Era appena uscita dallo studio di Matt, che squillò il telefono. La sentì rispondere attraverso la porta aperta.
«Studio del dottor Rutledge… Quando?… Ha qualche idea del perché? Glielo dico immediatamente… Grazie. Grazie per avere telefonato.»
Riagganciò e un attimo dopo era davanti alla porta.
«Matthew, era Janice dell’unità di Terapia Intensiva. Darryl Teague ha avuto un improvviso arresto cardiaco. Hanno cercato di rianimarlo, ma non c’è stato nulla da fare. È morto.»
4
Da due giorni non smetteva di piovere. Nikki Solari odiava correre con quel tempo, ma oggi stava pensando di farlo comunque. Era passata più di una settimana da quando la sua compagna d’appartamento e intima amica, Kathy Wilson, si era precipitata fuori della loro casa nella zona meridionale di Boston. Una settimana senza farsi sentire, né con lei né con amici comuni. La polizia era stata di poco aiuto. Nikki aveva compilato moduli e consegnato fotografie, ma, fino a quel momento, niente.
«… signorina Solari, cerchi di calmarsi. Sono certo che la sua amica tornerà.»
«Dottoressa Solari, per favore, e come mai ne è tanto sicuro?»
«È quello che succede nei casi come questo. Tutti si preoccupano, poi la persona scomparsa riappare.»
«Vede, questa persona scomparsa è una musicista di grande talento che non avrebbe mai lasciato il suo complesso nei guai. Cosa che ha fatto. È un’amica profondamente fidata, che non farebbe mai nulla per sconvolgermi. Cosa che invece ha fatto. È inoltre una donna estremamente gentile e sensibile che non direbbe mai nulla di offensivo a chiunque. Eppure, prima di scomparire non faceva che insultare tutti.»
«Dottoressa Solari, in tutta sincerità, lei e la signorina Wilson eravate amanti?»
«Oh, Cristo…»
Nikki aveva un disperato bisogno di scacciare dalla mente la preoccupazione, anche solo per un po’, e l’unico modo per riuscirci era mettersi a correre, suonare ed eseguire autopsie.
Erano le undici del mattino. Ancora un’ora alla pausa pranzo, poi sarebbe potuta andare a correre per un paio di chilometri. Era alla finestra del suo studio e guardava le automobili che percorrevano Albany Street lungo il moderno edificio, il quartier generale del medico legale e del suo staff. Da tre anni era associata nello studio di medicina legale di Josef Keller. Era affascinata dal suo lavoro e adorava letteralmente il suo capo. L’ultima settimana, tuttavia, era stata un inferno. Lanciò un’occhiata alla scrivania: c’erano referti da leggere, dettature da fare e parecchi vetrini da riesaminare, ma non riusciva a concentrarsi.
«Ehi, bellezza, c’è un caso per te.»
Senza aspettare di essere invitato, Brad Cummings entrò nello studio a grandi passi. Divorziato con due figli, Cummings era il vicecapo medico legale. Atletico, gentile e, agli occhi di ogni donna della città, tranne quelli di Nikki, attraente. Lei lo trovava compiaciuto, pieno di sé e decisamente troppo belloccio. Proprio l’opposto di quello che cercava in un uomo.
«Dov’è il dottor Keller?» chiese Nikki.
«Rientra all’una. Ciò significa che fino a quel momento il capo sono io, per cui spetta a me dire chi riceve un caso. Ti tocca questo vascaiolo.»
«Questo cosa?»
«Questo sessantaseienne ha avuto una trombosi coronarica mentre entrava nella sua Jacuzzi, ha sbattuto la testa ed è partito per la sua nuotata eterna. Otto mesi fa gli hanno fatto un bypass. Ho parlato con il suo medico, mi ha detto che assumeva un sacco di farmaci e che senza alcun dubbio ha avuto un infarto miocardico. Per cui c’è solo da dargli un’occhiata. Il che significa che abbiamo tutto il tempo per andare a mangiare in quel localino in Newbury Street di cui ti ho già parlato.»
«Brad, non voglio uscire con te.»
«Pensavo che tu avessi rotto con quell’omuncolo con cui uscivi.»
«Rettifica. È stato quell’omuncolo a piantarmi. E io non ho alcuna voglia di mettermi con qualcun altro.»
«Ti piaccio. Lo capisco.»
Nei momenti migliori, Nikki lo tollerava appena.
«Brad, hai più che sufficienti scalpi appesi nella tua tenda, anche senza il mio. E sono certa che ce ne sono molti altri, là dove hai raccolto i primi. Andremo perfettamente d’accordo, a patto che tu mantenga i rapporti su un livello professionale. Ma chiamami di nuovo bellezza o dolcezza o baby o in qualsiasi altro modo che non sia Nikki o dottoressa Solari, e ti prometto che scriverò una nota e la darò al dottor Keller. È abbastanza chiaro?»
«Ehi, calma.»
Nikki ebbe l’impressione che si fosse fermato un attimo prima di aggiungere «baby».
«Vado a occuparmi del nuovo caso», borbottò lei.
«Te l’ho già detto, basterà un semplice sguardo. Non richiede lo scalpello, dagli solo un’occhiata e firma la dichiarazione di morte.»
«Se non ti fa niente, prenderò quella decisione dopo averlo esaminato.»
Nikki non aggiunse che per nulla al mondo avrebbe trascurato questo caso, per quanto semplice fosse. Era l’occasione ideale per non pensare a Kathy per alcune ore senza infradiciarsi nelle vie di Boston.
«Fa’ come ti pare», replicò lui. «Tre giorni.»
«Cosa?»
«Tre giorni. Ecco quanto è rimasto in acqua quel tipo. È un po’… ecco, gonfio. Sei certa di non volerlo solo ‘guardare’ e poi fuggire via?»
«Buon pranzo, Brad.»
Nikki si infilò la tuta e trovò il cadavere di Roger Belanger su uno dei tre tavoli in acciaio inossidabile nella sala autopsie. Figlia di un italiano e di una irlandese, poteva facilmente far risalire i folti e neri capelli e la larga (qualcuno diceva sensuale) bocca al padre, e la pelle chiara, gli occhi verde mare, la struttura slanciata e lo spirito caustico alla madre. Spinta dal padre, aveva cercato di seguire le sue orme in chirurgia, ma, dopo un anno di internato e dopo essersi resa conto che il suo desiderio di avere una vita al di fuori della medicina sarebbe stato annullato dalle troppe ore in sala operatoria o dai giri di visite in corsia, era passata a patologia. Non aveva mai rimpianto quella decisione.
Belanger non era di certo il cadavere più brutto che avesse esaminato, ma non era neppure molto gradevole alla vista. Sovrappeso e quasi completamente calvo, era gonfio e scolorito, con la pelle, marmorizzata e rossastra. Gli arti flaccidi erano ben oltre il rigor mortis. La cicatrice bianca del bypass gli correva lungo lo sterno.
Addio, per ora, Kathy, pensò, mentre iniziava a concentrarsi sui dettagli del corpo. Ti farò tornare nei miei pensieri tra due ore.
«Per quanto chiaro sia un caso», le aveva ricordato più di una volta il dottor Keller, «per quanto apparentemente da aprire e chiudere immediatamente, evita di fare ipotesi. La procedura è tutto. Se ti attieni alla procedura, passo dopo passo, ti capiterà raramente di dover spiegare di non avere notato qualcosa.»
Primo passo: leggere attentamente quante più informazioni sul soggetto si riescono ad avere. Secondo passo: ispezionare ogni millimetro della pelle.
Mentre eseguiva il suo lavoro, Nikki attivò il sistema di dettatura con il piede.
«… cicatrice ben rimarginata di sette centimetri e mezzo nel quadrante addominale inferiore destro, con ogni probabilità causata da una appendicectomia; cicatrice di ventidue centimetri e mezzo, suppergiù dello stesso periodo, sulla coscia interna destra, probabilmente perché era stata utilizzata una vena per il bypass; cicatrice ben rimarginata di cinque centimetri appena sotto la rotula sinistra, probabile conseguenza di una vecchia lacerazione.
«Un’unica contusione appena sopra e dietro l’orecchio destro, con alterazione del colore e un certo rigonfiamento, ma nessun infossamento dell’osso sottostante. Vi è una abrasione della dimensione di un nichelino appena sotto la mandibola destra che…»
Nikki fissò il semplice graffio. Era l’unico punto sul corpo infradiciato di Belanger dove la pelle era scorticata. Infilò un paio di occhiali con lenti d’ingrandimento e illuminò la zona con una lampada a collo d’oca. L’abrasione aveva una perfetta forma esagonale. Al centro, dieci minuscoli lividi formavano la lettera «H». Fotografò la zona, quindi continuò il suo esame meticoloso.