— Credo di sì.
Agopian si sedette al posto di guida, diede un colpetto a un interruttore e parlò in russo.
— Che cosa sta dicendo? — domandò il ragazzo.
— Non lo so. Noi abbiamo molte lingue e io ne conosco solo qualcuna.
— Allora non venite tutti dallo stesso villaggio?
— No.
La radio parlò in russo. Agopian avviò il motore. Accanto a me, il ragazzo serrò le mani. Agopian disse: — Prendi le funi di ormeggio, Lixia.
Ubbidii, inerpicandomi fra il sottobosco. Sentii una voce sopra di me. Non credo che fosse il bambino che aveva parlato prima. Salii di nuovo sulla barca, che si allontanò dalla riva. Eddie uscì dalla cabina.
— Che cosa sta succedendo?
Glielo dissi.
Lui si accigliò.
— Mettiamola così — dissi. — Potrebbe essere la sua ultima opportunità.
— Come Tatiana al villaggio? — Eddie sorrise. — Okay.
— L’uomo grande e grosso è arrabbiato? — domandò Anasu.
— No. — Guardai verso riva. Ora si vedevano un paio di bambini. Uno se ne stava silenzioso sulla riva e ci osservava. L’altro era appeso con una mano a un ramo come un gibbone. I suoi piedi scalciavano. Chissà se era un maschio o una femmina?
— Quello è Gerat — disse Anasu.
Un istante dopo Gerat perse la presa. Cadde nell’acqua e si mise a sguazzare, gridando. L’altro bambino non gli prestò la minima attenzione.
— Te l’ho detto — fece Anasu. — Fa sempre baccano.
Arrivammo al centro del fiume. Agopian invertì la rotta e diresse la barca contro corrente verso le rapide, poi ridusse la velocità. Il rumore del motore passò da un rombo a un brontolio.
— Perché la vostra barca fa tanto rumore? — s’informò Anasu. — È affamata?
— Non ci mangerà, se è questo che ti stai chiedendo.
— È viva?
Gerat si arrampicò sulla riva. La sua pelliccia era fradicia e arruffata. Il ragazzo aveva un’aria miserabile perfino da lontano.
— No — risposi. — È un utensile.
Il ragazzo fece tre passi avanti di corsa, saltò e si aggrappò al bordo del tetto della cabina, tirandosi su con una giravolta.
— Ehi! — esclamò Eddie.
Anasu si drizzò in piedi, a gambe divaricate.
— Scendi giù di lì! — gridò Eddie.
Il ragazzo agitò la mano.
Gli altri bambini lanciarono grida eccitate. Ne vidi cinque.
— Io diventerò un uomo grande e grosso! — gridò Anasu. — Sarò come mio zio. Voi piccoletti, ascoltate! Preparatevi a farvi indietro!
— Lo dici tu! — gridò una voce in risposta.
La barca si stava spostando molto lentamente verso valle. Anasu tentò un passo di danza: una scivolata e un saltello.
"Io sono sulla barca!
Sono sulla barca
che brontola!
"Io sono sulla barca!
Sono sulla barca
che RUGGISCE!
"Sto danzando!
Aiya! Danzando
sulla larga
e tremante groppa."
— Lingua lunga! — gridò uno dei ragazzini. Mi sembrò che fosse Gerat.
Anasu fece una piroetta.
Agopian disse: — Fallo scendere, Lixia.
— La persona sciamano si sta infuriando — dissi. — Scendi di lì.
Anasu lanciò un altro grido, poi si rotolò in avanti in un salto mortale che lo portò giù dal tetto. Si raddrizzò a mezz’aria e atterrò sui piedi.
— Ginnastica — disse Agopian. — Ecco di che cosa hanno bisogno questi ragazzi. Con l’allenamento giusto batterebbero i cinesi.
— Hanno bisogno di essere lasciati in pace — ribatté Eddie.
Agopian ruotò il timone. L’imbarcazione girò in tondo, tornando verso riva.
Anasu respirava affannosamente. Non per lo sforzo, ma per l’eccitazione e forse la paura. — La persona sciamano è arrabbiata sul serio?
— Non credo.
— E l’uomo grande e grosso? È stato lui a gridare soprattutto.
— No.
Anasu fece il gesto della felicità.
Gli altri bambini vennero incontro alla barca, gridando in direzione di Anasu nella loro lingua. Lui li ignorò, voltando loro le spalle.
Interessante. Il processo con cui si stabiliva il predominio doveva cominciare presto. Questo era tipico degli umani nelle società in cui le gerarchie erano importanti. Nel New Jersey, per esempio.
Era possibile che i bambini sapessero già, prima di subire il cambiamento, quale fosse la propria posizione nei rapporti reciproci.
Scesi dalla barca e la legai. Anasu mi seguì, aiutandomi alla meglio. Alla fine fece il gesto della gratitudine. — Di’ alla persona sciamano che gli sono grato. Spero che non sia in collera. Non è mai una buona idea litigare con le persone sante.
Si voltò e corse nella foresta. Gli altri bambini lo seguirono. Tornai alla barca.
— Sarebbe potuto cadere — disse Eddie. — E se fosse finito vicino all’elica?
— Credo che si chiami un’avvitata — osservò Agopian. — Anche se non ci giurerei.
Entrai nella cabina. Il libro di Eddie era sul pavimento. Il pulsante dell’avanti veloce brillava rosso e sullo schermo c’era il simbolo a tre lobi usato per contrassegnare la fine di qualcosa di prezioso: letteratura, arte, aria, acqua pulita, suolo non contaminato. Il simbolo era dipinto su camere di equilibrio esterne. Si trovava ai margini delle diverse terre distrutte. Concludeva olodrammi e brillava sopra le uscite dei musei.
Spensi il libro e lo gettai su un divano, poi mi recai nella cambusa a prendere una birra.
Tornò Tatiana.
— Ti è piaciuto il villaggio? — le chiesi.
— Dio è grande. — Rise. — È quello che continuo a pensare. Allah akbar.
— "O mirabile mondo nuovo, che ha in sé simili esseri" — declamò Eddie.
Agopian disse: — Miranda ne La Tempesta. Vi ha mai detto nessuno che Shakespeare è migliore in russo?
Eddie fece il gesto che significava "no".
— Ho sempre sentito dire che era migliore in tedesco — osservai.
— Quel verso non mi fa mai venire in mente Shakespeare — disse Eddie. — Lo conosco tramite Aldous Huxley. Il suo romanzo Il mondo nuovo.
— L’hai letto? — chiesi.
— L’ho insegnato, nel mio corso di studi sul crollo della civiltà occidentale.
Ah, sì. Come avevo potuto dimenticarlo?
Preparammo dei sandwich e li mangiammo sul ponte. C’erano insetti che saltellavano sopra la superficie del fiume. Il cielo si fece scuro.
Tatiana se ne andò a letto. Noi restammo sul ponte. Aprii un’altra birra.
— Fa’ attenzione — disse Eddie. — Quella roba può essere pericolosa.
— Sono di stirpe cinese, e i cinesi sono famosi per non avere problemi di ubriachezza.
Derek scelse quel momento per scavalcare il parapetto. — Per esempio — disse. — C’è il famoso poeta cinese Li Bo. La storia racconta che si trovava fuori in barca, bevendo vino di riso e gustandosi la serata. Vide il riflesso della luna sull’acqua e si sporse in fuori per abbracciarla. Cadde in acqua e annegò.
— Dove sei stato? — gli domandai.
— Su al villaggio.
Eddie aggrottò la fronte. — Ci è stato detto…
— Non ero dentro il vilaggio. Ero fuori, facevo una passeggiata, guardavo il cielo notturno, ascoltavo la musica.
— Musica? — chiesi.
Fece il gesto dell’affermazione. — Uno strumento aveva il suono di un flauto. Un altro era simile a uno xilofono, e ce n’era un terzo che faceva un suono simile a una sirena da nebbia.
"Volevo entrare, ma gli uomini anziani si aggiravano ai margini del villaggio. La musica doveva essere arrivata fino a loro. Non entravano, ma sembrava che non riuscissero a venire via. Continuavano a camminare su e giù, si fermavano, scrutavano il fuoco. C’era un grande fuoco al centro del villaggio. Poi si mettevano di nuovo a camminare. Non sono riuscito a escogitare un modo per superarli. Dannazione! Detesto lasciarmi scappare una cerimonia!"
Finii la mia birra e andai nella cabina. Tatiana dormiva già. Aprii uno dei divani, mi svestii e mi coricai. La finestra sopra di me era aperta. Sentivo lo stormire delle foglie e il lieve sciabordio del fiume contro la barca.