«Lo è. Ho distribuito volantini offrendo una ricompensa a chi poteva darmi informazioni su scarichi illegali di rifiuti tossici della miniera, e qualcuno ha infilato questo biglietto sotto la mia porta.»
Lewis continuò a sfregare il terreno, pensieroso, ricoprendo gli incavi fatti nella sabbia. «Allora, niente di nuovo», affermò infine.
«Che intendi dire?»
«Voglio dire che un sacco di gente che vive nei boschi sa del crepaccio e della galleria e anche della merda che quelli della miniera tengono là dentro.»
Il polso di Matt accelerò.
«Che intendi con ‘merda’?» chiese.
«Sostanze chimiche, proprio come hai detto tu. A barili.»
«Dannazione. Lewis, puoi portarmi là?»
Lewis sospirò.
«Dentro la montagna? Suppongo di sì.»
«Quando?»
«Quando pensi di avere finito con Kyle?»
«Non lo so. Forse nel tardo pomeriggio.»
«Allora ne riparliamo nel tardo pomeriggio.»
«Però tu sai qualcosa di questo veleno di cui parla il biglietto?»
«Sì.»
«E mi porterai a vederlo di persona?»
«Immagino di sì, ma ora non posso dirti quando. Dipende anche dai miei fratelli.»
«Lewis, sai che da tempo cercavo di venire a sapere qualcosa sulla BC C. Perché non mi avete detto nulla al riguardo prima?»
«Dottore, a noi tu piaci. Ma ci piace anche mangiare.»
«Che diavolo significa?»
«Significa che Stevenson e i suoi uomini alla miniera ci hanno pagati per non dire ciò che sappiamo.»
«Non capisco. Che legame hanno con voi?»
Lewis si fregò il mento, poi sospirò di nuovo.
«Per un certo periodo, abbiamo trasportato quella roba là dentro per loro», rispose.
9
Per due anni e mezzo, quasi tutte le riunioni della commissione Omnivax erano state tenute in una delle sale conferenze al terzo piano dell’edificio Parkman, il quartier generale dell’FDA a Rockville nel Maryland. Quando, sul tardi quel giorno, Lynette Marquand avrebbe pronunciato il suo discorso, la parete divisoria scorrevole tra le stanze sarebbe stata aperta, offrendo così più posti a sedere per la stampa, il panel dell’Omnivax, lo staff della first lady e quel centinaio di dignitari che erano riusciti a procurarsi un invito.
Al momento, tuttavia, il tramezzo era chiuso e la commissione poteva tenere la riunione privatamente. Per quanto ne sapeva Ellen, questo incontro sarebbe stato l’ultimo prima della seduta per votare l’approvazione formale alla distribuzione e all’uso generale del supervaccino.
Passando, lanciò un’occhiata nella prima stanza: squadre di cameraman televisivi si stavano preparando per lanciare il messaggio di Lynette Marquand nel mondo, e numerosi agenti dei servizi segreti ispezionavano con cura le pareti e il podio e scrutavano sotto le sedie. La maggior parte dei membri della commissione Omnivax era già nell’altra stanza, riunita in gruppi di due o tre persone. Alcuni si stavano sistemando davanti ai loro segnaposti in cartone elaborati dal computer, sistemati sul lucido tavolo in legno di ciliegio, grande come un campo di football. I membri della commissione erano per la maggior parte uomini e tutti, tranne Ellen, avevano una laurea in medicina o dottorati. Sotto i loro nomi erano stampati i titoli di studio, le competenze e i nomi degli organismi per cui lavoravano. Il segnaposto di Ellen diceva soltanto: ELLEN KROFT, LAUREA IN SCIENZE: CONSUMATORE.
Per alcune settimane dopo la prima riunione, Cheri e Sally avevano dato a Ellen informazioni dettagliate su ogni membro del comitato, aggiungendo, quando era parso loro giusto, le fonti dei loro fondi per la ricerca e ogni loro partecipazione azionaria nell’industria farmaceutica. La quantità di informazioni che le due casalinghe erano riuscite a raccogliere aveva stupito Ellen. Le due donne erano serie e impegnate per la loro causa e l’influsso su scala mondiale che erano riuscite a esercitare in un tempo relativamente breve lo dimostrava. L’aveva stupita anche l’ampiezza e la complessità dei rapporti tra i membri del comitato e l’industria farmaceutica. Se le informazioni di Cheri e Sally erano esatte, e non era venuto alla luce nulla che potesse farle pensare altrimenti, troppi di loro avevano un legame con quell’industria.
Dei presenti, solo pochi salutarono Ellen con un sorriso o un cenno. Come sempre, fu più che altro ignorata. Poco dopo essersi seduta, il dottor George Poulos, direttore dell’Istituto per lo sviluppo del vaccino, si sedette alla sua destra. Poulos, uno di quelli con il dottorato, era un uomo piacente con classici lineamenti greci. Era sempre vestito elegantemente e oggi, forse in onore dell’occasione, portava un fazzoletto nel taschino della giacca. Da qualche parte in una cartelletta nello studio di Ellen, il dossier che Sally e Cheri avevano raccolto su di lui diceva che era un medico stimato, ricercatore e uomo d’affari, oltre che sostenitore di primo piano del presidente Jim Marquand. Si lasciava influenzare su alcune questioni, ma solo quando pensava che fare una concessione avrebbe migliorato la sua posizione.
Una persona imprevedibile, di cui non fidarsi completamente, riportava il dossier. Considerato un eroe quando aveva dato l’alt al vaccino sperimentale combinato contro varicella, morbillo, orecchioni e rosolia testato in Sud America a metà anni Ottanta, dopo i decessi e l’immunosoppressione in alcuni neonati femmine, sei mesi più tardi aveva però taciuto quando erano state usate versioni leggermente modificate di quel vaccino.
L’ultima frase di quella relazione diceva semplicemente: Guida una Porsche 911 Turbo rossa.
«E così, Ellen», esordì, indicando le persone che si stavano radunando nella sala, «ne ha fatta di strada da quando insegnava scienze alle medie.»
Ellen soffocò un paio di risposte che andavano dall’essere acute e divertenti al risultare ingiuriose e meschine.
«È stata un’esperienza», ribatté.
«E che effetto le fa aver lavorato gomito a gomito con un simile gruppo di scienziati?»
«È… è stata un’esperienza», ripeté, avvalorando la sua battuta che voleva essere spiritosa con quello che sperava fosse un sorriso caloroso. «La emoziona la visita della first lady?»
«Molto. Lynette e io siamo vecchi amici. L’ho aiutata a redigere la parte sui vaccini del suo libro Citizen Pioneers. L’Omnivax è figlio suo, per così dire.»
«A quanto pare.»
«E dopo la votazione, lei condividerà quel figlio con la nazione e forse con il mondo intero.»
«È per questo motivo che la votazione è stata anticipata?»
«Può darsi. Dato che il risultato è scontato, a molti nelle alte sfere piacerebbe che questa faccenda si concludesse il più presto possibile.»
Ellen sentì che stava per perdere la calma.
«Vorrei essere d’accordo con loro», commentò. «Ha visto quanti genitori e nonni hanno scritto ai rappresentanti del Congresso sostenendo che l’Omnivax non era stato studiato sufficientemente a lungo? O quanti articoli sono stati pubblicati per mettere in guardia contro l’attuazione prematura di questo progetto? Io stessa ho ricevuto lettere ed e-mail, da cinque a dieci al giorno negli ultimi mesi. La gente sente molto questo progetto.»
«Ambientalisti», borbottò Poulos con chiaro disprezzo. «Questo è solo uno tra una dozzina di temi su cui scrivono e scrivono. L’assicuro, la grande maggioranza degli americani appoggia totalmente questo progetto. Il fatto è che non sono quelli che scrivono.»
Ellen non si era mai sentita a suo agio con Poulos, ora però cominciava a trovarlo veramente sgradevole.
«Continuo a pensare che ci stiamo muovendo troppo in fretta», replicò. «Ci sono ancora domande senza risposta.»
«E specificamente?»
Ellen non voleva farsi trascinare in una discussione sul Lasaject, fino a che Rudy non avesse completato la sua ricerca. Aveva evitato di proposito di riferire a Sally e Cheri ciò che l’amico stava facendo. Sollevare ora la questione con un uomo che anteponeva i suoi affari a tutto il resto, sarebbe stato sciocco e imprudente.