«Penso che sarà sollevato che lei non l’abbia fatto.»
«Lo credo anch’io. Grazie. Oh, grazie tante.»
Matt sentì la porta aprirsi e chiudersi.
«Tutto bene, Matt», gridò Mae. «È andata via. Puoi venire.»
Matt entrò nella modesta sala d’attesa e baciò la sua segretaria sulle guance.
«Ci sono degli eschimesi cui vorrei vendere dei frigoriferi», esclamò Matt. «Penso tu sia la donna ideale per farlo.»
«Grazie, no. Non sopporto il freddo.»
«Che tu sia benedetta per avere salvato la mia professione.»
«Oh, non è stato poi tanto difficile», rispose lei. «Finora sei tentativi di defezione, tre soli andati in porto.»
Mae era stata la segretaria di Matt dal giorno in cui aveva aperto l’ambulatorio. Era sulla cinquantina, ma i capelli argentei e un modo di fare e di vestire tradizionale le aggiungevano una decina d’anni. Nel corso degli anni, sia le loro differenze sia la loro totale devozione alla professione medica e ai pazienti li avevano legati strettamente. Oltre a preparare il miglior caffè della città, Mae aveva il dono di saper infilare tra un appuntamento e l’altro qualunque paziente avesse bisogno di una visita medica e di «aggiustare» la parcella per chiunque non potesse pagare.
«Temo che questa storia mi abbia creato parecchi nemici in città, Mae», ammise.
«Non è esatto. La gente di questa città ti vuole bene e ti rispetta per quello che sei. Molti di loro simpatizzano con te a causa della tua dolorosa perdita. Altri stanno perdendo la pazienza. Da quando sei tornato qui, i tuoi tentativi per fare multare o addirittura chiudere la miniera per violazioni della sicurezza hanno dato fastìdio a un bel po’ di persone. Ti hanno reso un elemento irritante in alcuni quartieri e oggetto di scherzi in altri. L’aver salvato Darryl Teague ha soltanto amplificato le critiche.»
«Dai, Mae, smettila di usare mezzi termini. Che pensi veramente?»
Sorrise suo malgrado.
«Molto divertente», sbottò. «Ma non lo è più tanto quando tutti smettono di farsi visitare dal miglior medico della valle, perché pensano che stia facendo crociate per portare loro via i mezzi di sostentamento.»
«Non sto facendo crociate per portare via il lavoro a nessuno. È solo che…»
«Matthew, apri gli occhi», lo interruppe. «Da quando Ginny è morta, hai i paraocchi. Già prima scrivevi lettere alla gente sulla sicurezza della miniera e cercavi di trasformare ogni ferito nella miniera in un caso federale. Dopo la sua morte, non hai più smesso. E che hai in mano? Niente.»
«È qui che ti sbagli», disse lui e andò nel suo ufficio a prendere un mucchietto di fogli colorati. «Ecco cosa ho in mano, ancora freschi di stampa.»
Li pose sul banco di Mae e gliene allungò uno.
«Mio Dio», gemette Mae. «La Coalizione delle Miniere Salubri?»
«Ho pensato che suonava meglio di dottor Matthew Rutledge.»
«Matthew, quando capirai? Non puoi nuocere a quella gente. Hanno più soldi di quanti noi si possa mai sperare, e più influenza in alto di quanta ne serva per sbarazzarsi di una mosca come te. Mettendoti contro di loro, puoi solo fare del male a te stesso.»
«Mae, Ginny è morta per un tipo di cancro che compare solo una volta su un milione nelle donne non fumatrici della sua età. E ora, ecco due esempi di una sindrome insolita in due uomini che, guarda caso, sono entrambi minatori. Come non credere che la BC C sia responsabile? Hai idea di quanti barili di sostanze petrolchimiche tossiche producano, convertendo il carbone in fertilizzante o pittura o, in particolar modo, in coke? Dove sono quei barili?»
Se non altro, Matt aveva fatto il suo compito a casa. La produzione di carbone coke, il derivato dal carbone essenziale per la fabbricazione di ferro e acciaio, era, secondo lui, la principale colpevole. Con impianti, attrezzature e tecnologia adeguati, alcuni tipi di carbone potevano essere sfruttati quasi al cento per cento. Svariati sottoprodotti, tuttavia, come creosoto, catrame, pece e molte altre sostanze idrochimiche, se non venivano prodotti in quantità sufficienti per avere un valore commerciale, dovevano essere eliminati in modo sicuro o accumulati. Matt riteneva che, proprio in questo campo, i dirigenti della BC C prendessero le scorciatoie più pericolose.
Scrollando la testa, più per frustrazione che per disapprovazione, Mae ridiede i volantini a Matt.
«Hai cinque minuti prima dell’appuntamento con Jim Kinchley», lo avvisò. «L’ho mandato al laboratorio per le solite analisi del sangue e un elettrocardiogramma.»
«Perfetto. Mae, non preoccuparti. Andrà tutto bene.»
La donna sorrise a labbra strette e si rimise al lavoro.
Matt entrò nel suo studio e iniziò a sfogliare la pila di referti e diagrammi. Come al solito, le parole di Mae erano sagge, pensò. Era mai stata pubblicata una delle sue lettere inviate al giornale? E che dire della riunione cittadina da lui indetta, alla quale avevano partecipato soltanto sette persone, comprese sua madre, suo zio e due senzatetto presenti solo per il caffè e i biscotti?
Alzò gli occhi proprio nel momento in cui una tanagra rossa si posava su un ramo della quercia bianca fuori della finestra. Per un minuto, forse più, quel magnifico uccellino canoro rimase appollaiato lì, immobile, e pareva fissasse direttamente lui.
Ginny?
L’uccello non si mosse.
Ginny, sei tu?
Dall’uscio, Mae Borden si schiarì la gola.
«Matthew, tutto bene?»
«Eh? Sì, certo, sto bene.»
Lanciò un’occhiata all’albero, ma l’uccellino era scomparso.
«Stavi pensando a tua moglie, non è vero?»
«No, voglio dire, sì. Sì, è vero.»
«L’avevo immaginato.»
«Sai, Mae, sono passati quasi quattro anni, ma dentro di me non è cambiato nulla. Anzi, mi manca più che mai. A volte è una nuvola che me la ricorda, poi una scena nel bosco o la sagoma di una donna che cammina davanti a me sul marciapiede. Poco fa è stato un uccello, una tanagra. Questa volta, però, non mi ha solo ricordato lei, Mae. Ho avuto la potente sensazione che fosse lei. Per quanto mi sforzi, non riesco a capire quanto lungo sia il per sempre. Continuo a pensare che qualche regista entrerà qui dentro, batterà le mani e annuncerà che questa scena è finita e che possiamo passare alla successiva, quella in cui lei mi sta aspettando a casa per parlarmi di ciò che ha fatto mentre i bambini erano a scuola.»
Mae attraversò lo studio e gli pose una mano sulla spalla.
«È giusto conservare i ricordi», disse, «purché non distraggano la vita che ti è rimasta da vivere. Con tuo padre morto, tua madre, poveretta, sempre più… ammalata, e le ore che trascorri qui e in ospedale, e adesso questa faccenda alla miniera, a volte mi chiedo come fai. Il trucco è avere tutti questi ricordi che ti rammentano non tanto come era la vita, ma quanto bella potrà essere di nuovo, se tu glielo permetti.»
«Capisco.»
«Lo spero proprio.»
Mae aggirò la scrivania e prese il pacco di volantini color cremisi.
«Hai intenzione di buttarli via?» le chiese.
«No», rispose con un tono e un’espressione dolceamara. «Ho intenzione di distribuirli in tutta la città. Non si sa mai.»