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Con aria leggermente seccata, Lackland si rivolse a uno degli uomini che sedevano con lui davanti allo schermo televisivo. — Barl si è ficcato nei guai — disse. — So che ha cervello, ma con cinquantamila chilometri ancora da percorrere, non mi piace vederlo in trappola appena dopo i primi cento.

La «Bree» sembrava imprigionata su tre lati dentro una specie di gabbia sommersa, fatta di pali piantati sul fondo del fiume. Era rimasto libero solo il lato a monte del fiume, e su quello si erano disposte in file serrate tutte le canoe. Era chiaro che quei selvaggi volevano la nave e ora la stavano tranquillamente catturando, sotto gli occhi del Comandante e dei suoi marinai.

Barlennan, dopo avere ordinato all’equipaggio di radunarsi a prua, strisciò da solo verso la poppa, davanti alla quale si erano raccolte le canoe. Nell’andata si fermò un attimo davanti agli scomparti delle provviste e tirò fuori un grosso pezzo di carne, che portò con sé fino all’estremità della poppa, bene in vista dei suoi silenziosi avversari. Dopo qualche istante una canoa si avvicinò cautamente e un indigeno si protese verso la poppa e il pezzo di carne. Barlennan glielo lanciò. La carne fu assaggiata e destò un fitto brusio di commenti. Quindi, quello che aveva l’aria di essere il capo staccò per sé una larga porzione di carne, distribuendo il resto tra gli altri, e cominciò a mangiare con particolare attenzione.

Appena ebbe finito, impartì un ordine che sembrava un latrato: immediatamente, metà degli equipaggi si avvicinarono con le loro canoe e balzarono sulla nave come tante cavallette. Impreparati ad attacchi semiaerei come quello, i marinai della «Bree» furono colti di sorpresa. La nave venne catturata in meno di cinque secondi. Un gruppetto indigeno comandato dal capo in persona cominciò a esaminare le scorte alimentari e la loro soddisfazione ben presto apparve evidente. Barlennan assistette impotente allo spettacolo penoso del trasbordo di tutte le riserve alimentari dalla nave alle canoe. Fu allora che si ricordò di qualcuno, il cui consiglio gli era sempre stato prezioso.

— Charles! — chiamò. — Hai assistito per caso a quello che ci sta capitando?

Lackland, divertito e preoccupato nello stesso tempo, si affrettò a rispondere: — Sì, Barl, ho visto tutto fin dal principio.

Al suono rimbombante di quella voce incredibilmente extramesklinita, che usciva dalla fila di apparecchi radio allineati sul ponte, il capo indigeno ebbe un sussulto e si guardò attorno in cerca della provenienza. Uno degli indigeni che si era trovato vicino alla radio da cui aveva parlato Lackland gliel’indicò. Tuttavia, dopo aver cercato di forzare la misteriosa cassetta con coltello e lancia il capo parve respingere l’improbabile supposizione. Lackland capì che era arrivato il momento di parlare di nuovo: — Credi che ci sia qualche probabilità di atterrirli con la radio, eh, Barl?

Questa volta la testa del capo si trovava a quattro o cinque centimetri dalla radio, e Lackland non ne aveva certo diminuito la potenza di trasmissione. Non ci potevano essere più dubbi sulla provenienza di quella voce rimbombante. Il capo cominciò a strisciar via dall’oggetto parlante.

Prima ancora che Barlennan avesse tempo di rispondere, Dondragmer si avvicinò a un mucchio di carne che gli indigeni non avevano ancora trasportato sulle loro canoe, ne scelse un pezzo particolarmente appetitoso e andò a deporlo davanti alla radio con gesti molto deferenti e umili. Col suo atto aveva rischiato di vedersi piantare in corpo un paio di coltellacci, ma gli indigeni di guardia alla carne erano troppo sbalorditi dagli avvenimenti per badare a quello che faceva. Lackland, ammirando la prontezza con cui il Secondo aveva capito i suoi propositi, continuò come aveva cominciato: ridusse il volume nella speranza che le sue nuove parole sembrassero meno irose agli esseri delle canoe e con voce cordiale lodò l’iniziativa di Dondragmer.

In quel momento il capo, chiamando a raccolta tutto il suo coraggio, si lanciò bruscamente col giavellotto che aveva tra le pinze contro la più vicina cassetta radio. Lackland rimase silenzioso, mentre i marinai assecondavano il gioco escogitato dal Volatore, girandosi e coprendosi gli organi visivi con le pinze incrociate, come fossero atterriti dal sacrilegio commesso. Dopo qualche istante, vedendo che non succedeva niente di nuovo, Barlennan offrì alla falsa divinità un altro pezzo di carne facendo vedere nello stesso tempo con ampi gesti che implorava pietà per la vita dell’incauto selvaggio. Il popolo del fiume era chiaramente impressionato, tanto che il capo si allontanò dagli apparecchi, e, chiamando intorno a sé i suoi consiglieri, dette il via a complesse consultazioni. Infine, uno dei consiglieri, evidentemente per saggiare il terreno, prese un terzo pezzo di carne e lo offrì alla radio più vicina. Lackland stava per esprimere la sua cordiale gratitudine, quando la voce di Dondragmer lo avvertì: — Rifiuta!

Senza capire il perché, Lackland alzò il volume ed emise un ruggito veramente pauroso il donatore fece un salto indietro in preda al terrore più genuino. Ma poi, dietro un ordine impartitogli dal suo capo, strisciò ancora fino alla radio, ritirò il pezzo di carne che tanto aveva offeso la divinità, ne scelse un altro e lo offrì alla cassetta.

— Ora va bene — disse Dondragmer, sempre per farsi intendere a Lackland.

— Perché, prima cosa c’era che non andava?

— Non avrei offerto quel pezzo di carne al mio peggior nemico — rispose il Secondo.

— Continuo a trovare una straordinaria rassomiglianza tra la mia razza e la vostra nelle situazioni più inattese — disse Lackland. — Ma ecco che il tramonto oscura tutto.

La notte passò tra ininterrotte discussioni tra il capo e i suoi consiglieri. All’alba il capo era giunto a una decisione; per prima cosa, allontanandosi un po’«dai suoi seguaci, depose le armi sul ponte. Poi, mentre i primi obliqui raggi del sole sfioravano la nave, si spinse verso Barlennan, facendo segno alle guardie che lo custodivano di allontanarsi. Il Comandante, che aveva già capito le sue intenzioni, attese con molta calma. Quando gli fu davanti, dopo una breve pausa significativa, l’altro cominciò a parlare.

Benché il suo linguaggio fosse del tutto incomprensibile, era chiaro che voleva una radio. E Barlennan, dimostrando più coraggio che accortezza — o almeno così sembrò a ‘ Lackland — rispose nel modo più breve e asciutto; una sola parola e un gesto che evidentemente significavano un «no! «chiaro e tondo.

Ma il capo, davanti a un rifiuto così netto, non assunse affatto un atteggiamento battagliero. Anzi, impartì rapido alcuni ordini ai suoi sudditi che, deposte le armi, cominciarono a riportare le vettovaglie dalle canoe sul ponte della «Bree». Se la libertà non era un prezzo sufficiente per una di quelle cassette magiche, ebbene, il capo dimostrava di voler pagare ancora di più.

Quando circa la metà delle vettovaglie razziate fu restituita, il capo rinnovò la sua domanda. Che fu respinta, come prima. Con un gesto incredibilmente umano di rassegnazione, l’indigeno ordinò ai suoi di restituire anche il resto.

Lackland cominciò a impensierirsi: — E ora che cosa farà quando rifiuterai ancora, Barl?

— Non lo so — rispose il mesklinita. — Se siamo fortunati, il capo può impegnarsi fino a offrire cose di sua proprietà, mandate a prendere apposta nel villaggio. Ma non sempre la fortuna arriva a tanto. Se la radio fosse meno importante, gliela darei anche in questo momento.

Quindi, mentre il capo degli indigeni lo guardava con una specie di assorta estasi. Barlennan chiamò alcuni marinai e dette loro degli ordini.

Muovendosi con grande circospezione e senza mai toccare la radio, i marinai prepararono un’imbracatura di corda e, rimossa a prudente distanza con dei pennoni la cassetta della radio, la spinsero fin dentro l’imbracatura. Poi uno dei manici di corda fu dato rispettosamente a Barlennan, che a sua volta, fatto cenno al capo indigeno di avvicinarsi, gli porse la maniglia con l’aria di offrirgli ciò che di più prezioso e delicato poteva esistere su Mesklin. Subito, i consiglieri del capo vennero a prendere gli altri tiranti.