«Per favore», disse, «è un applauso quasi sufficiente. Voi, laggiù, un po’ più forte, per piacere. Così va meglio. E ora, quelli di voi che lo desiderano, e che si sono lavati secondo il mio protocollo, facciano un passo avanti, s’inginocchino e mi bacino l’anello.»
«Ehi, dove sei stata?» gridò Sally Lynch dall’ingresso.
«Un problemino con Lucy a scuola», rispose Ellen. «Nulla di grave.»
«Anche Cheri è in ritardo. Arriverà tra pochi minuti. Ha detto di avere grandi notizie.»
Quarant’anni passati, Sally, una donna alta dai capelli scuri e un’aria pratica, era più introspettiva e molto meno vistosa della sua socia. Erano una combinazione perfetta, una che lavorava dietro le quinte, l’altra davanti alle telecamere, entrambe comunque ricche di intelligenza, senso di compassione e spirito d’iniziativa. Un difetto di Sally, se così lo si poteva chiamare, era il fervore che a volte oscurava il suo giudizio e altre volte schiacciava la sua pazienza. Quell’intenso impegno era, tuttavia, comprensibile. Poche ore dopo avere fatto la vaccinazione, a Ian, il figlioletto di sei mesi, era venuta una febbre altissima, aveva avuto un attacco epilettico ed era morto. Così. Semplicemente.
L’ufficio di Sally era organizzato e in ordine quanto quello di Cheri Sanderson era sottosopra. Su una parete era appeso un grafico colorato di un metro per un metro, eseguito da un professionista, che mostrava come il numero di bambini autistici che richiedevano assistenza sociale in California era più che raddoppiato negli anni Ottanta, e quasi quadruplicato negli anni Novanta. L’altra parete era ricoperta di decine di fotografie incorniciate, per la maggior parte di bambini autistici, ridotti in quello stato, di questo i genitori erano certi, dalle vaccinazioni. Una di quelle fotografie, una diciotto per ventiquattro appesa direttamente dietro la scrivania di Sally, era di Lucy. Attaccata in un angolo della cornice vi era un’istantanea della ragazzina sull’altalena, scattata poche settimane prima della sua tragica trasformazione.
«Caffè?» offrì Sally.
«No, grazie. Sono già sufficientemente agitata.»
«E così, ancora pochi giorni e sarà finita», osservò Sally, riferendosi all’imminente votazione della commissione sull’Omnivax, il tema della loro riunione di quella mattina.
«Proprio così.»
«Nessun progresso?»
«In un cambiamento dei voti? Che ne pensi?»
Sally batté il pugno sulla scrivania.
«Perbacco, tutta questa faccenda è frustrante», esclamò. «Guarda qui, Ellen, guarda. È la relazione di uno studio diramato dal Congresso. Il Congresso! ‘Controversie sul vaccino.’ Ci pensi? Almeno stanno ponendo domande. All’improvviso, si preoccupano. Ecco, leggi questo. L’FDA e l’EPA hanno chiesto a tutti i produttori di farmaci di eliminare il mercurio dai vaccini per bambini. Hai idea di quanti milioni di bambini sono stati vaccinati prima che a qualcuno venisse in mente di verificare la situazione del mercurio? Qui, guarda, i vaccini antipolio e quelli contro la difterite, la pertosse e il tetano sono stati modificali; il vaccino rotavirus antidiarrea tolto dalla circolazione perché causava danni intestinali e morte; il vaccino contro l’epatite B riesaminato. Ellen, non possiamo permettere che i potenti dell’Omnivax vincano.»
Ellen sospirò e fissò fuori della finestra. Nulla di ciò che le stava mostrando Sally era per lei una novità. Il suo studiolo a casa straripava di taccuini, di libri di testo, di articoli fotocopiati e di tabulati da computer. Nel corso degli ultimi due anni si era trasformata da nonna ansiosa in esperta in vaccinazioni e vaccini. Certo, c’erano state delle vittorie, come la rimozione del mercurio e il ritiro del vaccino rotavirus. Vi era però anche un reggimento impressionante di rispettati e rinomati scienziati e pediatri armati di informazioni, valide o viziate, che dimostravano come il numero di vite che si potevano salvare con ognuno di quei vaccini esigeva che ciascuno venisse incluso nell’Omnivax. Migliaia e migliaia di vite.
«Sally», rispose infine Ellen, «tu e io conosciamo il potere e l’influenza di coloro che incentivano questa cosa, i presidi delle facoltà di medicina, i professori di pediatria, per non parlare del presidente e di sua moglie.»
«Ehi, che succede?»
Cheri Sanderson balzò nella stanza, una tazza di caffè in una mano, una rigonfia cartella in pelle nell’altra.
Neppure un metro e sessanta d’altezza, era una palla cinetica di energia e ottimismo.
«Ellen mi sta dicendo che la votazione finirà ventidue a uno», spiegò Sally.
«Che ti aspettavi?» replicò Cheri. «Quelle persone sono state scelte una a una proprio perché avrebbero votato sì. Che diamine, le grosse case farmaceutiche finanziano molti dei loro laboratori. Come pensavi avrebbero votato? Ti sei comportata alla grande, Ellen. Hai tenuto duro e hai presentato le nostre questioni nel modo migliore.»
«Grazie. Sono un po’ delusa per non avere contato di più, ma, come hai detto, si sapeva fin dall’inizio come sarebbero andate le cose. Allora, che notizia hai da darci?»
Cheri fece una pausa d’effetto.
«La notizia è che, secondo questo comunicato stampa del suo ufficio, l’anticristo del pensiero ragionevole sul vaccino, Lynette Marquand in persona, parlerà alla nazione dagli uffici dell’FDA il giorno dell’ultima discussione del comitato sull’Omnivax.»
«Bel tempismo», commentò Ellen. «La votazione finale è programmata due giorni dopo quella riunione.»
La first lady Lynette Marquand e la dottoressa Lara Bolton, ministro della Sanità e dei servizi umanitari, erano le più forti sostenitrici della vaccinazione di massa. Quattro anni prima, il marito di Lynette, Jim, aveva vinto di misura una elezione aspra, combattuta con ogni mezzo. Ora che mancavano pochi mesi alla fine del mandato, era di nuovo nella mischia, testa a testa con l’uomo che aveva sconfitto per soli due punti e una dozzina di voti elettorali.
Una delle promesse fatte durante la campagna elettorale, quella che con maggiore probabilità si sarebbe realizzata senza problemi, era stata lo sviluppo e la distribuzione di un supervaccino. Il vaccino, l’Omnivax, sarebbe stato inoculato ai bambini in tenera età e poi prescritto a tutti. Conteneva fino a trenta diversi antigeni, virus e batteri uccisi o modificati, e per il momento sarebbe stato iniettato, in attesa che le ricerche, già avviate, permettessero di somministrarlo per via orale. Il sistema immunitario dei destinatari avrebbe creato anticorpi contro i vari germi, per cui, se si fosse imbattuto in alcuni di loro nel futuro, le difese, già attivate immunologicamente, sarebbero state pronte a combatterli. I giornali avevano paragonato l’ardita dichiarazione di Jim Marquand alla promessa di John Kennedy di portare un uomo sulla luna. Adesso, almeno su questo punto, era vincente.
«Che tempismo sottile», ripeté Ellen. «Lynette Marquand sta tenendo comizi per suo marito e lui riceve barcate di soldi per la campagna elettorale dall’industria farmaceutica.»
«E come ha detto Cheri, un sacco di dottori e professori della tua commissione devono le loro carriere alle sovvenzioni per la ricerca del vaccino elargite da svariati fabbricanti di farmaci», aggiunse Sally.
«E così», chiese Cheri, «abbiamo qualche bomba che Ellen possa fare esplodere a quella seduta? Se gli addetti stampa di Lynette fanno il loro lavoro bene come lo hanno fatto finora, ci sarà un bel branco di giornalisti a seguire quello spettacolo.»
«Non so che dire», rispose Ellen. «Settimana dopo settimana, mese dopo mese, ho cercato falle in ciò che il comitato sta proponendo, analizzando ogni elemento dell’Omnivax, cercando qualche valido studio scientifico che potesse confermare che uno solo di quei vaccini era difettoso, o addirittura il contrario, cioè che ve ne fosse uno senza difetti.» Indicò il grafico dietro la scrivania di Sally. «Non riesco a trovare neppure un dato concreto che dimostri che le vaccinazioni hanno contribuito all’aumento dei casi di autismo. Una maggiore consapevolezza, dice un esperto. Una diagnosi errata, aggiunge un altro. Fattori ambientali, mormora un terzo. Dato aneddotico, borbotta con tono di scherno un professore.» Si calmò prima di continuare.