«Sono felice che sia qui», ammise. «Questo è un caso interessante.»
«Credevo che quest’uomo avesse avuto un attacco cardiaco», commentò, con il suo caratteristico accento.
«È stato ammazzato.»
«Assassinato? Hai visto le repliche di quella serie televisiva con un patologo… ehm… come si chiamava?»
«Quincy. No. Avrò anche torto, ma guardi qui.»
Gli mostrò la strana abrasione sotto il mento di Belanger.
«Un anello?» domandò Keller, che immediatamente e come sempre aveva già compreso la situazione.
«È quello che penso.»
«Tempestato di diamanti che formano una iniziale.»
Nikki gli porse l’otoscopio, lo strumento usato dai medici per esaminare il meato acustico e il timpano. Molto spesso aveva visto internisti e addirittura specialisti patologi omettere questa parte dell’esame postmortem. Procedura.
Keller se la prese comoda, borbottando tra sé e sé mentre esaminava le orecchie di Belanger, girando la grossa testa violacea da un lato all’altro e inserendo l’otoscopio nel meato esterno dell’orecchio.
«Rotto, con grumi di sangue secco», confermò infine. «Vi è stata rottura di entrambe le membrane timpaniche, poco prima della morte.»
«Non sono andata a vedere la sua Jacuzzi», continuò lei, «ma scommetto che non è profonda un metro e mezzo.»
Un metro e mezzo, la profondità minima in cui la pressione sui timpani, se non equiparata, poteva provocarne la rottura.
«Stai ipotizzando che quest’uomo non sia annegato nella vasca da bagno?»
«Sì. Penso che sia annegato, certo, ma credo che qualcuno che stava nuotando con lui, qualcuno con l’iniziale ‘H’ sull’anello tempestato di diamanti, l’abbia trascinato sott’acqua per la gola, forse sul fondo di una piscina, e che poi l’abbia portato a casa e l’abbia infilato nella vasca.»
«Una lite?»
«Forse.»
«E l’acqua nei polmoni e nello stomaco?»
«Sto aspettando…»
«Il cacciatore è tornato, è tornato a casa dalla caccia. Oh, ciao, Joe.»
«È tornato dalla collina, Brad», lo corresse Nikki. «Hai preso il pacco?»
«Certo. A che ti servono le strisce per un test del cloro?»
«Credo che il tuo ‘vascaiolo’, come l’avevi chiamato in modo tanto pittoresco, sia annegato in una piscina.»
«Ma allora come… un omicidio?»
«Acuto», sbottò Nikki. «Non mi stupisce che ti abbiano chiamato Brad, come un chiodo con la testa a scomparsa.»
Immerse una delle strisce nell’acqua tolta dallo stomaco di Belanger. Nel giro di pochi secondi il minuscolo riquadro indicatore era diventato rosso pallido.
«Sono stupefatto», disse Keller. «Chiamerò i nostri amici alla stazione di polizia e glielo farò sapere. Affascinante… davvero affascinante.»
Se ne andò zoppicando nel suo studio.
«Ho fatto bene a insistere che tu facessi una autopsia completa a questo tizio», osservò Brad.
Nikki lo guardò di traverso, ma in tutta sincerità non poteva dire se stesse parlando seriamente. L’altoparlante le impedì di scoprirlo.
«Dottoressa Solari, è ancora lì?»
«Sì, Ruth, sono qui.»
«C’è una telefonata dall’esterno per lei. Gliela passo.»
Un attimo dopo squillò il telefono appeso alla parete. Brad non si mosse, mentre lei passava, per cui Nikki dovette schiacciarsi tra lui e la tavola per l’autopsia di Belanger.
«Cresci», borbottò.
«Mi ammira», replicò Brad.
Questa volta lo ignorò.
«Patologia, sono la dottoressa Solari.»
«Nikki?»
Nikki sentì il cuore arrestarsi.
«Kath, dove sei, tesoro? Stai bene?»
La voce di Kathy Wilson sembrava quella di una bambina.
«Nikki, ho tanto freddo… Mi inseguono e io ho tanto freddo.»
In sottofondo vi erano rumori di traffico, il clacson di un’automobile. Stava chiamando da una cabina telefonica.
«Kathy, stai calma. Ti aiuterò. Andrà tutto bene.»
«Perché stanno cercando di uccidermi, Nik?… Perché ho tanto freddo?»
«Ehi, che succede?» chiese Brad Cummings.
Nikki si mise un dito alle labbra, poi gli fece segno di uscire dalla sala.
«Esci», disse muovendo solo le labbra.
«D’accordo, d’accordo. Vuoi sapere una cosa, oggi sei proprio suscettibile. Devi avere le…»
«Fuori!» Questa volta gridò la parola. Fingendo di essere imbronciato, Cummings se ne andò. «Kathy, ascolta, dimmi soltanto dove sei e verrò a prenderti immediatamente… Kath?»
«Sei come tutti gli altri, Nikki. Vuoi che la mia musica si fermi… È per questo che mi danno la caccia? Perché vogliono fermare la mia musica?»
La sua voce cantilenante era ossessionante e vaga. Nikki la immaginò in qualche angolo di strada, rannicchiata in una cabina telefonica sotto la pioggia scrosciante. Cercò un mezzo qualsiasi per avvertire la polizia e fare rintracciare la telefonata.
«Kathy», chiese di nuovo, «guardati attorno e dimmi cosa vedi.»
«Nikki… Nikki… Nikki. Li hai mandati tu, non è vero? Ti beccherò, fosse anche l’ultima cosa che faccio.»
«Ti voglio bene, Kathy. Sei mia amica. Non farei mai nulla per farti del male. Il tuo cuore lo sa. Tesoro, in questo momento non stai ragionando con lucidità. Devi venire a casa. Lascia che ti aiuti.»
«Aiuta… mi…»
«Kathy, dimmi solo cosa devo fare.» Seguì un lungo silenzio.
«Kathy?»
Nikki attese altri trenta secondi prima di appendere la cornetta. Poi, senza neppure cercare di occuparsi del cadavere di Roger Belanger, scoppiò in lacrime e corse fuori della stanza.
5
Era una giornata grigia e piovosa, perfettamente adatta a un funerale. Matt era una delle dodici persone presenti all’ufficio funebre di Darryl Teague. Le altre undici erano parenti che vivevano nelle colline a nord della città. A Matt non sfuggì il fatto ironico, che in chiara vista del cupo e vecchio cimitero vi fossero le alte colline trafitte dalla miniera della BC C.
Quella giornata presentava, tuttavia, un altro fatto colmo di ironia.
Solo dopo essere sceso dalla Harley ed essersi avvicinato alla fossa, si era reso conto che quello era il primo funerale cui aveva partecipato da quasi quattro anni. L’ultimo era stato quello della moglie. Ricordò quel giorno con dolorosa chiarezza, la folla, le limousine, la bara coperta di fiori che conteneva i resti della donna che, con tanta gioia, aveva promesso di amare fino a che morte non li separasse. Solo che la morte non aveva posto affatto fine al suo amore per lei.
Il cimitero, tenuto male, circondato da un’irregolare fila di cespugli, era al centro di una grande spianatoia priva di alberi. La tomba di Teague, all’estremità occidentale, era segnata da un pezzo di marmo, tagliato rozzamente ed eretto in tutta fretta, su cui erano state grossolanamente incise le iniziali D.T. Nulla di più.
Matt passava a trovare sua madre tre o quattro volte alla settimana, ma visitava la tomba di Ginny quasi ogni giorno, lasciando spesso una foglia o un rametto del biancospino, qualche volta un fiore. A volte si soffermava per pochi minuti, altre volte si sedeva accanto alla pietra tombale per un’ora, leggendo o semplicemente fissando la valle. Ogni visita pareva rafforzare il legame che provava per l’unica donna, a parte la madre, che aveva amato veramente. Solo la signorina Mae Borden sapeva quanto spesso si recava al cimitero Saints and Angels.