All’incirca a metà pomeriggio arrivammo alle rapide. Non erano niente di speciale: una serie di graduali dislivelli. Non si vedevano rocce, soltanto un po’ di schiuma. Ma sbarravano il fiume. Non potevamo proseguire. Sopra di noi una scia di fumo bianco si sollevava a spirale dalla sommità della parete della valle.
L’altra barca virò verso la riva. La seguimmo, avvicinandoci lentamente all’argine. Agopian avanzò carponi e legò la nostra prua a un albero che si sporgeva sul fiume. Avvolsi una seconda cima da ormeggio attorno a un alberello vicino alla poppa. Il motore si arrestò. Sentii lo stormire delle foglie, le grida degli uccelli. I muscoli del mio collo si rilassarono.
— Hai notato — dissi — come il rumore delle macchine sia irritante?
Lui parve sorpreso. — Se è così, siamo nei guai nello spazio.
Aveva ragione. Ogni nave e ogni stazione erano piene del rumore delle macchine.
Nia disse: — Stavo pensando.
Feci il gesto che significava "continua".
— Non è una buona idea mostrare a chiunque troppe cose strane tutte insieme. Tu vieni nel villaggio con me. Se c’è Angai, e dovrebbe esserci, le spiegheremo del tuo popolo. Lei è in grado di decidere che cosa fare. Forse permetterà agli uomini di entrare.
— Okay.
Scendemmo dalla barca.
Eddie venne verso di noi lungo la riva. — Ho parlato con la Ivanova e il signor Fang. Pensiamo che dovresti andare tu su al villaggio, da sola o con Nia. — Sorrise. — La Ivanova è preoccupata per Nia, visto che ha avuto un difficile rapporto con la sua gente. Ma io voglio che vada. Il signor Fang pensa che dovremmo lasciar decidere a te e a Nia.
Diedi un’occhiata a Nia. — Le persone sull’altra barca hanno avuto la stessa idea. Vogliono che andiamo noi due.
— È difficile capire la tua gente, Li-sa. Quando incomincio a pensare che siete normali, fate qualcosa di assolutamente insensato. Quando decido che siete davvero pazzi, prendete una decisione come questa, che è normale e giusta. Non so mai che cosa aspettarmi.
Feci il gesto che significava "forse è così".
Ci facemmo strada fra gli arbusti sull’argine del fiume. Al di là c’era una pista. Nia la prese e io la seguii su per la scogliera del fiume.
In cima c’era una pianura, quasi piatta in quel punto. Era spazzata da un vento irregolare che cambiava spesso direzione. La vegetazione mutava colore con il movimento delle foglie. Marrone chiaro. Giallo. Grigioverde. Grigio argento. I colori si muovevano per la pianura, attraverso luce e ombra, illuminandosi e offuscandosi.
Nia disse:
"Ora, finalmente,
c’è abbastanza spazio.
"Aiya!
C’è spazio!
"La mia persona interiore
può raddrizzarsi.
"La mia persona interiore
può espandersi."
Alla nostra sinistra, in lontananza, c’era un villaggio di tende e di carri. Il fumo saliva da molti fuochi. Oltre il villaggio, a nord e a ovest, la pianura era costellata di animali. Cornacurve. I margini della mandria. O questi erano semplicemente gli animali domestici?
— Muoviamoci — disse Nia. — Voglio che questo incontro finisca alla svelta.
C’erano bambini che giocavano ai margini del villaggio: una dozzina circa. Alcuni portavano gonnellini, altri erano nudi, fatta eccezione per alcuni ornamenti di diverso genere: cinture fatte di cuoio e ottone, braccialetti di rame, collane di perline dai vivaci colori.
I bambini erano organizzati in due file, che si fronteggiavano. Fra le file c’erano due bambini con in mano un bastone. I bambini delle file lanciavano avanti e indietro una palla; i bambini con i bastoni cercavano di buttarla giù.
Riuscii a capire solo questo prima che i bambini ci vedessero. Uno gridò. Altri due fuggirono. Gli altri si voltarono a fissarci.
Nia disse: — Questa persona ha un aspetto strano, ma è più o meno normale. Ce ne sono altre come lei più sotto, lungo il fiume. Sono venute in visita. Hanno bei doni e storie interessanti.
— Uh! — esclamò uno dei ragazzini. Non riuscii a capire se fosse un maschio o una femmina. Era alto e snello, con la pelliccia color castano dorato e un gonnellino giallo, ricamato con filo blu scuro. Il bambino, o bambina che fosse, portava un paio di braccialetti d’argento, uno per polso, e teneva in mano un bastone. — Sei sicura che non siano demoni?
— Ho viaggiato con questa persona per tutto il tragitto dalla foresta orientale. Non ha mai fatto niente che fosse minimamente demoniaco. È una buona amica.
— Uh! — ripeté quello. — È meglio che veniate con me. La mia madre adottiva è la sciamana.
— Come ti chiami? — chiese Nia.
— Hua.
— Io sono Nia.
La bambina — perché ora sapevo che era una femmina — si era voltata, pronta a guidarci. Ora si girò di nuovo, osservando Nia con i grandi e limpidi occhi gialli.
— Come sta tuo fratello? — s’informò Nia.
— Si sta facendo difficile. Angai dice che si sta avvicinando il cambiamento.
Nia aggrottò la fronte. — Non è troppo giovane?
— Avverrà presto. Ma non tanto presto. Sei stata lontana per molto tempo.
— Questo è vero — disse Nia.
La bambina ci condusse nel villaggio. Le tende ai margini erano piccole e molto distanti fra loro. Non vidi nessuno lì attorno.
— Che cosa sono? — chiesi.
Nia rispose. — Appartengono agli uomini. Quelli vecchi, che sono tornati nel villaggio.
— Non vedo nessuno. Dove sono?
— A caccia. O forse seduti dove nessuno li vede. Gli uomini alzano le loro tende in modo che l’entrata guardi verso la pianura. Se sono in casa, saranno… — Fece un ampio gesto circolare.
— Che cos’ha che non va questa persona? — domandò Hua. — Non sa niente?
— Non molto — rispose Nia.
Quando ci addentrammo di più nel villaggio, vidi che le tende erano più grandi e più vicine fra loro. Erano fatte di cuoio steso su una serie di pali. Ogni tenda aveva da sei a otto punte. Sebbene fossero spaziose, non erano particolarmente alte; somigliavano più a una catena montuosa che a un tipì.
I lembi erano aperti, sorretti da pali in modo da formare dei ripari che facevano ombra alle entrate. C’erano donne sedute sotto questi ripari, e bambini che giocavano nelle strade.
Le donne gridavano verso di noi in una lingua che non capivo. Hua rispondeva nella stessa lingua. Le donne si alzarono, abbandonando il loro lavoro. Radunarono i bambini e ci seguirono. Ben presto ci trovammo alla testa di una processione.
— Che cosa succede? — chiesi.
— Si stanno informando su di noi. Hua sta dicendo loro di venire ad ascoltare mentre Angai scopre che cosa sei.
— Oh.
Nia aggiunse: — Non mi piace essere seguita.
Feci il gesto dell’approvazione.
Appariva evidente che il villaggio si trovava da poco tempo in quel luogo. Fra le tende e sotto i carri crescevano piante e sbocciavano fiori. Gli insetti saltellavano e ronzavano. Un cornacurve legato mangiava le foglie di un arbusto in mezzo a quella che sembrava essere la strada principale.
Passammo accanto all’animale. Quello smise di mangiare e ci guardò, poi alzò la coda e defecò.
Un altro segno che il villaggio era recente. Avevo visto pochissimi rifiuti e sterco.
Osservai i carri. Erano dappertutto, sparpagliati fra le tende. Avevano una struttura principale rettangolare fatta di legno e la copertura curva fatta di cuoio steso su un’intelaiatura di legno. I lati erano intagliati in modo elaborato. La parte superiore era decorata con strisce di stoffa dai vivaci colori che pendevano sul davanti e sul retro, formando tende di nastri che ondeggiavano al vento: rossi, gialli, azzurri, verdi, arancione. Ogni carro aveva quattro ruote, tenute insieme con ferro. I raggi erano intagliati e dipinti.
Attraversammo uno spazio aperto, pieno di altre piante. Hua si fermò di fronte a una tenda. Era grande e c’erano pali tutt’attorno: insegne. Una rappresentava un albero di metallo, pieno di uccelli d’oro e d’argento. Dai rami inferiori pendevano campanelle che si muovevano al vento e suonavano.