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Il Lasaject, un vaccino contro la febbre di Lassa, la terribile malattia emorragica, era uno degli ultimi componenti che sarebbero stati votati per essere inclusi nell’Omnivax. Malattia endemica nella Sierra Leone, negli ultimi anni era comparsa sempre più di frequente negli Stati Uniti.

«Specificamente», rispose, «perché l’attuale governo stia facendo pressione su di noi, affinché si approvi questo vaccino, quando vi sono tante domande senza risposta e tanti consumatori a cui piacerebbe vederlo ridotto progressivamente o accantonato del tutto.»

Ecco! L’ho detto e ne sono felice.

Ellen continuava a fare ricerche sulla malattia, anche mentre Rudy stava analizzando i dati clinici accumulati sul vaccino. La febbre di Lassa, provocata da un virus simile al letale Ebola, era comparsa a Chicago e a Milwaukee una decina d’anni prima, causando rapidamente più di venti decessi. Con la possibilità che si profilasse una grave epidemia, la Columbia Pharmaceuticals, una società con sede centrale nel Maryland, aveva creato e testato con successo un vaccino. Poi, improvvisamente come erano iniziati, i casi di Lassa erano finiti. Era svanita la possibilità che si sviluppasse un’epidemia e la vaccinazione obbligatoria con il Lasaject era stata rinviata a tempo indeterminato dall’FDA. Dopo tanto lavoro, la Columbia si era trovata nei guai. I loro successivi tentativi di mettere in vendita il vaccino nella Sierra Leone erano stati frustrati dal disordine politico di quel paese, la cui economia era tra le più deboli in Africa. L’OMS, l’organizzazione mondiale per la Sanità, si era rifiutata di inviare la sua gente in quella zona tanto instabile. E così, per sette anni il virus attenuato che costituiva il vaccino aveva languito nelle incubatrici del suo creatore.

Poulos la fissò con disprezzo.

«Eppure aveva iniziato tanto bene nella commissione», sbottò.

«Mi spiace di averla delusa.»

In quel momento, il presidente del comitato, Rich Steinman, professore alla università Georgetown, richiamò all’ordine i membri del comitato.

«Ecco», concluse Poulos, spostando la sua attenzione al professore, «ci sono milioni e milioni di persone là fuori che dormiranno meglio sapendo che l’Omnivax ha salvato loro e i loro figli da un gran numero di malattie infettive.»

«George», ribatté Ellen, «non lo faranno grazie al mio voto all’Omnivax.»

Il professor Richard Steinman, gonfio come un piccione, sorrise alla gente riunita e, invero, al mondo intero. La parete divisoria tra le due grandi sale conferenze era stata aperta, e il tavolo spostato per far sedere circa centocinquanta persone. Dietro Steinman, su un basso palco, sedevano politici e scienziati e una decina dei più illustri membri della selezionata commissione federale sull’Omnivax, compreso George Poulos. Ellen sedeva a un’estremità della prima fila, schiacciata tra il direttore del comitato sulle malattie infettive dell’accademia americana di pediatria e la donna che dirigeva il comitato sulle pratiche di immunizzazione dei centri per il controllo delle malattie. Parecchie file dietro di lei, sedeva Cheri Sanderson, intenta a discutere fino all’ultimo momento.

Come Ellen aveva previsto, la riunione della commissione che aveva preceduto questa seduta era stata poco più che un incontro d’incitamento a darsi da fare, con scienziati e medici che si complimentavano a vicenda e festeggiavano il lavoro quasi concluso. Richard Steinman aveva fissato la data per la votazione a scrutinio segreto seguendo il consiglio del gruppo, quindi aveva fatto il giro del tavolo per raccogliere osservazioni. Non era stato sollevato alcunché di sostanziale.

Ellen non aveva avuto alcuna fretta di aumentare l’allegria suggerendo che tutta la banda aveva ancora tempo per riflettere sui propri voti. Di sfuggita aveva pensato di dire un semplice: «Grazie per avere sopportato le mie incessanti domande e per tutto quello che mi avete insegnato in questi tre anni», ma sapeva che il suo superego era troppo sviluppato per permetterle di dire una bugia simile. Quando era venuto il suo turno, ammonendosi a essere breve, aveva bevuto un sorso d’acqua, pregando che nessuno notasse che le tremavano le mani e si era alzata per affrontare il gruppo.

«Tutti quelli che hanno parlato finora hanno spiegato quanto fosse positiva l’esperienza di aver fatto parte di questo gruppo», aveva esordito. «Di fatto, sotto molti aspetti, è stata un’esperienza positiva anche per me. Sappiate che ho fatto del mio meglio per non essere ostile o testarda mentre esaminavamo scrupolosamente montagne di dati scientifici e relazioni. In questa commissione, io sono comunque la rappresentante dei consumatori e, pur sapendo che il nostro voto sull’Omnivax è solo una formalità, mi considererei negligente se non facessi un ultimo appello a loro favore.

«Fermare il treno della vaccinazione dopo che ha messo la locomotiva sotto pressione è più difficile che trattenerlo in stazione finché la documentazione medica che afferma la sua sicurezza ed efficacia non sarà schiacciante. L’Omnivax è stato verificato su soggetti di controllo per circa sei mesi, e molti suoi componenti non sono stati studiati per un periodo prolungato.

«So di avere già espresso le mie preoccupazioni in questo campo, ma ancora mi turbano alcuni articoli, poco supportati, lo ammetto, che accennavano a un’associazione tra l’aumento delle vaccinazioni immunologiche e l’aumento di malattie di natura immunitaria come il diabete, l’asma e la sclerosi multipla, per non parlare dell’incredibile aumento di stati come l’AIDS e l’autismo. Noto che alcuni di voi non vedono l’ora di alzarsi in piedi e rigettare la mia affermazione con i loro dati. Ma ciò che ho appreso negli anni passati lavorando insieme, è quanto siano malleabili le statistiche. Gli stessi dati possono essere forniti in un gran numero di modi, un po’ come il pollo.»

Qualcuno, attorno al tavolo, rise calorosamente, ma Ellen comprese, dalle espressioni di molti, di avere già blaterato troppo a lungo.

«E così», concluse, non più agitata, «dato che questa sarà la nostra ultima riunione prima della votazione, intendo tenere sott’occhio l’Omnivax per le settimane, i mesi e gli anni a venire. E forse, tra non molto, potrò avervi tutti a casa mia per una cena, naturalmente a base di pollo.»

Gradualmente, l’attenzione di Ellen passò dal rivedere le sue osservazioni durante l’ultima riunione della commissione alla questione imminente. Steinman, animato dall’importanza del momento, terminò la presentazione del più importante dei luminari, poi s’interruppe ed esaminò il suo pubblico.

«E ora, signore e signori», annunciò, «è con grande piacere che vi presento la donna che ha condotto questo progetto con altruismo e intuito, l’autrice di due libri epocali, La prevenzione è la miglior medicina e Citizen Pioneers, la first lady degli Stati Uniti, la signora Lynette Marquand.»

Tutti si alzarono in piedi e applaudirono per più di un minuto. Lynette Marquand, che indossava un semplice, ma splendido tailleur beige, fece loro segno di sedersi. Poi, per quindici secondi di assoluto silenzio, rimase lì, osservando l’uditorio, lo sguardo fisso alle telecamere, esaltando il significato dell’evento. Attese che la drammaticità del silenzio raggiungesse l’apice prima di parlare.

«Signore e signori, illustri scienziati e medici, membri della stampa, cittadini di questo paese e del mondo, è con un grandissimo piacere che vi presento la vera stella di questo progetto.»

Esitò nuovamente, quindi roteò in modo istrionico e tirò una lunga e infiocchettata corda dorata, facendo scorrere un rotolo di carta largo un metro che scese dal soffitto. Stampate in grassetto, partendo con DIFTERITE e continuando fino a ENCEFALITE GIAPPONESE, vi era una lista di trenta malattie che sarebbero state prevenute se non eliminate grazie all’Omnivax. Terza dal fondo, dopo COLERA e SHIGELLOSI, vi era FEBBRE DI LASSA.