hanno voluto spiegarci che cosa, a parte dirci che dietro tutto questo c’era l’Imbroglione.
"È uno spirito che non conosciamo, sebbene somigli un po’ alla nostra Donna dalla Faccia di Uccello. Una sobillatrice! Una spiona e una bugiarda! Anche se devo riconoscere che dobbiamo molto alla Donna dalla Faccia di Uccello. Lei ci ha dato il fuoco e ci ha insegnato a intrecciare canestri."
Un’altra donna disse: — Non dovremmo esserle troppo grate. Ha convinto lei la Prima Gente che non c’era niente di sbagliato nell’incesto. E ha lasciato libero nel mondo il piccolo insetto nero della morte.