Aprì la sacca portata da Sourdough e ne trasse dei grossi pezzi di bambagia e qualche litro di disinfettante. Curò i tre orsi uno dopo l’altro, pulendo non solo i tagli e i graffi, ma anche imbibendo in profondità la loro pelliccia, dove poteva essere sprizzata qualche goccia di sangue di sfex.
— Questo disinfettante ha anche un’azione deodorante — disse a Roane. — Altrimenti verremmo inseguiti da ogni sfex che ci passi sottovento. Quando partiremo, pulirò anche le zampe degli orsi, per la stessa ragione.
Roane era molto tranquillo. Aveva mancato il suo primo colpo con un’arma a pallottola (un raggio non ha l’efficacia di un proiettile esplosivo), ma sembrava essersi adirato con se stesso, dopo di che negli ultimi secondi di battaglia aveva sparato con molta attenzione e ogni pallottola era arrivata a segno. Ora disse amaramente: — Se mi sta dando istruzioni perché io possa continuare nel caso che lei venga ucciso, temo che non ne valga la pena!
Huyghens frugò nel suo sacco e dispiegò gli ingrandimenti delle vedute aeree di quella parte del pianeta e orientò attentamente la mappa prendendo dei punti di riferimento nel paesaggio; tracciò una linea estremamente accurata attraverso la foto, e osservò: — Il segnale di SOS proviene da qualche parte vicino alla colonia dei robot, penso un po’ più a sud… forse dalla miniera che hanno scavato sulla parte più lontana, certo, del Deserto Alto. Vede quello che ho segnato su questa mappa? Due rilevamenti, uno dalla base e uno da qui. Ho fatto una deviazione dal giusto tragitto per poter effettuare un rilevamento con un angolo diverso rispetto alla trasmittente, per essere sicuro del punto dal quale proviene il segnale. Poteva essere dall’altra parte del pianeta, ma non è così.
— La possibilità che ci siano altri naufraghi è astronomicamente piccola — protestò Roane.
— Nemmeno per sogno — dichiarò Huyghens. — Ci sono state navi che sono venute qui, alla colonia dei robot, e una potrebbe benissimo essere precipitata. E anch’io ho degli amici.
Impaccò di nuovo il suo apparecchio e fece un cenno agli orsi; li portò fuori del campo di battaglia e pulì molto attentamente le loro zampe, in modo che non lasciassero dietro una traccia di odore di sangue. Con un gesto ordinò all’aquila di levarsi in volo e disse ai Kodiak: — Andiamo, avanti! Dai!
Il gruppo discese la collina e calò di nuovo nella giungla. Ora era il turno di Sourdough di condurre e Sitka Pete vagava qua e là dietro di lui. Faro Nell seguiva gli uomini, in compagnia di Nugget. Teneva sul cucciolo un occhio estremamente vigile: era ancora piccolo, pesava soltanto tre quintali. Naturalmente, l’orsa era anche molto attenta ai pericoli alle spalle.
In alto, Semper agitava le ali volando in cerchi giganteschi e in lunghe spirali, senza mai allontanarsi troppo. Huyghens controllava continuamente il microvideo che riportava in ogni istante quello che veniva ripreso dalla telecamera aerea. Non era per niente la migliore ricognizione che si potesse immaginare, ma era la migliore che si poteva realizzare. Presto Huyghens disse: — Qui giriamo a destra: avanti il cammino è brutto e pare che un gruppo di sfex abbia ucciso qualcosa e stia mangiando.
Roane era sconvolto e scontento di sé. Così disse: — È contro la logica che dei carnivori siano così numerosi come lei dice! Ci deve essere una certa percentuale di altre specie animali, perché se fossero in troppi mangerebbero tutto e morirebbero poi di fame!
— Se ne vanno via per tutta la durata dell’inverno — spiegò Huyghens — che qui non è così rigido come si può pensare; e una grande quantità di animali sembra cominciare a moltiplicarsi proprio quando gli sfex sono al sud. E poi gli sfex non restano in giro per tutta la stagione calda. C’è una specie di punta massima e poi per settimane non se ne vede uno e poi di nuovo all’improvviso la giungla pullula di quelle bestie. Adesso, quindi, sono sulla strada per il sud. Apparentemente, in qualche modo, sono dei migratori, ma nessuno lo sa con certezza. — Seccamente, aggiunse: — Non ci sono stati molti naturalisti in giro per questo pianeta: la fauna è ostile.
Roane si inquietò. Era un ufficiale superiore del Controllo Colonie ed era abituato ad arrivare nelle basi coloniali completate o semicompletate e a fare un rapporto su quanto fosse stato fatto secondo i piani. Ora si trovava in un ambiente completamente ostile, la sua vita dipendeva da un colonizzatore illegale ed era impegnato in un’impresa demoralizzante e poco chiara, perché il segnale meccanico a impulsi poteva essere in funzione pur essendo i suoi costruttori morti da molto tempo: le sue idee a proposito di un mucchio di cose erano scosse.
Era vivo, per esempio, a causa di tre giganteschi orsi Kodiak e di un’aquila dalla testa calva. Lui e Huyghens avrebbero potuto essere difesi da diecimila robot e sarebbero stati uccisi ugualmente. Gli sfex e i robot si sarebbero reciprocamente ignorati e gli sfex avrebbero puntato dritto sugli uomini, che avrebbero avuto meno di quattro secondi di tempo per capire di essere attaccati, preparare una difesa e uccidere otto sfex.
Le convinzioni di Roane, uomo progredito, erano scosse. I robot erano un’eccellente trovata per fare il previsto, portare a termine quel che era programmato, cavarsela con il prevedibile. Ma i robot avevano anche delle lacune; potevano soltanto seguire le istruzioni: se capita questo fa’ questo, se capita quest’altro fa’ quest’altro. Ma, davanti a una circostanza diversa, i robot non potevano far nulla. Quindi i robot potevano funzionare bene soltanto in un ambiente dove non accadesse mai nulla di imprevisto e i loro sorveglianti non domandavano nulla di imprevisto. Roane era sgomento; in tutta la sua vita e nella sua carriera non gli era mai capitato di incontrare situazioni inaspettate.
Trovò Nugget, l’orsacchiotto, che lo seguiva trotterellando con aria abbattuta. Il cucciolo abbassò mestamente le orecchie quando si sentì osservato da Roane. L’uomo si rese conto che Nugget buscava un sacco di sberle disciplinari da Faro Nell. Era abbattuto fisicamente, proprio come Roane lo era psicologicamente. La sua inesperienza e la sua incapacità a sopravvivere da solo in quell’ambiente gli venivano martellate in testa.
— Ehi, Nugget — disse malinconico Roane. — La vedo proprio come la vedi tu!
Nugget si rallegrò visibilmente. Accelerò l’andatura e tentò di fare qualche capriola. Scrutava Roane con aria fiduciosa. Era alto un metro e mezzo alla spalla e se si fosse eretto avrebbe sovrastato l’uomo. Roane si avvicinò passò la mano sulla testa di Nugget. Era la prima volta in vita sua che sentiva della simpatia per una bestia. Sentì sbuffare dietro di sé e gli venne la pelle d’oca; si voltò. Faro Nell lo stava osservando: otto quintali di orsa a soli tre metri di distanza… e lo stava fissando negli occhi. In un momento di terrore, Roane si sentì raggelare dalla testa ai piedi. Poi si accorse che gli occhi di Faro Nell non stavano lampeggiando, l’orsa non brontolava, non emetteva quei ruggiti agghiaccianti che aveva avuto sullo sperone roccioso quando aveva soltanto intuito un pericolo per Nugget. L’orsa aveva uno sguardo mite e infatti un istante dopo si voltò per andare da sola a indagare su qualcosa che l’aveva incuriosita.
Il gruppo continuò a procedere mentre Nugget saltellava accanto a Roane e tendeva ad andargli addosso con l’allegra balordaggine dei cuccioli. Di quando in quando lanciava a Roane uno sguardo adorante, con l’affetto fulmineo e soverchiante dell’infanzia. Roane camminava faticosamente; si guardò di nuovo indietro dove Faro Nell vagava su di un’area più estesa. L’orsa era molto contenta di lasciare Nugget alle dirette cure dell’uomo; qualche volta il cucciolo le dava sui nervi.
Poco dopo, Roane chiamò: — Huyghens, guardi qui! Sono stato assunto come balia per Nugget!