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«Quando sono entrata per la prima volta nel comitato, mostravo i denti ed ero pronta a sbranarli uno a uno per ciò che avevano e non avevano fatto. Ancor oggi vorrei farlo, credetemi. Ma vi sono così pochi studi scientifici, anche dalla nostra parte. Nulla riguardo a questa faccenda delle vaccinazioni è chiara, tranne il fatto che dobbiamo saperne di più, molto di più. Nel frattempo, l’altra parte vincerà questa particolare battaglia e l’Omnivax sta per balzare nella nostra civiltà. Tu, Cheri e tutti quelli che sono collegati al PAVE, compresa me, devono continuare a lottare per la verità scientifica, qualunque essa sia.»

L’espressione di Sally rivelava una profonda frustrazione.

«Tutto questo tempo, tutti i tuoi studi, e non hai trovato nulla su nessuno dei componenti dell’Omnivax?» domandò.

«Ci sto ancora lavorando», disse Ellen. «Credimi, è così.»

Sentì il gelo nell’espressione di Sally e sperò che l’amica non arguisse che, in verità, stava nascondendo alcune informazioni. Era certa che né Sally né Cheri sarebbero riuscite a rimanere in silenzio finché la ricerca che Rudy Peterson stava facendo per loro non fosse progredita, specialmente ora che l’Omnivax stava per essere approvato. Rudy stava esaminando scrupolosamente tutte le informazioni sui componenti del supervaccino da più di un anno senza scoprire nulla di nocivo. Vi erano, tuttavia, dati clinici su uno dei componenti che, secondo lui, erano limitati per quello che riguardava il campo d’osservazione e ottenuti da una ricerca vecchia di un decennio e con ogni probabilità inattendibile. Quel componente era il Lasajet, un vaccino contro il virus responsabile di provocare la mortale febbre di Lassa.

Rudy aveva continuato ad asserire che quei dati avrebbero ancora sostenuto le conclusioni positive sulla sicurezza del vaccino. Aveva bisogno di più tempo, e soprattutto che il fabbricante del vaccino non sapesse nulla della sua indagine.

Ellen era certa che quello non era il momento di dire alle energiche direttrici del PAVE che, pur non essendovi un’immediata possibilità di sconfiggere l’Omnivax, c’era la speranza di riuscire almeno a scalfirlo.

7

«Senta, agente, non voglio essere noiosa, ma questa donna è veramente malata e sta girando per la città, e crede che qualcuno stia cercando di ucciderla. È sicuro di averlo diramato a tutti?»

«Signora, glielo assicuro. Questo è il quarto giorno che telefona. Tutti qui sanno di Kathy Wilson. Tutte le nostre auto e i nostri agenti sono impegnati nella ricerca. La chiameremo appena la troviamo.»

Erano passati quattro giorni dalla telefonata di Kathy e, fino a quel momento, non l’aveva più sentita. Quando Nikki era tornata a casa dallo stadio, aveva trovato un suo incoerente messaggio sulla segreteria telefonica, ma nessun numero che potesse dire da dove aveva chiamato. Il messaggio, caustico e sconnesso, era terrificante sia per il tono sia per il contenuto. Kathy Wilson era chiaramente impazzita.

Joe Keller aveva cercato di confortarla come meglio poteva, date le circostanze, senza trattarla con la condiscendenza usata invece dalla polizia. Era affascinato, come Nikki si era aspettata, dal rapido sviluppo di quelli che, da ciò che aveva intuito dalla sua descrizione, dovevano essere dei neurofibromi. Per due volte aveva iniziato a spiegarle le diverse diagnosi di quella malattia, ma, appena aveva capito che lei sentiva solo una frazione di ciò che stava dicendo, aveva smesso.

Nikki camminò su e giù per l’appartamento, usando un telecomando per cambiare i cinque dischi contenuti nel lettore CD, passando da Mahler a Carly Simon a Miles Davis ai due CD dei Bluegrass Ramblers, per ricominciare da capo. Ogni superficie piatta nell’appartamento sembrava reggesse una tazza di caffè o tè mezzo vuota. Più di una volta aveva dovuto lottare contro l’impulso di uscire e comperare un pacchetto di Merit, la marca che fumava prima di smettere più di dieci armi fa. Il soggiorno era disseminato di libri di testo, ognuno aperto su qualche aspetto dei neurofibromi o dell’acuta paranoia. All’esterno, la pioggia incessante era diminuita, ma stava mugghiando il vento.

Nikki passò di nuovo su Mahler, una registrazione intensa della sinfonia n 7, quindi s’inginocchiò accanto a uno dei testi medici. Sindrome di Bourneville, morbo di von Recklinghausen, sindrome di Sturge-Weber, sindrome di Hippel-Lindau. Tutte queste patologie, che includevano neurofibromi, erano per lo più il risultato di mutazioni genetiche di uno qualsiasi dei numerosi e diversi cromosomi. Tutte erano accompagnate da disturbi cerebrali, provocati da tumori o dallo sviluppo di neurofibromi nel sistema nervoso centrale. La miglior diagnosi che Nikki riuscì a fare fu che Kathy Wilson aveva qualche variante del morbo di von Recklinghausen, la malattia più comune, che, stando ai testi, colpiva un individuo su 3500. Morbo di von Recklinghausen; esito: letale, a volte entro pochi anni dalla diagnosi. Cura: nessuna.

Lo squillo del telefono la fece sobbalzare.

«Kathy!» esclamò mentre scavalcava il testo di patologia e strappava il ricevitore.

«Nikki, Sono Joe Keller.»

«Oh, salve. Grazie per aver chiamato. Ancora nessuna notizia. Ogni volta che squilla il telefono, salto fuori dalla pelle pensando sia lei.»

Per alcuni secondi cadde un silenzio spiacevole.

«Nikki, mia cara, ascolta», disse infine Keller. «Kathy Wilson non ti telefonerà.»

Nikki crollò sul divano, e un velo di incredulità le coprì la mente.

«Oh, no», esclamò.

«Mi spiace doverti dare questa notizia al telefono. Non sono riuscito a trovare un modo per farti venire qui e dirtelo di persona. Nikki, Kathy è morta. È stata investita da un camion in Washington Street circa un’ora fa. Il suo corpo è qui.»

No, no, no!

«Joe, io… ha lasciato un messaggio solo poche ore fa. Oh, è terribile.»

«Nikki, hai fatto tutto il possibile.»

«Avrei potuto fare qualcosa. Avrei dovuto dirle qualcosa di diverso quando abbiamo parlato l’ultima volta.»

«Nikki, hai fatto tutto ciò che potevi. Ne sono certo. Dall’aspetto dei fibromi, direi che la malattia di Kathy sarebbe progredita rapidamente, portandola con ogni probabilità a una morte prematura. Se le descrizioni del suo comportamento immediatamente prima della morte sono vere, questo incidente potrebbe essere stato in realtà una manifestazione della malattia che seguiva il suo corso.»

«Cosa è successo?»

«Non lo so con precisione, ma lo saprò. La polizia arriverà qui a minuti. Ho sentito che stava facendo a pezzi un bar. Gli agenti della sicurezza l’hanno scortata fuori e lei è improvvisamente scappata ed è corsa in strada. L’autista del camion ha detto di non avere avuto nemmeno la possibilità di frenare.»

«Oh, mio Dio.»

«So che sarà dura, ma puoi venire a identificarla?»

Nikki si asciugò le lacrime con la manica. Per tutta la settimana aveva temuto, addirittura previsto, il peggio. Ora era successo.

«Sarò lì tra dieci minuti», rispose.

Neonati picchiati e maltrattati fino alla morte, corpi completamente bruciati, colpi di fucili in pieno volto, lunghe immersioni in acqua, incidenti di ogni genere, durante gli anni passati nello studio del coroner aveva visto di tutto. Nulla comunque l’aveva preparata alla tremenda angoscia di vedere il cadavere maciullato di Kathy Wilson, steso sul tavolo in acciaio inossidabile proprio vicino a quello su cui, pochi giorni prima, aveva eseguito l’autopsia di Roger Belanger.