— Bene — disse Kensie. — Tenga qui i suoi uomini. Io e il reporter andremo a dare un’occhiata.
Mi fece strada, fra le querce. Dalla cima della collina, si vedevano un centinaio di metri di bosco in discesa e circa quattrocento metri di prato con al centro il tavolo e, a lato, la figura nera e immobile dell’ufficiale Amico.
— Che cosa ne pensa, Signor Olyn? — chiese Kensie, guardando fra gli alberi.
— Perché nessuno gli ha sparato? — chiesi, a mia volta.
Mi guardò con la coda dell’occhio.
— Se tenta di raggiungere il bosco — disse — abbiamo tutto il tempo per sparargli, se è proprio necessario. Ma non le ho chiesto questo. Lei ha visto di recente il Comandante degli Amici; le ha dato l’impressione di volersi arrendere?
— No — dissi.
— Capisco — rispose Kensie.
— Non avrà davvero pensato che voglia arrendersi? Che cosa glielo fa credere?
— I tavoli da tregua vengono in genere allestiti quando si vogliono discutere i termini di armistizio fra parti avverse — disse.
— Ma Black non le ha chiesto di incontrarlo.
— No. — Kensie teneva d’occhio la figura dell’ufficiale, immobile sotto al sole. — Credo che sia contro i suoi principi richiedere un negoziato, ma non farlo… forse se ci trovassimo uno di fronte all’altro a un tavolo.
Si voltò per segnalare con la mano. Il Capitano, che aveva atteso ai piedi del pendio, salì.
— Signore — disse.
— Vi sono forze nemiche fra quegli alberi al di là del sentiero?
— Quattro uomini in tutto. I nostri apparecchi ne hanno rilevato il calore in modo netto e chiaro. Non cercavano di nascondersi.
— Capisco. — Fece una pausa. — Capitano.
— Signore?
— Sia così gentile da scendere in quel prato e chiedere all’ufficiale Amico che cosa significa tutto ciò.
— Sì, signore.
Restammo a guardare mentre il Capitano, incespicando qua e là, scendeva il ripido pendio tra gli alberi, attraversava il prato, molto lentamente, o così ci sembrò, e raggiunse l’ufficiale Amico.
Rimasero fermi uno di fronte all’altro e capimmo che si parlavano, anche se non potevamo sentire. La bandiera con la piccola croce nera sbatteva nella leggera brezza. Poi il Capitano si voltò e fece il percorso in senso contrario.
— Generale — disse — il Comandante delle truppe dei Prescelti da Dio vorrebbe incontrarsi con lei in quel campo per discutere la resa. — Si fermò per riprendere fiato. — Vi mostrerete contemporaneamente al limite del bosco, sui due versanti opposti, e procederete insieme verso il tavolo.
— Grazie, Capitano — disse Kensie. E guardò oltre, verso il campo e il tavolo. — Penso che andrò.
— Non potete fidarvi — dissi.
— Capitano — disse Kensie. — Faccia disporre i suoi uomini, pronti all’attacco, tutt’intorno al pendio, qui in cima. Se si arrende, insisterò perché venga con me da questa parte.
— Sì, signore.
— Forse ha condotto la faccenda senza una regolare richiesta di negoziato perché vuole prima arrendersi e poi comunicarlo alle truppe. Perciò, tenetevi pronti. Se Black vuole mettere i suoi ufficiali davanti al fatto compiuto, non vogliamo che lo eliminino.
— Non si arrenderà — ripetei.
— Signor Olyn — disse — le suggerisco di scendere dietro alla collina. Il Capitano si occuperà di lei.
— No — obiettai — io vengo giù. Se è una tregua per negoziare una resa, non ci saranno combattimenti ed è mio diritto essere là. Se non lo è, perché ci va?
Kensie mi guardò in modo strano, per un attimo.
— D’accordo — disse. — Venga con me.
Ci voltammo e iniziammo la ripida e impervia discesa tra gli alberi. Il terreno era scivoloso e dovevamo fare presa con i tacchi degli stivali a ogni passo. Passando fra i lillà, ne percepii il profumo dolce ed evanescente, quasi scomparso perché la fioritura era alla fine.
Dall’altra parte del prato, in linea con il tavolo, quattro figure in nero avanzavano con la nostra stessa cadenza. Uno era Jamethon Black.
Kensie e Jamethon si salutarono.
— Colonnello Black — disse Kensie.
— Generale Graeme. Le sono grato di avermi concesso quest’incontro in questo luogo — rispose Jamethon.
— È un dovere e un piacere, Colonnello.
— Desidero trattare i termini di una resa.
— Posso offrirle — disse Kensie — i termini previsti dal Codice dei Mercenari per truppe nella vostra posizione.
— C’è un malinteso, signore — disse Jamethon. — È la vostra resa che sono venuto a trattare.
La bandiera sventolò rumorosamente.
Improvvisamente vidi gli uomini in nero che misuravano il campo, come li avevo visti passando in macchina, e mi resi conto che le loro posizioni del giorno prima erano le nostre, in quel momento.
— Mi dispiace, ma il malinteso è reciproco, Colonnello — disse Kensie. — Ho una posizione tattica migliore e la vostra sconfitta è ragionevolmente certa. Non ho bisogno di arrendermi.
— Non vi arrenderete?
— No — disse Kensie, bruscamente.
D’un tratto vidi i cinque paletti posizionati dove c’erano i cinque soldati Amici cadere, insieme a quello posto davanti a loro.
— Attento — urlai a Kensie, ma era ormai tardi.
L’azione era già partita. Il Tenente era balzato davanti a Jamethon e tutti e cinque stavano estraendo le loro armi. Sentivo ancora la bandiera sbattere e quel suono sembrò durare a lungo.
Per la prima volta vidi un Dorsai in azione. La reazione di Kensie fu così fulminea da sembrare soprannaturale, quasi avesse letto nel pensiero di Jamethon un istante prima che gli Amici mettessero mano alle armi. Ma prima ancora che potessero toccarle, lui era già balzato al di là del tavolo, con la pistola in pugno. Sembrò volare direttamente sul Tenente, e caddero insieme, ma Kensie non si fermò. Continuò a rotolare oltre l’inerme ufficiale, disteso sul prato, fino a inginocchiarsi, sparare e rituffarsi nell’erba, sempre rotolando.
Il Caporale alla destra di Jamethon cadde. Jamethon e gli altri due giravano quasi su se stessi, nel tentativo di tenere Kensie in vista. I due soldati si spostarono davanti a Jamethon, ma le loro armi non erano ancora pronte. Kensie si fermò di colpo, come se avesse urtato un muro di pietra, si accovacciò e sparò altri due colpi. I due soldati caddero uno da una parte e uno dall’altra.
Ora Jamethon si trovava davanti a Kensie e aveva la pistola in mano, carica. Sparò, e una linea luminosa blu percorse l’aria; ma Kensie aveva ricominciato a rotolare. Sdraiato sull’erba, appoggiato a un gomito, sparò ancora, due volte.
L’arma di Jamethon vacillò nella mano. Si appoggiò al tavolo per sostenersi, reggendosi con la mano libera. Fece un altro sforzo per sollevare l’arma, ma non riuscì. La lasciò cadere, si accasciò sul tavolo con quasi tutto il corpo, girandosi; i suoi occhi si trovarono nella mia direzione. Il suo viso aveva sempre quell’espressione controllata, ma gli occhi erano diversi. Mi videro, mi riconobbero e lanciarono uno strano sguardo, come quello che un uomo invia a un avversario appena battuto, senza minaccia. Un lieve movimento piegò gli angoli della bocca, come un sorriso di trionfo interiore.
— Signor Olyn… — sussurrò, ma la vita gli sfuggì dal corpo e cadde di fianco al tavolo.
Subito dopo, ci furono delle esplosioni vicino che scossero il terreno sotto ai miei piedi. Dalla cima della collina alle nostre spalle, il Capitano, che Kensie aveva lasciato pronto a intervenire, stava sparando dei fumogeni fra noi e il lato del prato occupato dagli Amici, formando una cortina di fumo che ci nascose alla vista del nemico. Sembrava una barriera impenetrabile, alta come una torre nel cielo azzurro e, ai piedi di quel miraggio, c’eravamo solo io e Kensie.