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Ognuna delle zattere che formavano la nave, di conseguenza, non poteva pesare più di qualche etto, forse un chilo al massimo, in quelle regioni del pianeta. In queste condizioni lo stesso Lackland avrebbe potuto stare in piedi sul ciglio del precipizio e calare parecchie zattere alla volta. Due marinai qualsiasi sarebbero stati probabilmente in grado di sollevare la nave intera, una volta convinti a mettersi sotto quel peso. Lackland non aveva nessun’altra cima o gomena oltre a quella usata per trainare la slitta. Ma le corde non mancavano alla «Bree». E i marinai sarebbero stati senza dubbio capaci di montare qualche congegno di sollevamento per risolvere il problema, ammesso che lo volessero. Sulla Terra sarebbe stata una normale manovra marinara. Su Mesklin, però, con tutti quei pregiudizi profondamente radicati verso ogni azione che comportasse il sollevamento dei gravi, come saltare contro la legge di gravità, o lanciare un grave nello spazio, e la generale diffidenza verso qualsiasi altra azione che richiedesse comunque un dislivello dal suolo, la situazione poteva anche essere molto diversa.

Il vero problema, adesso, era di sapere se i marinai di Barlennan sarebbero stati disposti a venire calati oltre l’orlo del dirupo insieme con la loro nave.

Lackland allora, attivata la sua piccola trasmittente, chiamò il suo minuscolo amico: — Barl, stavo pensando a una cosa: il tuo equipaggio non potrebbe calare la nave a pezzi, una zattera per volta, grazie a cavi posti sull’orlo del precipizio, per poi ricostruire il tutto sul fondo?

— E tu, come scenderesti con il trattore?

— Io non scenderei affatto. C’è un grosso fiume a una cinquantina di chilometri a sud che dovrebbe essere navigabile fino al mare, se è vero quello che mi ha detto Hank Stearman. La mia proposta è di rimorchiarti fino alla cascata, aiutarti in ogni modo a calare la «Bree» oltre l’orlo del precipizio, assistere alla sua messa in acqua nel fiume e augurarti ogni fortuna e ogni bene. Tutto ciò che potremo fare per te, d’allora in poi, sarà fornirti dati precisi sul tempo e la navigazione, come avevamo già stabilito. Tu hai corde, non è vero, che possono reggere il peso di una zattera?

— Sì.

— E l’equipaggio? Accetterà di farsi calare nel vuoto in quel modo?

Barlennan rifletté per qualche istante. Poi: — Credo di sì, Charlie. Farò salire i marinai sulle zattere, con l’ordine di tenerle staccate dalla parete di roccia. Cosi non staranno con gli occhi fissi verso il basso e non avranno il tempo di pensare al fatto di essere sospesi nel vuoto. E poi, con la sensazione di estrema leggerezza che tutti noi proviamo in queste regioni, non si pensa molto a cadere. — Lackland, che faticava a tenere un braccio teso, da quanto gli pesava, a questo punto gemette dentro di sé. — Andrà tutto bene, vedrai. Sarà meglio metterci in viaggio subito per la cascata, allora.

— D’accordo.

Lackland si alzò a fatica dalla cuccetta della cabina di guida per rimettere in moto il trattore. Una stanchezza immensa era scesa improvvisamente su di lui. La sua parte era quasi finita, ormai, più presto di quanto si fosse aspettato, e tutta la sua carne adesso implorava sollievo dal peso feroce che da sette mesi a quella parte lo torturava a ogni passo, a ogni gesto e in ogni istante.

Il trattore voltò a destra e riprese ancora una volta la sua lenta marcia, parallelamente al corso del burrone, a duecento metri di distanza dal ciglio.

Arrivarono alla cascata in una sola tappa di venti giorni di Mesklin. Sia i marinai, sia Lackland avevano cominciato a sentirla già molto tempo prima di giungervi. All’inizio una vaga vibrazione dell’aria, come un fremito, che in breve era diventato un rumore tonante e alla fine un rombo, un boato ininterrotto, d’una potenza straordinaria. Era giorno, quando arrivarono in vista della cascata e Lackland istintivamente si arrestò. Il fiume raggiungeva una larghezza di quasi un chilometro, là dove si gettava nel vuoto, e la sua corrente era liscia e piana come vetro: nessuno scoglio, nessun ostacolo sembrava infrangere il suo corso. Poi sul ciglio s’incurvava e con un semplice salto precipitava di sotto. Per l’erosione incessante la cascata era arretrata di un buon chilometro e mezzo dalla linea del ciglio e, da dove si trovavano, gli esploratori godevano una vista superba della gola entro cui scorreva il fiume. La velocità con cui il liquido cadeva faceva sollevare un’eruzione di spruzzi dal fondo. Nonostante l’atmosfera e la forza di gravità del pianeta, una nube costante di vapori ricopriva la parte più bassa della cascata. Poi questa nube svaporava a poco a poco, man mano che ci si allontanava dalla parete a picco, rivelando la superficie ribollente, vorticosa, del corso inferiore del fiume dopo il salto. La massa liquida sollevava un turbine di vento tutt’intorno, poi la corrente diventava più placida e fluiva via verso l’oceano.

Il lavoro ebbe subito inizio. Mentre alcuni marinai calavano una corda come un filo a piombo lungo la parete della muraglia, per avere una misura precisa del salto, altri si misero a staccare le varie zattere che componevano la nave.

Barlennan e Dondragmer andarono a cercare il punto più adatto dove iniziare le operazioni di discesa. Lo scelsero il più vicino possibile alla gola e al fiume, dal momento che, una volta calate, le varie parti avrebbero dovuto essere trascinate fin sulla riva senza l’aiuto del trattore.

Poi, unendo insieme i vari alberi della nave, venne eretta un’alta impalcatura sull’orlo dello strapiombo, per avere un punto di sospensione abbastanza in fuori da evitare l’attrito e il conseguente logorio delle corde. Carrucole e corde furono infine piantate sull’impalcatura e la prima zattera messa in posizione.

Alcuni minuti dopo, la zattera calava senza incidenti venti metri più sotto, ai piedi del bastione roccioso, con a bordo Dondragmer e un marinaio. Le altre zattere vennero a poco a poco portate al livello sottostante con lo stesso sistema, cosicché, alla fine, rimasero presso il burrone soltanto l’impalcatura fatta con gli alberi, Barlennan e Lackland dentro il suo carro corazzato.

Quando il terrestre, pregato da Barlennan, usci dal trattore, il penultimo carico stava calando, manovrato dal basso e composto quasi esclusivamente dei materiali che erano serviti nelle operazioni precedenti. L’ultima zattera, già pronta per essere calata, era in attesa presso l’orlo, con l’apparecchio radio a bordo. Senza esitazioni Barlennan vi salì sopra, e Lackland cominciò a far scorrere l’ultima corda intorno all’ultimo albero rimasto sul ciglio del precipizio.

Zattera, radio e Barlennan scomparvero sotto il ciglio. Ma la voce del mesklinita continuava a risuonare pacata e cortese nei microfoni dentro il casco di Lackland, mentre la zattera, lentissimamente, scendeva lungo la parete verso le rocce del fondo. Finalmente la voce di Barlennan avverti, con un tono evidente di sollievo: — Ecco, abbiamo toccato il fondo, Charles. Adesso aspetta il mio segnale, prima di lasciare cadere l’albero e la corda. Dobbiamo ancora sgomberare il punto.

Rimasto solo, Lackland, per ingannare il tempo e pieno di simpatia per il suo piccolo amico mesklinita, tagliò un mezzo metro di corda a uno dei capi e se lo avvolse intorno alla manica dello scafandro, come ricordo.

Aveva appena finito che la voce di Barlennan risuonò ancora nei microfoni: — Ecco, Charles. Abbiamo sgomberato il punto dove lascerai cadere i materiali.

Lackland obbedì, e albero e corda sparirono di colpo, come risucchiati verso il basso da una forza spaventosa.

Nelle due ore che occorsero all’equipaggio per ricostruire la «Bree», seguì le operazioni sullo schermo del radiotelevisore posto nell’interno del trattore. Con l’ombra di un desiderio nostalgico, quello di poter esserci anche lui a bordo, vide i fasci di zattere ricongiunte che venivano spinti nell’ampio e rapido fiume, mentre i saluti di Barlennan, di Dondragmer e di tutto l’equipaggio ronzavano nell’altoparlante. In breve, la corrente trasportò la nave abbastanza a valle dalla cascata perché potesse vederla dagli oblò del trattore. Lentamente e silenziosamente Lackland alzò il braccio in un lungo cenno di addio, poi rimase ancora a guardare la «Bree» farsi sempre più piccola, fino a quando non fu scomparsa del tutto nella sua corsa verso l’oceano lontano.