«Appena potrà muoversi, mettetelo in una vasca piena di acqua calda e saponata», ordinò Matt, pulendo al meglio la ferita e lavandosi le mani nel secchio d’acqua. «Brucerà, forse, ma gioverà molto. Qualcuno ha degli antibiotici? Ora che la ferita è aperta, potrebbero essergli di giovamento.»
«Stronzo, sai che li abbiamo», gridò Bass. «Becky mi ha detto cosa hai fatto per Samuel.»
Avendo ovviamente previsto ciò di cui avrebbe avuto bisogno, rovesciò la federa piena di farmaci rubati e Matt scelse l’antibiotico più potente.
«Due di queste, quattro volte oggi», ordinò, chiedendosi se l’essere stato colto a dire quella particolare bugia sarebbe stato per lui un vantaggio o uno svantaggio, «poi una, quattro volte al giorno. Dovrebbe farsi ricoverare in ospedale, ma, anche se non lo porta là, questa cavità dovrebbe guarire dall’interno entro due settimane, tre al massimo. Mandi qualcuno a comperare dieci o dodici bottiglie di perossido e delle bende. Potete pulire il foro con il perossido e poi tamponarlo con le bende.» Lanciò un’occhiata alle sue mani nude e soggiunse: «Prendete anche un paio di scatole di guanti in gomma».
Esitò, scegliendo con cura le parole per stringere una specie di patto con Bass. Prima di poter parlare, tuttavia, senza una parola di ringraziamento o di avvertimento, Bass fece un cenno con la testa e Matt venne tirato, quasi trascinato senza cerimonie, fuori dalla casa e riportato nel capanno.
«Aspetta un po’», si lamentò mentre Testa Rasata lo ammanettava di nuovo al tubo in rame. «Aspetta un fottuto minuto. Ho appena salvato la vita di quell’uomo. Senti, devo andare via di qui. I miei amici moriranno se non lo faccio. Di’ a Bass che non dirò mai a nessuno ciò che ho visto qui. Lo prometto.» I motociclisti si stavano già avviando verso la porta. «Alt! Questo non è giusto! Ho salvato la vita del vostro amico!» Stava inveendo contro l’interno della porta chiusa. «Dannazione.»
Matt prese a calci la parete e fece altri inutili tentativi per staccare il tubo. Niente da fare. Era già bell’e morto. Se l’avessero lasciato in vita, sarebbe stato solo per curare la ferita alla schiena di Rake.
«Bastardi!» gridò. «Ingrati bastardi!»
Si lasciò cadere sul letto di stracci unti, tirò su la coperta e chiuse gli occhi. Nemmeno Nikki e gli altri avevano ora più alcuna possibilità di sopravvivere. Per un po’ pensò alla lenta asfissia. La respirazione sempre più difficile, la sensazione di avere sonno, sdraiarsi, chiudere gli occhi e non svegliarsi più. C’erano di certo modi peggiori di morire, compreso probabilmente anche quello che i motociclisti avevano in serbo per lui.
Il tempo passò. Forse si era appisolato quando la porta venne di nuovo spalancata. Bass rimase sull’uscio come aveva fatto la prima volta, bloccando la visuale di ciò che c’era dietro di lui. Questa volta vi era, tuttavia, qualcosa di diverso. Questa volta teneva la mano sinistra dietro la schiena e nella sua enorme zampa destra, ciondolante lungo il fianco, una pistola.
«Merda. Bass, no», lo implorò Matt in un mezzo sussurro. «Non dirò a nessuno di voi. Lo prometto.»
«Farai meglio a ricordartelo», borbottò Bass. «È un bene per te che tu sia un bugiardo tanto scadente.»
Si chinò e lanciò la pistola di Matt, facendola scorrere sul pavimento fino a quella specie di giaciglio. Matt non aveva ancora afferrato il significato di quel gesto, quando vide arrivare dietro la pistola anche le chiavi delle manette, un paio di jeans asciutti e una camicia da lavoro. Senza dire un’altra parola, Bass si voltò e uscì dalla capanna.
Al suo posto, occupando molto meno spazio, c’era Frank Slocumb.
35
«Non è incredibile, Lewis? Questo ragazzo sopravvive al crollo di una miniera, percorre un centinaio di metri in un fiume sotterraneo e finisce catturato da Bass Vernon e la sua pazza banda!»
«Sei proprio un bel tipo», disse Lewis a Matt.
Lewis, il tubo nel petto ancora fissato alla camicia, era incastrato tra Frank e Matt nella cabina del malconcio furgone Ford rosso anni Quaranta. Dietro, tra scatole e teloni, c’era il fratello minore Lyle. Kyle era rimasto a sorvegliare la fattoria.
«Frank», scherzò Matt, ancora stordito per lo scampato pericolo con i motociclisti, «a parte forse quando sei uscito dal ventre di tua madre, giuro che nessuno è mai stato più felice di me di vederti.»
«Chi dice che mamma era felice?» s’intromise Lewis. «Stava per tagliarsi la gola quando lo ha visto.»
«E voleva tagliare la tua quando ha visto te.»
Matt rise con loro. Erano appena passate le dieci di una mattinata nuvolosa. Il furgone aveva percorso sobbalzando una strada in terra battuta, ripida e profondamente solcata, per circa mezz’ora, aggirando la montagna che conteneva sia la miniera Belinda sia il deposito di materiale tossico.
«Ti sei fatto proprio una bella gita, Matt», commentò Frank. «Otto chilometri in tutto, forse nove e mezzo da dove sei partito a dove ti ha trovato la banda di Vernon. Sei un uomo fortunato.»
«Temevo che sarei morto cadendo dalla cascata, poi ne fui convinto quando Bass è entrato con quella maledetta pistola in mano.»
«È il suo modo di fare. Bass è pazzo come un cavallo. Anche cattivo, a seconda della droga che sta prendendo. Non credo di averlo mai visto lasciare uscire vivo qualcuno dal suo campo. E tu, Lewis?»
«A parte noi», rispose Lewis.
«Sapeva che noi facciamo il miglior whisky della valle. Quello che coltivano in quel buco infernale non c’interessa. Hanno però più armi e munizioni dell’esercito statunitense e le cose che fanno bang ci sono sempre piaciute.» Frank scoppiò a ridere, accompagnato da Lewis. «Nel corso degli anni hanno imparato ad avere fiducia in noi, almeno per quanto Bass riesca a fidarsi di qualcuno. Devi avere fatto qualcosa di veramente speciale, se ci ha creduti quando gli abbiamo detto che ci si può fidare di te e ti ha lasciato andare.»
«Ho salvato la vita di Rake», rispose Matt semplicemente.
«Nessuno ti darà una medaglia per questo», commentò Lewis.
Matt controllò l’ora. Doveva esserci stata sufficiente aria nella grotta per consentire a Nikki e agli altri di sopravvivere fino a quel momento. Pregò che Nikki, o Ellen, non l’avessero dato per spacciato e avessero deciso di uscire per il fiume. Era improbabile che gli dei lasciassero scampare due persone in una sola mattina per quella via.
«Quanto ancora?» domandò.
«Siamo quasi arrivati», rispose Frank. «Non si può arrivare direttamente alla galleria che intendiamo usare dalla casa di Vernon.»
«E Vernon vi ha spiegato di che cosa ho bisogno? Avete portato gli esplosivi?»
Frank sorrise.
«Penso proprio di sì», rispose Lewis.
«Perché pensi stia guidando tanto adagio?»
Matt trattenne il fiato e fissò, al di là della finestrella, Lyle che, tranquillamente disteso tra i pacchi, fumava una sigaretta.
«Vi devo tantissimo», ammise Matt.
Percorsero gli ultimi quattrocento metri fuoristrada, insinuandosi tra gli alberi e superando radici. Nel punto in cui Frank si fermò, non si notava alcuna galleria lungo la base rocciosa dell’enorme montagna rimboschita.
«Dove andiamo da qui?» chiese Matt, mentre scaricavano due grandi zaini dal camioncino, due sacche più piccole in nylon e una lunga sacca color cachi con un’insegna dell’esercito degli Stati Uniti stampinata sopra.
«Solo perché tu non vedi niente, non vuole dire che non ci sia qualcosa», replicò Frank, passando a Matt uno dei grandi zaini e due rotoli di corda. «Qui ci sono un sacco di entrate nella montagna. Il trucco sta nel sapere quale finisce di colpo in grandi e profondi buche.»
Solo Lewis non era caricato come gli altri quando attraversarono la ventina di metri di terreno ricoperto di foglie e arbusti per raggiungere la collina. Matt si sentì sempre più eccitato all’idea di rivedere Nikki viva.