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Il colloquio non fu lungo. Ebbe luogo nel suo ufficio; lui seduto, io in piedi, con il signor Thomas sulla soglia alle mie spalle. C’era una cartelletta aperta sulla scrivania; capii che era la mia; in qualche modo, non mi era venuto in mente che avessi una cartella. Il dottore frugò nella sua pipa con un fiammifero. «Sei molto giovane per essere tanto malato,» mormorò, guardandomi con la pipa stretta fra le dita. «Come te la cavi nel reparto?»

«Bene,» dissi. (Mi avevano detto di rispondere così.)

«Signore,» disse il signor Thomas tranquillamente. Signore, dissi.

«Ti piacerebbe provare a scendere da basso, Dennis?»

«Sissignore,» dissi.

«Già,» mormorò, mentre i suoi occhi tornavano alla cartella. Poi: «Perché l’hai fatto, figliolo? Nessuna idea?»

«Non volevo farlo, signore. È stato un errore.»

«Ti dispiace di averlo fatto, quindi?» Sissignore.

«Be’, questo è un inizio. Eh, signor Thomas, questo è un inizio, eh?»

«Sissignore,» disse il signor Thomas dalla soglia.

«Non credo che lo rifarai,» disse il dottor Austin Marshall. «Abbiamo solo una madre, dopo tutto.» Mi guardò, sollevando le sopracciglia; mi avevano detto di non dire assolutamente quello che aveva fatto mio padre. Il signor Thomas si schiarì la voce, un avvertimento. Io rimasi zitto. Il direttore scrisse sulla mia cartella per qualche momento, poi disse rapidamente: «Proviamo a metterlo in un reparto da basso e vediamo come se la cava. Blocco B, signor Thomas. Posso lasciare a lei i dettagli?»

«Sissignore.»

«Bene. Non sai niente di storia navale, credo, Dennis?» disse, alzandosi e indicando vagamente col cannello della pipa un quadro a olio raffigurante una battaglia navale. Io non riuscivo a guardare quella roba, tutto quel fumo e quel sangue, uomini urlanti in un mare ribollente, con alberi maestri abbattuti e cannoni che vomitavano fiamme: mi sembrava di sentire i rumori, gli odori, non volevo saperne. «No, naturalmente no,» disse. «Ma dovresti, un ragazzo dell’East End come te. E la Royal Navy che ha reso grande questo paese, dico bene, signor Thomas?»

«Molto bene, signore.»

«Ottimamente, allora. Be’, andate pure.»

Ce ne andammo, e così incominciai il mio primo tentativo in un reparto da basso. Anni più tardi, scoprii che in generale si riusciva a vedere il dottor Austin Marshall solo quando non se ne aveva affatto bisogno. Strano, eh?

Il gabbiano si è posato su un palo del fiume e mi sembra impossibile distogliere lo sguardo dall’animale. Brutto e grasso, con gli occhi a palla e le zampe palmate, adesso solleva il becco a uncino ed emette uno stridio gracchiante; immaginate quel becco che si avvicina alla vostra faccia, vi cava un occhio come fosse un grano di loglio, lasciando un’orbita vuota e una guancia insanguinata — una guancia insanguinata! Un nervo scoperto! Nervo scoperto, nervo, nervo, malattia nervosa — odio gli uccelli. Adesso l’acqua ribolle e schiuma intorno ai pali; le onde sono cresciute, la corrente si muove veloce, vi trascina al mare come frammenti di relitti, morte per acqua, morte per gas, morte per canapa canapa canapa: avrebbero dovuto appendere Horace per il collo e farlo dondolare. Horace — Horror! Horror Cleg! Horror e il suo uccello Hilda: avrebbero dovuto appenderli tutti e due! Il Tower Bridge, una fragile struttura grigia di matite e fili contro la luce fioca di questo pomeriggio tempestoso, lunghe strisce di nuvole grigio scuro scivolano nel cielo verso ovest, in mezzo pochi squarci sbrindellati, isolati, con il chiaro che filtra; io sulla panchina appoggiato all’ombrello, mentre il vento mi sputa in faccia brandelli di fiume e il gabbiano si leva dal palo con altri stridi gracchianti e un disordinato battere d’ali sporche, prima di allontanarsi nel vento e lasciare che io mi alzi finalmente in piedi e mi avvii verso casa.

Di sopra, senza essere visto; fuori il quaderno. Come una volpe, Spider, perché quando lei ha scoperto la fune e le pastiglie nel caminetto non ha trovato il quaderno: ero troppo furbo per lei. Perché dentro la canna fumaria, proprio sotto la cappa che spiove sull’attacco del gas, c’è un piccolo ripiano, una sporgenza, e io metto il quaderno lì e lo fermo con un mattone in verticale. C’è un solo modo per recuperarlo quando è in quel punto: disteso sulla schiena, con la testa contro l’attacco del gas, il braccio nel buco, dentro al caminetto, su per la canna fumaria: mi sforzo, mi tendo, e le mie dita riescono appena a toccare il mattone e a tirarlo giù, e il libro lo segue; malgrado il sacchetto marrone è più sporco che mai, adesso. Matite: le ho rubate in giro per la casa, non ha senso che sappia ciò che faccio; sto usando il vecchio sistema di Ganderhill per esse, la calza nei pantaloni. Perciò fuori la matita, aprire il quaderno e guardare dalla finestra il cielo, adesso buio — e tornare con la mente ai vecchi tempi.

* * *

La vita era senza dubbio migliore in un reparto da basso. Tabacco e libri, una camera con una porta, aria fresca sulle terrazze. Quest’ultima cosa era la mia grande gioia. C’erano delle panchine sulle terrazze (la mia vita è stata un viaggio da una panchina all’altra, e finirà su una panchina col coperchio!), dalle quali vedevo chiaramente gli orti e il campo da cricket, il muro giù in fondo e, al di là, la campagna che gradualmente sfumava verso le colline boscose in lontananza. Quando il vento soffiava da sud, portava dalla fattoria un buon odore di letame, e anche questo mi procurava piacere. Per un ragazzo cresciuto a Kitchener Street, per il quale gli orti e il Tamigi erano tutto quanto sapeva della natura, questa ondata di campagna era un vero trionfo. E i cieli che mi offriva! I miei erano cieli di Londra; questi invece erano blu, con grandi nuvole bianche che si muovevano rapide in un corteo ordinato, e il mio spirito esultava: nel vostro vecchio Spider qualcosa si svegliò quando incontrò per la prima volta questi cieli — ed è ancora lì, debole adesso, e coperto di cenere, ma è ancora lì. Ricordo come, un giorno, seduto sulla panchina del Blocco B, guardavo gli uomini al lavoro negli orti, coi pantaloni di velluto giallo che sbattevano e i maglioni verdi, e quando tornai dentro (ci lasciavano solo mezz’ora sulla terrazza) quelli che lavoravano negli orti erano ancora là, e io pensai: questo è il lavoro per me.

Ci vollero anni. A volte mi agitavo, facevo qualcosa di stupido e tornavo di sopra. John Giles era sempre là ad accogliermi, sebbene il suo sorriso sia spettrale, adesso, perché dopo che staccò un orecchio a un infermiere gli tolsero tutti i denti. John scese da basso una sola volta in vent’anni, anche dopo che incominciarono a fargli gli elettroshock; è tuttora su nel «reparto duro». Ma io ero diverso, stavo imparando a dar loro un buon pazzo, e man mano che il tempo passava, e Spider si rendeva la vita più sicura nella zona di dietro, diventò sempre meno necessario mantenermi nel reparto. Le provocazioni diminuirono, la mia agitazione si placò, e io passai periodi più lunghi di sotto. Sedevo sulla terrazza e guardavo gli uomini negli orti, pensando: quello è il lavoro per me.