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La guida si accigliò. — Le donne del Popolo dell’Ambra hanno continuato a parlare di questo spirito. Questo Imbroglione. Ci hanno detto che le persone senza pelo non sono il problema. L’Imbroglione è il problema. È lui che sta causando cambiamenti nel cielo.

— Le persone senza pelo hanno fatto una visita laggiù? — s’informò Nia. Puntò il dito verso est.

La guida fece il gesto che significava "no". — Non sono sicura che ci abbiano creduto quando abbiamo raccontato loro delle persone senza pelo e della barca che poteva volare. Forse pensavano che fossimo delle bugiarde, come l’Imbroglione.

— Aiya! - esclamò Nia. Le traghettò oltre il fiume, poi tornò indietro.

Ormai la foresta lungo il fiume aveva finito di cambiare colore. Gli alberi erano gialli e arancione. Le canne nelle paludi erano rosse. Stormi di uccelli viaggiavano nel cielo come nuvole.

Nia incominciò a preoccuparsi del cibo. Stava per rimanere senza. Si avvicinava l’inverno. Fabbricò delle trappole per i pesci e le sistemò nel fiume. Poi andò nella foresta, tagliò della legna e fece una rastrelliera per affumicare. Era il modo più sicuro per conservare pesce e carne. Il fumo avrebbe nascosto l’odore del cibo. Gli animali della foresta non sarebbero venuti a cercare qualcosa da mangiare.

Fabbricò delle trappole da collocare nella foresta. Poi si costruì un arco. Era del tipo poco resistente usato dalla gente del sud, ma non aveva i materiali per un arco fatto nel modo giusto, con strati di corno, e inoltre non era una fabbricante di archi.

Com’era possibile per gli uomini sopravvivere da soli? Una donna aveva bisogno di un intero villaggio pieno di persone dalle diverse conoscenze.

— Bene — disse fra sé. — So che è possibile. Sono già vissuta da sola in precedenza, salvo per Enshi, e lui non era poi un grande aiuto. Posso farlo di nuovo.

Raccolse cibo. Arrivarono nuvole da ovest, grigie e fitte, e fecero cadere pioggia su di lei. La pioggia era fredda e intensa. Le foglie cadevano dagli alberi. Si posavano al suolo nella foresta e volavano oltre il fiume. Rosse. Gialle. Arancione. Rosa. Porpora.

Gli stormi di uccelli si fecero meno frequenti. Gli insetti erano quasi spariti.

Notte e giorno, Nia sorvegliava il fuoco per affumicare. Il fumo grigio saliva in volute verso il cielo grigio. Dalla foresta non uscirono animali per scoprire se aveva qualcosa di commestibile. In questo era fortunata. Era il periodo dell’anno in cui ogni specie di creatura andava in cerca di cibo, sebbene non in preda alla disperazione. La disperazione sarebbe venuta più tardi con la neve.

Un pomeriggio, Nia se ne stava di fronte alla tenda, occupata a pulire un uccello terrestre. Aprì il ventre dell’animale per togliere i visceri. Uno dei suoi cornacurve fischiò: un segnale di allarme. Nia alzò lo sguardo. Dalla pista che seguiva il fiume si stava avvicinando un cavaliere. Nia si alzò, tenendo in mano i visceri sanguinolenti. Erano ancora attaccati all’uccello e, alzandosi in piedi, Nia sollevò l’uccello dal suolo. Per un attimo questo penzolò all’estremità di un pezzo di intestino. Poi il budello si spezzò e l’uccello cadde. Il cavaliere tirò le redini del suo animale.

Era grande e dalle spalle ampie. La sua pelliccia luccicava nonostante il cielo fosse grigio e scuro. La tunica che indossava era gialla e coperta di ricami. Portava braccialetti d’oro e un ciondolo d’oro a forma di pesce appeso a una collana di perline d’ambra. — Ho sentito dire che la vecchia donna del traghetto se ne era andata. Sembra che la nuova appartenga al Popolo del Ferro. Non parla molto e non racconta niente di sé.

— Chi può avertelo detto, Inzara?

— L’uomo il cui dono è il sale. — Inzara smontò di sella. — Perché non finisci quello che stavi facendo e poi non ti lavi le mani?

Condusse il suo animale dietro la tenda. Nia pulì l’uccello e si lavò le mani nel fiume.

Inzara tornò, portando le sue bisacce da sella.

— Che cosa ci fai qui? Non dovresti essere nella Terra dell’Inverno, a difendere il tuo territorio?

— Se ne occuperanno per me i miei fratelli. In ogni caso, non ha molta importanza in questo periodo dell’anno.

Lei infilzò l’uccello sullo spiedo e lo sistemò sopra il fuoco. Inzara si accovacciò. Aiya! Era grande e grosso, perfino appoggiato sui talloni.

— È abbastanza evidente che il mondo sta cambiando. C’è una nuova stella nel cielo, e anche una nuova luna. Qualche tempo fa un giovane è uscito dal villaggio. L’ho fermato e ho parlato con lui prima di mandarlo per la sua strada. Mi ha detto che erano venute persone da ovest, portando le loro provviste dentro canestri e raccontando una strana storia. Da loro erano giunti dei visitatori che viaggiavano su un uccello fatto di metallo. I visitatori erano senza pelo. Le persone dell’ovest volevano consigli. Ma le donne del mio popolo erano indaffarate. Da quando si sono recate sull’isola della Cordaia non fanno che litigare ed eseguire cerimonie. La guardiana della torre era morta e la torre stessa era danneggiata.

— Noi non abbiamo toccato la torre — disse Nia.

— Sono stati gli uccelli, o il vento — ribatté Inzara. — In ogni caso, i clan si stanno scambiando accuse di magia e pensieri malvagi. È quello che ha detto il giovane. Avrei potuto spiegare che cosa era accaduto realmente, ma chi dà ascolto agli uomini su queste cose? — Fece una pausa. — Ho pensato: il mondo sta cambiando, ed è evidente chi c’è dietro tutti questi cambiamenti. Le persone senza pelo, l’oracolo e Nia.

"È arrivato l’uomo che porta il sale. Mi ha parlato della donna del traghetto sul fiume. Ho pensato: quasi certamente si tratta di Nia. Quante strane donne possono esserci, che vagano per la pianura?"

— Un’opinione giusta, ma perché ti sei preoccupato? Non credo di essere responsabile di nessuno dei cambiamenti, e se lo sono, ormai non c’è niente che possa fare a questo riguardo.

— Sono responsabili le persone senza pelo? — domandò Inzara.

— Forse. Credo di sì.

— E tu sei loro amica.

— Forse.

— Dimmi dove sarai in primavera.

Nia alzò lo sguardo, sorpresa. — Perché?

— Tu hai molta fortuna, più di qualunque donna di cui abbia mai sentito parlare. Non sono sicuro di che genere di fortuna sia. A volte sembra più cattiva che buona. Ma è senza dubbio potente, e non c’è alcun dubbio sulla mia fortuna. È sempre buona.

"Se tu avessi un figlio, e il padre fossi io, o Ara, o Tzoon, pensa alla fortuna che avrebbe! Pensa al potere!"

Nia si sentì ancora più sorpresa. Se ne restò lì a bocca aperta. Le mani rimasero dov’erano, sulle cosce.

L’uomo proseguì: — Ne abbiamo discusso, noi tre. Se ti interessa, tireremo a sorte. Quello che prenderà la paglia più lunga verrà a cercarti. Questa zona dovrebbe essere buona. Non è probabile che ci siano altri uomini nei dintorni. Né donne. È facile distrarsi nel periodo degli accoppiamenti, e questa è una cosa che dovrebbe essere fatta nel modo corretto. Con attenzione.

— No — disse Nia.

Inzara fece il gesto della domanda.

— Ho già fatto troppe cose strane, e sto diventando vecchia. Non credo di volere altri figli.

— Hai già dei figli? Ci sono figlie femmine? Quanti anni hanno?

Nia fece il gesto che significava "smettila" o "taci".

— Perché? — s’informò Inzara.

— Tutto questo è assurdo. Gli uomini non scelgono le donne con le quali si accoppiano. Agli uomini non importa chi siano i loro figli o come siano.

— E tu che ne sai degli uomini? Che cosa ne sanno le donne in generale? Ve ne state sedute nei vostri villaggi! Chiacchierate! Fate pettegolezzi! Vi dite l’una con l’altra come sono gli uomini. Come potete capire qualcosa di noi? Hai mai passato un inverno da sola sulla pianura?