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— E adesso — disse Barlennan, quando l’ultimo dei giganti fu scomparso in una delle case e il trattore rimase solitario al centro dello spiazzo deserto — non abbiamo più niente da barattare qui. Vuoi riprendere il viaggio subito o hai qualche proposta da fare?

— Mi piacerebbe sapere come sono fatte all’interno queste case, ma non vedo come potrei passare da una delle porte, anche se potessi togliermi lo scafandro. E tu?

Barlennan parve esitare: — Non credo sia prudente — disse infine. — Questa gente ha trafficato in modo molto pacifico, ma c’è qualcosa in ognuno di loro che mi preoccupa, anche se non saprei dire cosa.

— Vuoi dire che non t’ispirano fiducia? Sospetti che intendano riprendersi quello che ti hanno dato, adesso che non hai più niente da scambiare?

— Non precisamente. Mettiamola così: se il trattore arriverà fino sull’orlo della valle e sarà agganciato alla nave, in modo che ci sia possibile partire quando vogliamo, senza che nel frattempo questa gente ci abbia dato noie, tornerò io quaggiù a dare un’occhiata dentro le case. Va bene?

Il rimbombo della radio, attraverso cui si parlavano il terrestre nell’interno e il mesklinita sul tetto del trattore, aveva intanto attirato alcuni dei nativi, che poi, corsi dentro le loro case, ne erano subito riemersi portando altri oggetti. Era chiaro che quella strana cassetta parlante li attraeva moltissimo. Il rifiuto di Barlennan parve stupirli. Alle loro rinnovate profferte, espresse con l’aggiunta di altri oggetti, Barlennan rispose dando ordine ai suoi marinai di lanciargli sul tetto le merci che non vi erano state ancora caricate. Come offesi, i giganti, quasi a un segnale convenuto, rientrarono tutti nelle loro abitazioni.

In preda a una persistente inquietudine, Barlennan teneva d’occhio le varie porte più vicine al trattore; ma non era da lì che sarebbe venuto il pericolo. Fu il grande Hars che l’avvertì, mentre, imitando i nativi, sollevava da terra la parte anteriore del corpo per sorvegliare un pacco di merci ch’era stato lanciato sul tetto e i suoi occhi si posavano così sul canale lungo cui era sceso il trattore. Subito emise uno di quegli ululati incredibilmente acuti, che non mancavano mai di sbalordire — e d’impressionare — Lackland. All’urlo seguì un torrente di parole del tutto incomprensibili per il terrestre, ma non per Barlennan che, dopo aver guardato su per il canale, gridò a Lackland concitatamente: — Charles! Guarda lassù! Muoviamoci!

Uno dei massi più grossi e pesanti, grande quasi come il trattore, era stato staccato dalla sua posizione sull’orlo della valle, all’imboccatura del canale: le pareti che si alzavano gradatamente lo guidavano con precisione lungo lo stesso percorso seguito dal veicolo. Era ancora lontano almeno un chilometro, e molto in alto, ma la sua velocità di discesa aumentava in ogni momento, accelerando la caduta, sotto l’effetto di una forza di gravità tre volte superiore a quella terrestre!

Capitolo 8

CURA PER L’ACROFOBIA

Rapidissimo, Lackland mise in moto il trattore, lo fece girare di novanta gradi con una curva così stretta da rischiare di spaccare parte dei cingoli, e si allontanò dall’imboccatura del canale, dove stava per piombare il masso.

Soltanto allora, in effetti, poté valutare la diabolica trappola urbanistica della città. I canali, come aveva già notato, non arrivavano in linea retta nello spazio centrale, ma erano disposti in modo che da almeno due di essi contemporaneamente potessero precipitare altrettanti massi su ogni parte della piazza. Infatti la pronta ritirata permise al terrestre di sottrarsi al primo masso, ma evidentemente era stata prevista, perché altri macigni stavano già rotolando dal crinale verso il fondo. Per un istante Lackland si guardò intorno in tutte le direzione, nella vana ricerca di un luogo fuori dalla portata di uno di quei terribili proiettili. Poi, volutamente, lanciò il trattore in uno dei canali e si mise a salire a tutta forza. Anche da lì stava scendendo un masso: una roccia sferica che a Barlennan sembrò la più grossa di tutte quelle lanciate fino a quel momento e che diventava a ogni istante più enorme e mostruosa. Il mesklinita si accinse a saltare giù dal tetto, chiedendosi se a Lackland per caso non avesse dato di volta il cervello. Ma a un tratto echeggiò un boato lacerante che lo fece irrigidire nell’immobilità più assoluta: era questo il modo caratteristico con cui tutti i componenti della sua specie reagivano a un pericolo immediato.

Quattrocento metri più in alto nel canale e cinquanta metri prima del masso che precipitava, una sezione del terreno esplose con una gigantesca fiammata e un’enorme nuvola di polvere: le granate di Lackland erano arrivate a segno. Un secondo dopo, il masso penetrava nella nuvola di polvere. Allora il lanciagranate tuonò di nuovo, emettendo questa volta una mezza decina di schiocchi in rapida successione che si fusero in un rombo prolungato d’effetto straordinario. Solo una metà del masso riemerse dalla nuvola di polvere, con una forma che non era più nemmeno approssimativamente sferica. L’urto delle grosse granate dirompenti lo aveva quasi fermato del tutto, e l’attrito fece il resto molto prima che il masso arrivasse al trattore che stava lentamente arrancando: il blocco di roccia era ormai troppo squadrato ed eroso per poter ancora rotolare.

Altri massi erano stati fatti rotolare ed erano pronti per essere lanciati giù per il canale, ma non si mossero. Evidentemente, i giganti erano capaci di rendersi conto di un rapido cambiamento di situazione e avevano capito che con quei massi non sarebbero mai riusciti a distruggere il trattore.

C’era la possibilità di un assalto diretto, ora, si disse Lackland: i giganti avrebbero senz’altro potuto arrampicarsi con grande facilità sul tetto del veicolo per riprendersi le loro merci, insieme con la radio. Ed era difficile immaginare come loro due soli avrebbero potuto fermarli.

— Può darsi che tentino qualcosa del genere — disse Barlennan, quando gli ebbe esposto per radio i suoi dubbi.

— Vuol dire che ci difenderemo. E poi, non siamo soli.

Alludeva evidentemente ai suoi marinai, che però si trovavano in una situazione molto critica. Si erano visti piombare addosso degli oggetti pesantissimi, mentre erano intrappolati in uno spiazzo circondato da muraglie verticali. Arrampicarsi era una cosa impensabile, benché i piedi a ventosa, cosi utili ai meskliniti durante le raffiche degli uragani, potessero rivelarsi un elemento prezioso in questa nuova impresa: e anche saltare, come avevano visto fare al loro Comandante, pur non essendo cosa fisicamente impossibile, sembrava loro ancora più penoso della morte per schiacciamento. Ma quando cede la mente a volte prende il sopravvento l’istinto di conservazione. Tutti i marinai, meno due, saltarono e di questi due, il primo si decise ad arrampicarsi, presto e bene, su per il muro di una «casa». Il secondo era Hars, quello che aveva segnalato il pericolo.

Forse la sua superiore forza fisica lo aveva preservato più degli altri dal panico, o forse aveva un orrore eccessivo dell’altezza. Il fatto è che quando arrivò un piccolo masso, grosso come un pallone da calcio e quasi altrettanto sferico, Hars si trovava ancora fermo sul posto. Fu come se avesse colpito, ai fini degli effetti dell’urto, una massa equivalente di gomma viva: la corazza protettiva dei meskliniti era di una sostanza chimicamente e fisicamente analoga alla chitina degli insetti terrestri, con una resistenza, una durezza e un’elasticità proporzionali al tipo di vita esistente sulla superficie di un pianeta come Mesklin. Il masso, nonostante l’attrazione di tre G, rimbalzò in alto per una decina di metri, superando il muro che normalmente avrebbe dovuto fermarlo, urtando contro quello opposto del canale accanto, e continuando a rimbalzare così da un muro all’altro in salita, finché tutta la sua energia cinetica non si esaurì. Quando infine ritornò, rotolando dolcemente, nello spiazzo, non aveva più nessuna forza d’urto e Hars era il solo marinaio a trovarsi ancora sul luogo del «mercato». Gli altri, imponendosi un minimo di controllo nei loro salti frenetici, avevano già raggiunto il tetto del trattore o ci stavano arrivando. Lo stesso arrampicatore aveva abbandonato i suoi sistemi di faticosa locomozione, adottando una tecnica di salti più veloce.