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«Non puoi lasciarmi qui così», gridava Hal, ogni volta sempre più disperato, sempre più patetico di prima. «E se avessi un attacco di cuore? E se dovessi andare a fare pipì? In questo paese si è considerati presunti innocenti fino a che non viene dimostrata la colpevolezza. Chi ti ha reso giudice, giuria e boia? Per amor di Dio, Matthew, ascoltami. Ti conosco da quando sei nato. Non puoi farmi questo!»

«Hal, dove sono le chiavi della tua auto?»

«Le mie cosa?»

«Le chiavi della tua auto.»

Matt aveva trovato la motocicletta nel garage e le chiavi sulla mensola della cucina, ma se voleva percorrere i duecentosettanta chilometri dalla Virginia a Washington a centotrenta chilometri all’ora, avrebbe preferito farlo in una berlina Mercedes che appollaiato su una Harley con una dilettante, che odiava le motociclette e si dimenava sul sedile dietro di lui.

Hal smise di blaterare e scoppiò a ridere.

«Se le avessi di certo non te le darei. A meno che tu non mi lasciassi andare. Ma, grazie a te, non ho alcuna chiave.»

«Che intendi dire?»

«Ho un solo mazzo di chiavi, l’altro ce l’ha Heidi, e il mio l’aveva Larry in tasca quando ha fatto quel gran tuffo. Peccato.»

«Hal», commentò Matt, controllando per l’ultima volta i nodi, «spero che, per il resto della tua vita, non avrai più il piacere di guidare un’automobile.»

Si fermò in corridoio e prese la giacca in pelle con interno in lana di Hal, corse poi nel garage, si infilò il casco e mandò su di giri la Harley. Aveva già compiuto quel viaggio in due ore e mezzo. Togliendo quindici minuti a quel tempo, le possibilità di farcela, crescevano. Controllò poi l’indicatore del livello della benzina e gemette. Appena sotto il mezzo serbatoio, due galloni e mezzo, al massimo. Alla velocità che intendeva mantenere, sarebbero bastati per ottanta chilometri, era impossibile fare quel percorso senza fermarsi. Non ci avrebbe messo molto a fare benzina, ma tra il rallentare per entrare nella stazione di servizio, fare benzina e uscire avrebbe perso almeno tre, se non quattro minuti. Eppure, a seconda di quando sarebbe stata realmente fatta quella iniezione e di quanto sarebbero stati fortunati appena raggiunta la clinica, era ancora possibile farcela.

Ellen si precipitò fuori dalla porta d’entrata e lo raggiunse mentre stava facendo indietreggiare la Harley, all’altezza della Mercedes di Hal. Con la giacca in pelle e i pantaloni neri di Heidi, sembrava in tutto e per tutto una motociclista.

«Facciamo questo tentativo», disse, montando dietro di lui.

«Indossi soltanto il casco, si inclini all’indietro, si rilassi, resista e guardi il mondo scorrerle accanto», ordinò Matt, imboccando il vialetto in accelerazione. «È riuscita a parlare con il suo amico?»

«No, ma gli ho lasciato un messaggio. Di solito a quest’ora sta pescando nello stagno dietro casa sua. Oggi spero stia camminando su e giù, preoccupato perché non ha avuto mie notizie.»

«Sono certo che lo è. Ebbene, si parte. Seconda stella a destra e diritti fino al mattino.»

«Non si preoccupi per me, ma corra il più possibile.»

Corra… Dannazione a te, Hal.

Con vivide e tremende immagini delle vittime della sindrome di Belinda in pieno controllo della sua mente, Matt imboccò l’autostrada e diede gas.

«Sher, è arrivata la limousine», gridò Don. «Una limousine bianca. Niente male.»

«Siamo quasi pronte», lo avvisò Sherrie dalla camera da letto. «Voglio che questa ragazzina sia bellissima per il debutto sulla televisione nazionale.»

«Televisione mondiale», la corresse Don.

Osservò l’uomo e la donna, occhiali da sole e abito da ufficio, scendere dalla limousine e imboccare il vialetto. Men in Black, pensò.

«Ta-da», canticchiò Sherrie, sollevando la bambina verso il marito.

«Siete entrambe splendide», disse Don, raggiante. «Veramente belle.» Prese in braccio la neonata e baciò Sherrie sulla bocca. «Nessuno potrebbe credere che tu abbia avuto questa piccola solo quattro giorni fa.»

«Sta raccogliendo una bella serie di punti, signore», scherzò lei, osservando la scena sotto la loro finestra. «Non tutti i bambini vanno a farsi vaccinare scortati dai servizi segreti. Sei pronto?»

«Prontissimo. Nemmeno quando combattevo per il Golden Gloves sono mai stato tanto agitato.»

«Tu, nervoso? Perché mai?»

«Che tu ci creda o no, per la piccola.»

Stupita, Sherrie si girò lentamente e lo fissò, mentre un’ombra di preoccupazione le offuscava il viso.

«Intendi dire l’iniezione?»

«Già.»

Lei sospirò.

«Anch’io», ammise. «Avevo paura di parlartene, perché temevo che pensassi che fossi matta o… o ingrata. So che la signora Marquand ci ha detto che un sacco di persone, neonati e adulti, hanno ricevuto questo vaccino quando è stato testato. Eppure, Donelle sarà la prima a riceverlo dopo l’approvazione.»

«Lo so.»

«Stavo parlando ieri sera con Andrea di suo figlio Randy. Ha compiuto un anno a maggio. Ha continui attacchi e il medico dice che sono provocati da una reazione a una delle vaccinazioni. Deve assumere farmaci e ora Andrea sostiene che la medicina lo sta scombussolando.»

«Questo non lo sapevo. Quel vaccino è uno di quelli che riceverà anche Donelle?»

«Deve esserlo. Lei riceverà trenta vaccini in un colpo solo, tutti quelli di cui avrà bisogno.»

«Vorrei saperne di più», confessò Don.

Sherrie attraversò la stanza e abbracciò figlia e marito.

«Anch’io», ammise, proprio mentre gli agenti dei servizi segreti bussavano alla porta.

Fortunatamente, era una giornata soleggiata e calda. Matt spinse la Harley al massimo delle sue possibilità, oltre il confine della Virginia, quindi, lungo strade a due corsie, attraverso le lussureggianti montagne Shenandoah e gli Appalachi. In meno di un’ora, avevano imboccato la Route 81 a Staunton e si stavano dirigendo a nord verso la 66. Matt mantenne la velocità a centotrenta chilometri all’ora, aggiungendovene un paio quando aveva l’impressione che non vi fossero poliziotti in giro. Grazie al parabrezza e ad ammortizzatori di gran classe sembrava di non superare i sessanta. A Harrisonburg misero quattro galloni di benzina nel serbatoio e vennero a sapere di trovarsi a centosettancinque chilometri da Washington. Mancava un’ora e mezzo prima che venisse sparato quel famoso «botto sentito in tutto il mondo».

A seconda del traffico che avrebbero trovato una volta giunti in città, avrebbero avuto una possibilità di farcela. A Middletown imboccarono l’Interstatale 66 e si diressero verso est, a gran velocità nel traffico leggero. Riverton… Markham… Marshall… The Plains… pian piano recuperavano minuti preziosi che li separavano dal momento in cui Lara Bolton avrebbe iniettato la prima dose di Omnivax nella coscia di una bambina di quattro giorni.

Tre per cento. Forse di più. Probabilità che non avrebbe mai voluto avere a sfavore di suo figlio.

Sul sedile dietro di lui, Ellen rimase tranquilla per quasi tutto il viaggio, aggrappata alle maniglie per mantenere l’equilibrio o, di tanto in tanto, alle sue braccia.

«Non è spiacevole come ricordavo», gridò mentre attraversavano a gran velocità un passo di montagna particolarmente spettacolare.