Davanti al letto c’era un altro televisore, stesse dimensioni, con un secondo decodificatore. Sintonizzato sulla stessa stazione porno. Fazzoletti di carta appallottolati e riviste monografiche nel comodino completarono il quadro della solitaria vita sessuale di Balch. Sfogliò le riviste nella speranza di qualche scena sadomaso particolarmente cruenta che convalidasse la tesi di una psiche patologicamente aggressiva, ma trovò solo convenzionali fantasie da maschio eterosessuale. Le scene più perverse erano di bondage all’acqua di rose.
Prese debitamente nota e infilò il materiale pornografico in un’altra busta.
Pile di biancheria intima sporca creavano un tappeto accidentato tra la sponda sinistra del letto e una parete. Probabilmente Balch dormiva sul lato destro e gettava gli indumenti dall’altra parte. L’armadio a muro conteneva una serie di tute da ginnastica di colori diversi, jeans e magliette, tutte con l’etichetta di Macy’s. Un sacco di plastica con il biglietto di una tintoria sull’Hawthorne Boulevard conteneva due paia di calzoni e tre camicie, nonché l’abito blu di seta che gli aveva visto indosso il giorno della notifica.
Sequestrò gli indumenti protetti dalla plastica. Lasciava la biancheria sporca per terra per giorni interi, ma aveva mandato quei capi in tintoria.
Probabilmente i vestiti che indossava mentre aveva ucciso Lisa. Due paia di calzoni, tre camicie.
Se c’erano macchie di sangue, perché il tintore non se n’era accorto? Esaminò il ripiano sopra gli indumenti appesi. Tredici faldoni. Le scritture contabili di Balch. Le analizzò con calma.
La sua sola fonte di reddito era lo stipendio che percepiva da Ramsey. Aveva cominciato venticinque anni prima a venticinquemila dollari l’anno. Aumenti progressivi l’avevano portato a centosessantamiia. Una somma accettabile, ma niente in confronto ai milioni che incassava il principale.
Non risultavano investimenti degni di nota. Deduceva il deprezzamento della casa di Saddlewax, acquistata quindici anni prima, e i leasing sulle sue automobili (c’erano state Buick e Caddie prima della Lexus), ma non risultavano altre proprietà immobiliari. Per quattordici anni aveva versato mensilmente gli alimenti a Helen Balch di Duluth, Minnesota. Da nove anni ne versava anche ad Amber Leigh Balch.
Il nome di Helen evocava una donna di mezza età, la classica prima moglie. La casa era stata comperata quattordici anni prima… subito dopo il matrimonio? Se così era, la separazione era avvenuta di lì a un anno.
Amber Leigh aveva il sapore di uno pseudonimo tipico dell’Industria. Petra la immaginò come una guastafamiglie con gambe da puledra, una bambolona dal petto prorompente, tratti non abbastanza regolari perché si potesse dire dal viso attraente, grande criniera di capelli. Probabilmente biondi, si era indotti a pensare dopo Lisa e Ilse. Anche con lei non era durata a lungo.
Duemila al mese a Helen; millecinquecento ad Amber.
Il suo mensile netto ammontava a ottomila dollari. Seicento andavano per la Lexus. Tolti quelli e gli alimenti alle due ex consorti, gli restavano meno di quattromila dollari. Negli ultimi anni aveva ricevuto rimborsi fiscali per ventimila circa. Non si era all’indigenza, ma comunque nell’ordine di grandezza delle noccioline per un operatore nel mondo dello spettacolo.
Perquisì meticolosamente la stanza senza trovare documenti relativi all’esistenza di altri fondi. A differenza di Lisa, lui non aveva fatto progetti in campo finanziario. Forse Lisa aveva riciclato per conto suo?
Finché aveva preteso di più. O aveva cercato di ricattarlo. Denaro e passione. Non c’era alternativa.
Sentì sbattere una porta. Guardò dalla finestra e vide Wil diretto al box. Lo vide aprire il portellone con un telecomando. Il box era vuoto. Petra tornò ai suoi documenti, etichettò i faldoni a uno a uno. Passò alle altre stanze.
La prima camera da letto vuota era esattamente quello che sembrava. Nella seconda, però, trovò altro bottino nell’armadio a muro: tre scatole da scarpe piene di fotografie. La prima conteneva foto professionali vecchie di trent’anni di squadre di football di liceo e college, con le faccie dei giocatori troppo piccole perché si potessero riconoscerne i connotati. Poi venivano ritratti più dilettanteschi di Ramsey e Balch in assetto atletico, giganteschi paraspalle imbottiti, vite da vespa.
Il Bel Tenebroso e il suo biondo amico del cuore, entrambi sorridenti e famelici, pronti a mettere sotto i piedi il mondo intero.
Poi foto del primo matrimonio. Balch era ancora snello e abbronzato e Helen era una bruna attraente con i capelli corti e l’aria della ragazza seria. Nelle fotografie scattate quando era più matura mostrava di essere invecchiata bene, di aver conservato una bella linea e di aver cominciato presto a usare di tanto in tanto gli occhiali.
Poi Helen che teneva in braccio un neonato. Vestito di rosa. Una bambina. Balch non aveva mai parlato di figli durante il colloquio, ma non ce n’era stato motivo, l’argomento di conversazione era la vita di altre persone. Ricordava come aveva schivato tutti gli accenni personali. Ora capiva perché.
Una ventina di fotografie della bimba, senza nome sul dorso. Molto graziosa, bruna come la madre. Istantanee fino all’età di otto anni o giù di lì, poi più niente.
Per colpa del divorzio o di qualcosa di più grave… per esempio un decesso? Un altro lutto nella triste esistenza di Balch?
Nella seconda scatola c’erano versioni in dimensioni ridotte delle fotografie che Petra aveva visto appese nell’ufficio di Balch. Quasi tutte di Ramsey, poche sue. I fotografi erano più di uno.
L’ultima scatola era quasi vuota. Vi trovò un solo ritratto di nozze eseguito da un fotografo di Las Vegas. Ecco un collegamento. Balch in abito scuro e camicia bianca, faccia rosea, un po’ gonfia, aria un po’ stordita, torreggiava accanto ad Amber Leigh che era minuscola e asiatica, con zigomi incredibili e tette smaccatamente artificiali. Non la bambolona che aveva immaginato Petra, ma senz’altro una bambolina.
Sposava donne brune, ma ammazzava le bionde.
Sotto la foto c’era una busta con una data di tre anni prima.
In un’arrotondata scrittura infantile, la busta era indirizzata al signor G. Balch. Sul retro era indicato il mittente, Caitlin Balch. Niente indirizzo, timbro postale di Duluth, Minnesota.
Stessa scrittura sull’unico foglio di carta a righe.
Caro papà,
oggi mi è stato consegnato il diploma e ho vinto anche un premio per la mia orchestrina, ma non credo che t’importi. Non telefoni mai e non vieni più a trovarci e non mandi mai gli alimenti in tempo e adesso che la mamma sta male è veramente difficile per noi. Ti scrivo solo perché la mamma mi ha detto che lo dovevo fare, tu dovresti sapere quando tua figlia prende il diploma.
Non t’importa. Vero?
Tua figlia (credo)
Commovente. Le aveva mai risposto? L’assenza di altre lettere faceva pensare di no.
Nessuna foto di Lisa né di Ilse Eggermann. Sarebbe stato chiedere troppo.
Se l’una o l’altra delle donne uccise aveva nutrito qualche sua intima ossessione, aveva probabilmente distrutto tutte le prove al riguardo. O le aveva portate con sé per giocarci.
Petra infilò gli elastici intorno alle tre scatole e le stava portando fuori quando sentì il richiamo di Wil.
Aveva allineato tutto sul pavimento del box.
Sei pistole, due rivoltelle e quattro automatiche, tre carabine, due fucili, fra i quali un Mossler di pregio. Scatole di munizioni per tutti. Il box era impregnato dell’odore di lubrificante per armi da fuoco.
Rastrelliera per utensili montata sopra un banco da lavoro vuoto, due cassette per attrezzi piene di ogni bendidio, altre due contenenti accessori da pesca, sei canne, sette mulinelli.