«Le darò una mano a scegliere la sua prima motocicletta», scherzò Matt.
Per la maggior parte della prima ora del viaggio, Matt aveva continuato a guardare nello specchietto retrovisore e a ispezionare la strada davanti a sé, temendo guai o la polizia. Mentre il giorno si faceva più luminoso e la strada più ipnotica, i suoi pensieri si spostarono su Nikki. La immaginò china su Fred Carabetta, lottare contro il dolore alla caviglia fratturata, usando strumenti di fortuna per eseguire un delicato intervento che avrebbe potuto facilmente tranciare a metà la vena dell’uomo. Coraggio, intraprendenza, pietà, intelligenza, nel breve periodo da quando si erano conosciuti, lei gli aveva mostrato tutte quelle doti. Non aveva mai creduto che esistesse una donna capace di prendere il posto di Ginny nella sua anima e nel suo cuore. Ora, almeno, sapeva che era possibile. Forse per la prima volta, riconobbe l’effetto che la morte di Ginny continuava ad avere su di lui, la forte depressione che aveva eretto un muro, impedendogli di sperimentare la vera gioia. Nikki era forse la risposta? Forse, disse a se stesso mentre filava lungo l’interstatale. Forse lo era.
Catharpin… Centerville… Fairfax… quando attraversarono Arlington, rimanevano loro solo dieci minuti. Con ogni probabilità non sufficienti, a meno che non vi fossero stati dei preliminari. C’era poi sempre il problema di contattare qualcuno con tanto potere da bloccare l’iniezione, e di farlo senza farsi uccidere.
Il traffico ora era più intenso, molto più pesante, e Matt fu costretto a rallentare fino a quaranta chilometri all’ora per unirsi al flusso lungo la riva occidentale del Potomac. Alla sua destra scorse il cimitero nazionale di Arlington. Joe Keller non sarebbe mai stato sepolto là, e neppure Kathy Wilson o Teddy Rideout o una qualsiasi delle altre vittime della guerra di Hal Sawyer. Matt sapeva, tuttavia, che grazie alla donna seduta dietro di lui, la morte di ciascuno di loro avrebbe alla fine salvato molte vite.
Ancora otto minuti alle tre.
«Prenda quell’uscita», gridò Ellen. «Attraverseremo qui il Potomac, poi cercheremo indicazioni per Anacostia. Siamo quasi a destinazione.»
Presero la 395 diretti verso est, attraversarono il fiume Anacostia alla Pennsylvania Avenue, quindi svoltarono in Minnesota Avenue. Questo era il settore popolare della città, un’isola di violenza e disperazione, infestata dalla droga, con una disoccupazione dell’ottanta per cento, a meno di tre chilometri dalla sede del Congresso. Non era stato certo per caso che Lynette Marquard aveva scelto un centro sanitario di quel quartiere per pubblicizzare l’Omnivax. Suo marito non aveva grande successo tra gli elettori neri e ispanici. Matt si chiese quanto tempo ci avrebbe messo Lynette per accettare la storia del Lasaject e dare l’alt alle vaccinazioni.
Il traffico ora si era fatto lentissimo.
Ancora due minuti.
«Siamo abbastanza vicini, affinché lei possa arrivare là a piedi?» domandò Matt.
«Forse. Non sono del tutto certa di dove ci troviamo rispetto a… aspetti! Fenwick Road. Laggiù! È quella la strada. Ne sono sicura.»
Matt accelerò e fece balzare la Harley nella zona alberata e, attraverso un prato, in Fenwick Road. Dopo parecchi isolati individuarono dei camion delle reti televisive, allineati lungo il bordo della strada. Videro quindi, a un isolato davanti a loro, la barriera blu.
«Che ore sono?» chiese Matt, con la speranza che il suo orologio e quello preso da Ellen dalla scrivania di Heidi non concordassero.
«Le tre passate», rispose Ellen tristemente, «da cinque o sei minuti. Lei ha fatto l’impossibile.»
Quanto sarebbe durato in tutto quello spettacolo, si chiese Matt. Non più di dieci o quindici minuti, pensò, seguito forse da alcuni commenti dei guru della salute di varie compagnie televisive. Sarebbero passate ore prima che i telegiornali normali mandassero in onda la loro storia, avvisando così i pediatri di tutto il paese che le vaccinazioni erano state bloccate. Non erano riusciti a fermare la prima iniezione, ma forse sarebbero riusciti a contattare in tempo una qualche autorità e a evitare migliaia di altre vaccinazioni pericolose. Tre per cento.
«Barricate», annunciò Matt. «Siamo arrivati.»
Mentre raggiungevano l’incrocio, un giovane poliziotto di Washington si diresse lentamente verso di loro. Fissò in modo strano la Nonnetta Motociclista, appollaiata comodamente sul sedile rialzato del passeggero dietro Matt.
«Qui non si può entrare», li avvisò. «Dovrete dirigervi da quella parte per due isolati fino a che non troverete l’agente di polizia, o tornare sulla circonvallazione.»
«Parlo con lui?» domandò sottovoce Ellen.
«Abbiamo un’unica opportunità e non credo proprio sia lui. Quando finirà di parlare con il suo sovrintendente, che a sua volta chiamerà il suo capo, sarà già domani.»
«Che fare, allora?» chiese Ellen.
A quel punto, dietro di loro si erano incolonnate molte altre automobili. L’agente di polizia ripeté le stesse istruzioni anche agli occupanti di un minifurgone color argento.
«Secondo me, dobbiamo salire alcuni gradini nella scala del commando. Resista.»
«Preghiamo soltanto che quel ragazzino in divisa da poliziotto non inizi a sparare.»
«Non è lui che mi preoccupa», ribatté Matt. «Si tenga salda. Voglio provare a raggiungere la porta d’entrata della clinica. Che ore sono?»
«Le tre e dieci.»
«Dannazione.»
Matt attese che il poliziotto fosse passato a un’altra macchina, quindi aggirò a gran velocità la barricata, balzò sul basso cordolo e si lanciò lungo il marciapiede. Se il poliziotto aveva sparato contro di loro, non udirono il colpo. Si stavano avvicinando rapidamente alla falange di furgoni delle compagnie televisive che indicavano l’entrata della clinica. Novanta metri… quarantacinque… Matt già si vedeva sfondare la porta a vetri, quando, con la coda dell’occhio, colse un movimento alla sua sinistra. Rallentò e stava girando la testa, quando una donna si lanciò su di loro. Le braccia tese, sbatté contro le spalle di Matt ed Ellen e li fece volare dalla motocicletta e atterrare sulla terra battuta di un terreno coperto d’erbacce e immondizie. La Harley, senza guidatore, sbandò di lato lungo il cemento e si fermò contro la base di un albero. La donna, un’atletica brunetta sulla trentina, li tenne a terra finché non arrivarono altri due agenti dei servizi segreti, le pistole puntate.
«Non muovetevi», sibilò uno di loro, la pistola puntata. «Toglietevi il casco, lentamente, lei per primo.»
Ellen e Matt ubbidirono.
«Sono un medico», si presentò Matt.
«Vi prego, ascoltateci», li implorò Ellen. «Io sono un membro della commissione che ha approvato il vaccino che è stato appena inoculato a quel bebè là dentro. Mi chiamo Ellen Kroft. Abbiamo scoperto che l’Omnivax presenta un grave problema. Dobbiamo assolutamente parlare con qualcuno di autorevole mentre la televisione sta ancora trasmettendo, per poter avvertire la cittadinanza e impedire che altri bambini vengano vaccinati. Centinaia di vite potrebbero essere in pericolo. Vi prego! Sto dicendo la verità. Il vaccino contiene un elemento infettivo. Bisogna avvisare la signora Marquand.»
Uno degli agenti, un dinoccolato uomo nero con una cicatrice che gli attraversava il mento, li fissò sospettosamente, quindi lanciò un’occhiata interrogativa agli altri due, che scrollarono le spalle.
«Certificato d’identità?» chiese.
Ellen scosse la testa.
«Lo immaginavo.»
«Portafogli, nella tasca della giacca», disse Matt.
«Lo tiri fuori lentamente.»
L’agente porse il portafogli di Matt al collega che esaminò il contenuto.
«Concessione del West Virginia. Matthew Rutledge. Dice che è un dottore.»
«E io sono il Papa», borbottò il primo agente, prendendo un paio di manette dalla tasca posteriore. «In piedi, tutti e due. Jill, perquisiscili.»