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Capitolo 10

IMBARCAZIONI CAVE

Il fiume scorreva lento e maestoso. In un primo tempo l’ aria, sotto la pressione della massa liquida che irrompeva precipitando dall’orlo dello strapiombo, era mossa, trasformata in una discreta brezza che spirava verso il mare, tanto che Barlennan ordinò di alzare le vele. Ma in breve quell’effimero venticello cadde del tutto, lasciando la nave in balia della corrente. Ma poiché questa andava nella giusta direzione nessuno ebbe motivo di lagnarsi. E poi era una soddisfazione troppo profonda, dopo quell’interminabile e lenta spedizione sulla terraferma, navigare di nuovo.

Le due rive del fiume richiamavano sempre più l’attenzione dei meskliniti, a mano a mano che il viaggio procedeva. Durante la traversata sulla terraferma, si erano abituati alla vista di quello strano tipo di vegetazione che il Volatore aveva chiamato alberi. Dapprima ne erano rimasti affascinati, anche perché questi alberi si erano rivelati fonte di uno di quei commestibili che si ripromettevano di vendere nei loro paesi. E ora si facevano sempre più numerosi, minacciando di soppiantare completamente le piante più familiari, basse, acquattate sul terreno e dai rami a tentacolo.

Barlennan cominciò a pensare che un’intera colonia trapiantata in quella regione avrebbe potuto vivere benissimo con il commercio dei coni d’abete, come li aveva definiti il Volatore.

Per un lungo tratto, un’ottantina di chilometri almeno, non fu avvistata nessuna forma di vita intelligente. Il fiume era pieno di pesci, ma nessuno abbastanza grosso da rappresentare un pericolo per la «Bree». Alla fine le due sponde del fiume apparvero folte di alberi, che sembravano spingersi molto addentro nell’entroterra. E Barlennan, spinto dalla curiosità, ordinò di accostare al massimo la nave a una delle rive, per osservare da vicino l’aspetto di una foresta (anche se lui, naturalmente, non avrebbe saputo come definirla).

La luce arrivava ugualmente anche nel folto del bosco, perché gli alberi in alto non si allargavano a ombrello come sulla Terra; tuttavia lo spettacolo rimaneva dei più insoliti. Andando alla deriva, quasi all’ombra di quelle piante soprannaturali, molti marinai sentirono rinascere l’antico terrore atavico di avere sopra la testa oggetti solidi e accolsero con un generale senso di sollievo l’ordine del Comandante di tornare al centro del fiume.

All’improvviso, gli esploratori provenienti dalle regioni di massima gravità fecero un’altra esperienza con armi del tipo dei missili.

Questa volta si videro piovere addosso una raffica di lance. Sei giavellotti si staccarono silenziosamente da una sponda del fiume e vennero a conficcarsi vibrando sul ponte della «Bree». Due aste, dopo essere scivolate sulle corazze protettive di alcuni marinai, rimbalzarono rumorosamente sul ponte, prima di fermarsi. I marinai che erano stati colpiti fecero istintivamente un tuffo nel fiume, finendo ad alcuni metri di distanza dalla nave. Ritornarono a bordo subito, a nuoto, e si arrampicarono sul ponte senza l’aiuto di nessuno, perché gli occhi di tutti erano puntati verso la riva da cui era partita la misteriosa aggressione. Il timoniere spinse ancor più la nave in mezzo al fiume.

— Sarei curioso di sapere chi ha lanciato quelle aste — disse Barlennan, quasi tra sé — e se hanno usato un meccanismo simile a quello del Volatore. Non ho sentito però lo stesso frastuono.

Berblannen staccò una delle lance dal ponte e la scagliò, come per fare una prova, nella direzione da cui era venuta. Poiché era la prima volta in vita sua che si dedicava a un esercizio del genere, scagliò la lancia come potrebbe fare un bambino con un bastone, mandandola a finire, dopo una serie di capriole nell’aria, di nuovo tra gli alberi del bosco.

Barlennan aveva trovato la risposta al suo quesito: gli invisibili aggressori non avevano bisogno di macchine per lanciare i loro missili.

Un resoconto dell’incidente partì verso Lackland, in alto nel cielo, sulla lontana Toorey.

Per più di centocinquanta chilometri la foresta continuava ad addensarsi sulle due rive, che per altro si facevano sempre più distanti. La «Bree», tuttavia, si manteneva costantemente al centro del largo fiume. Pochi giorni dopo il lancio dei giavellotti, una piccola radura apparve sulla riva sinistra. Su questo spiazzo s’intravvedevano oggetti che meritavano una più accurata osservazione. Barlennan decise di correre il rischio e ordinò di accostare. Gli oggetti assomigliavano a piccoli alberi, ma erano più bassi, e più tozzi. Se si fosse trovato più in alto rispetto alla superficie del fiume, Barlennan avrebbe potuto notare delle piccole aperture in quella specie di tronchi, proprio al di sopra dei livello del terreno, che gli avrebbero fatto chiaramente capire la loro funzione.

Invece ci volle parecchio prima che qualcuno a bordo della «Bree» si rendesse conto che i «tronchi» erano canoe e che gli altri misteriosi oggetti erano abitazioni.

Quando la nave si trovò a passare proprio davanti al villaggio, uno sciame di corpi neri o rossi corse sulla spiaggia, dimostrando che le supposizioni del terrestre corrispondevano al vero. Gli oggetti che assomigliavano a tronchi d’albero furono spinti in acqua, e su ognuno presero posto una decina almeno di quegli esseri che all’apparenza appartenevano alla stessa identica razza di Barlennan e dei suoi marinai, cioè erano simili nella forma, nelle dimensioni e nel colore. Inoltre, avvicinandosi alla «Bree», emettevano ululati laceranti, esattamente uguali a quelli che Lackland aveva udito lanciare spesso dai suoi piccoli amici.

Le canoe dovevano essere molto profonde, perché ne spuntava soltanto la testa degli indigeni. Lackland suppose che la decina di individui che erano saliti in ciascuna canoa si fossero disposti a spina di pesce, con le pagaie manovrate dalle coppie anteriori di braccia armate di pinze.

Vennero preparati i lanciafiamme della «Bree», e i marinai addetti si tennero accanto ai pezzi, in attesa di ordini, ma Barlennan dubitò che si potessero rivelare utili, data la situazione. Krendoranic, l’ufficiale incaricato delle munizioni, stava lavorando furiosamente intorno a una delle sue casse di scorte. Ma in realtà l’intera organizzazione di difesa della nave era stata sconvolta dalla totale mancanza di vento, un fenomeno che non si verificava quasi mai in mare aperto.

E ogni residua speranza di servirsi dei lanciafiamme scomparve, quando la flottiglia delle canoe si aprì a ventaglio, per circondare la «Bree». Giunte a due o tre metri dalla nave, le canoe si fermarono, e per un paio di minuti regnò sul fiume un grande silenzio.

Con grande disappunto di Lackland in quel momento il sole tramontò, e la scena sul fiume divenne del tutto invisibile. Strani suoni vocali gli rivelarono tuttavia che uno scambio d’idee doveva avere luogo fra la «Bree» e gli esseri delle canoe, sebbene Lackland avesse l’impressione, dalla lentezza e dal tono indeciso delle voci, che i due gruppi non parlassero la stessa lingua.

All’alba, tuttavia, Lackland poté notare che la situazione era cambiata notevolmente: la «Bree», per esempio, era ferma proprio davanti al villaggio e vicinissima alla sponda. Mentre se fosse stata trasportata dalla corrente, durante la notte, avrebbe dovuto trovarsi parecchio più a valle. Lackland stava per chiedere a Barlennan perché volesse correre un simile rischio, quando capì che il mesklinita era rimasto sorpreso almeno quanto lui dalla novità della situazione.