Nessuno poteva negare che lo stabilimento di lavorazione del carbone della BC C pullulasse di sostanze chimiche cancerogene. Che trattassero ed eliminassero quelle tossine in modo legale e sicuro era un’altra storia. Matt aveva un sacco di teorie e aveva anche sentito parlare di discariche e depositi illegali, ma nessuna prova. Non c’era mai alcuna prova. Era comunque certo che, se vi fossero state scorciatoie per qualsiasi aspetto della sicurezza nella miniera o dello smaltimento dei rifiuti tossici, i dirigenti della BC C le avrebbero seguite. Era stato così quando era morto suo padre, e Matt era certo che le cose non erano cambiate.
Nel corso degli anni aveva inviato una lunga serie di lettere all’MSHA, l’ufficio governativo per la sicurezza e la salute in miniera, pretendendo accertamenti e ispezioni sul posto. Due anni prima, avevano risposto alle sue richieste inviando un’ispezione. Nulla, assolutamente nulla, a parte alcuni difetti di scarsa importanza nella manutenzione. Ora la sua credibilità era a un livello molto basso. I dipendenti dell’ente o si rifiutavano di rispondere alle sue telefonate o, quando lo facevano, scoppiavano a ridere all’idea di fare, sulla base della sua segnalazione, un’altra incursione a sorpresa.
Malgrado disprezzasse LeBlanc, Matt ritenne di non avere alcun motivo per non far sapere all’agente della sicurezza che cosa era successo nella miniera.
«Fottuto Teague», borbottò LeBlanc, quando Matt terminò il racconto. «Stupido bastardo.»
Mickey Shannon, il minatore che Matt era stato chiamato a suturare, aveva cinquantaquattro anni, decisamente troppi per il lavoro in miniera. Ricordava infatti di essere stato nella squadra del padre di Matt.
«Un brav’uomo… Davvero un brav’uomo… Era rimasto uno di noi anche dopo essere diventato caposquadra.»
Un acuminato pezzo di pietra del tetto della galleria era rimbalzato sulla fronte di Mickey sotto l’attaccatura dei capelli. Fosse volato due centimetri più in alto, l’avrebbe colpito direttamente sul cranio e il suo nome sarebbe finito nell’elenco delle vittime della miniera appeso alla parete del locale The Grub Pit. La pietra gli aveva invece fatto ricadere un lembo di pelle largo dodici centimetri sul naso e sugli occhi.
«Ora le inietterò della novocaina per addormentare la parte mentre la suturo», spiegò Matt.
«Non occorre, dottore. Mi ricucia e vada da chi ha più bisogno di lei.»
Matt sapeva per esperienza che questo atteggiamento non era finta spacconeria. Mickey Shannon e gli altri minatori si erano confrontati con il dolore fisico ogni giorno della loro vita. Prendersi cura di loro e di gente come loro era stato uno dei principali motivi per cui aveva deciso di esercitare la professione medica nella sua città natale. Buona parte della sua clientela era formata dal tipo di montanaro rude che si guadagnava duramente ogni dollaro e che aiutava il vicino anche se non aveva quasi mai il tempo di parlare con lui.
«Ehi», esclamò Matt, «lei si occupi del lavoro in miniera, il medico sono io.»
«Se lo dice lei. La gente di qui parla molto bene di lei, dottore. Ultimamente pensavo di farmi vedere da un medico ed è a lei che mi sarei rivolto.»
«Allora lo faccia», ribatté Matt, tremando al pensiero di ciò che i raggi X del petto di quell’uomo avrebbero rivelato.
Anestetizzò i bordi dell’ enorme ferita con una soluzione all’un per cento di Xylocaina, preparò la zona con Betadine, la attorniò con una serie di garze sterili, quindi, con grande attenzione, ripose il lembo al suo posto. Sarebbe rimasta una cicatrice, come sempre, quando si sutura la pelle. Il dubbio era se fare una microscopica, meticolosa chiusura con minuscole suture che potevano saltare se Mickey fosse tornato troppo presto al lavoro, o un lavoro più rapido, usando materiale di sutura più grosso, che avrebbe, tuttavia, resistito meglio.
«Come funziona il suo contratto di sussidio per malattia?» chiese Matt.
«Riceviamo il salario intero finché abbiamo giornate di malattia disponibili. Poi c’è un periodo di attesa di un mese, prima che venga contribuita l’invalidità. Con la nota del medico che dice che il problema è correlato al lavoro, iniziamo immediatamente a riscuotere il sussidio senza perdita del tempo di malattia. Ma io…»
«Sttt.»
Matt scelse del filo riassorbibile per una sutura accurata a stratificazione e del filo di nylon sottile per la pelle. Infilò occhiali protettivi con lenti d’ingrandimento e un paio di guanti. Il volto rugoso di Mickey, segnato dal tempo, mostrava chiaramente tre decenni passati in miniera. Oggi, tuttavia, avrebbe lasciato il pronto soccorso con qualcosa di più della più sottile cicatrice.
«Lei è in malattia per due settimane», disse Matt. «Le darò il certificato. Anzi, facciamo tre. E se avrà un qualsiasi genere di emicrania, uno qualsiasi, aggiungeremo qualche altra settimana.»
Venti minuti dopo era a metà strada di una sutura che avrebbe soddisfatto una star del cinema, quando, ansante, Laura Williams lo chiamò dalla porta.
«Matt, il dottor Easterly ha immediatamente bisogno di lei nella ‘suite degli scontri’. Dovrà finire qui più tardi.»
Matt pose alcune garze imbevute di disinfettante sulla ferita di Shannon. Arretrò poi di un passo dal lettino, flettendosi per rilassare parte dell’irrigidimento del collo.
«Mickey, ha sentito?» domandò.
«Non si preoccupi per me. Chi deve andare a visitare, signorina?»
«Un certo Darryl Teague», rispose Laura. «Gli è caduta addosso un’attrezzatura pesante.»
«Lo lasci morire!» sbottò Mickey.
Pur essendo occupato ogni letto del pronto soccorso e la maggior parte dei pazienti fosse assistita, nella stanza 10 stava lavorando un bel po’ di gente. Matt lanciò un’occhiata al monitor e ne comprese il motivo. Frequenza cardiaca 140. Pressione del sangue 80/40. Saturazione di ossigeno nel sangue solo 89 per cento. Jon Lee, l’infermiere che lavorava accanto alla barella, intercettò lo sguardo di Matt e fece un breve segno con pollice verso. Sembrava che le preghiere di Robby Fenton e di Mickey Shannon stessero per essere esaudite. Da qualche parte al di là del muro di tecnici, infermieri e del medico generico Judy Easterly, Darryl Teague era in punto di morte.
«Che succede?»
Sorpresa, Judy Easterly si girò, poi gli si avvicinò. Era al settimo mese di gravidanza e sembrava che avrebbe preferito trovarsi da qualsiasi altra parte, se solo ne avesse avuto la possibilità.
«È il tipo che ha causato tutto questo casino», gli sussurrò.
«Lo so», annuì Matt. «Emorragie?»
La donna spinse in fuori il ventre e inarcò la schiena, cercando di stirarsi i muscoli.
«Non sono in grado di dirlo», rispose, sempre mormorando. «Ha gettato un macchinario o qualcosa di pesante su due minatori. Nessuno sa perché. Uno è morto. L’altro è in sala operatoria e non credo ce la farà. Dopo averli investiti, ha fatto cadere dei supporti e il tetto è crollato. È rimasto intrappolato sotto un ammasso di pietre. I soccorritori hanno detto che la pressione sanguigna si era mantenuta normale mentre lo portavano qui. Credo che l’infermiere lo abbia assegnato a me perché quando è arrivato sembrava stesse bene.»
«Ora non più. Fratture evidenti?»
Oltre alle tipiche emorragie interne nelle cavità addominali e toraciche, in alcuni casi una gamba o un braccio fratturati potevano causare un’emorragia nel muscolo sufficiente da provocare un collasso.