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La canoa, ad ogni modo, continuava a galleggiare, a rimorchio della «Bree», nonostante l’aumento della gravità. Non stava cosi a galla come avrebbe fatto sui mari della Terra, perché il metano ha una densità corrispondente a circa la metà di quella dell’acqua, e perciò dieci centimetri del suo scafo erano invisibili sotto la superficie. Ma gli altri dieci centimetri che navigavano in emersione con il passare dei giorni non si sommersero lentamente fino a sparire, come il Secondo aveva quasi l’aria di sperare.

La bilancia a molla cominciava a indicare un allontanamento appena percettibile della posizione zero — era stata costruita, naturalmente, per essere usata dove il peso era centinaia di volte quello normale sulla Terra — quando la monotonia della navigazione fu interrotta. La gravità, nel punto in cui erano, equivaleva a circa 7 G terrestri. La consueta chiamata da Toorey giunse un po’«in ritardo rispetto alle precedenti, e questa volta alla radio non era Lackland che parlava, ma un meteorologo che i meskliniti avevano imparato a conoscere molto bene.

— Barl — cominciò lo scienziato senza preamboli — non so in base a quali criteri tu giudichi pericolosa una tempesta, ma pare che se ne stia avvicinando una sulla tua rotta, che non me la sentirei di affrontare con una zattera di dodici o tredici metri come la tua nave. Si tratta di un ciclone violentissimo, con una forza di vento eccezionale anche per un pianeta come Mesklin, direi. Nei milleseicento chilometri di strada lungo cui l’ho seguito finora, ha strappato dal fondo marino e portato alla superficie di tutto, lasciando una striscia di colori contrastanti sul mare.

— Allora sarà proprio meglio non incontrarlo — rispose Barlennan. — Come devo fare per togliermi dalla sua strada?

— Questo è il guaio! Non sono ancora certo della sua direzione. Il ciclone è ancora molto lontano da dove sei adesso, e non vorrei che dovesse tagliare la tua rotta proprio quando ti troverai nel punto meno favorevole. Prima di incontrarlo, devi attraversare altre due tempeste normali, che modificheranno la tua rotta e forse anche quella del ciclone. Te l’ho voluto dire in anticipo perché c’è un gruppo di isole molto grandi, ottocento chilometri a sudovest, verso cui potresti dirigerti. La bufera si abbatterà anche su quelle isole, ma lì ci sono moltissimi porti ben riparati, dove potresti aspettare con la tua nave che il pericolo sia passato.

— Farò in tempo a raggiungere le isole? Perché altrimenti preferisco affrontare il ciclone in alto mare, piuttosto che nelle vicinanze di una qualunque terra.

— Con la vostra velocità attuale avrai tutto il tempo di arrivare a quell’arcipelago, e anche di trovare il porto più conveniente.

— Benissimo, allora. Qual è la mia posizione rispetto al sud?

Pur essendo impossibile vedere la nave con il telescopio, a causa della densissima atmosfera, gli uomini sul satellite potevano seguirla comodamente sugli schermi televisivi, per cui non fu difficile al meteorologo fornire a Barlennan i dati di cui aveva bisogno. Le vele vennero quindi orientate in base alle indicazioni ricevute, e la «Bree» si mosse lungo la sua nuova rotta.

La nave si trovava a meno di centocinquanta chilometri dalle isole, quando un fatto nuovo venne a distogliere l’equipaggio dal pensiero del ciclone imminente. Il colore del mare era cambiato ancora una volta, ma di questo nessuno si era preoccupato, data l’abitudine dell’equipaggio a navigare su acque ora azzurre e ora rosse.

Fu nel cielo che si verificò il nuovo evento.

Davanti alla «Bree», ma a una grandissima distanza e procedendo con uno strano moto ondeggiante, su e giù, quanto mai insolito per un mesklinita, ma straordinariamente familiare agli occhi di un essere umano, si vedeva una macchiolina nera. Il primo marinaio a cui capitò di avvistarla, lanciò il solito ululato di sorpresa e di avvertimento, che stupì gli osservatori umani su Toorey, ma non fu loro d’aiuto. Tutto ciò che gli uomini poterono vedere, sugli schermi televisivi, fu che l’equipaggio della «Bree», con la parte anteriore del corpo di bruco incurvata verso l’alto, era intento a osservare ansiosamente il cielo.

— Che cosa c’è, Barl? — chiese pressante Lackland.

— Non lo so. Per un istante mi è sembrato che fosse il vostro razzo venuto per aiutarci a trovare le isole, ma è più piccolo e di forma assai diversa.

— Allora, è qualcosa che vola?

— Sì, ma senza fare alcun rumore, come il vostro razzo. Si direbbe che la cosa sia trasportata dal vento, se non che si muove troppo regolarmente e uniformemente, e per di più nella direzione opposta a quella del vento. Non so come descriverla. È più larga che lunga, una croce di un albero con un’antenna è l’immagine più somigliante che mi riesce di trovare.

— Cerca di inclinare verso l’alto uno degli apparecchi radio, per farla vedere anche a noi.

— Adesso proviamo.

Lackland chiamò per telefono uno dei biologi: — Lance — gli disse — pare che Barlennan si sia imbattuto in una specie di animale volante. Non vuoi venire qua, davanti ai teleschermi, per dirci di che bestia si tratta?

— Vengo subito.

Il biologo arrivò ai teleschermi prima che i marinai fossero riusciti a dare l’esatta inclinazione alla loro radio, e sedette in una Poltrona senza fare domande.

Si sentì di nuovo la voce di Barlennan: —Sta passando e ripassando sopra la nave, ora in linea retta, ora in cerchio. Ogni volta che tornava indietro s’inclina, ma non rivelava altri cambiamenti. Sembra che ci sia un corpo, Piuttosto piccolo, là dove le due aste si incontrano…

Proseguì con la descrizione, ma l’oggetto era evidentemente troppo estraneo alle sue esperienze normali, perché a Barlennan fosse possibile trovare paragoni adeguati in una lingua di cui aveva una padronanza relativa.

— Vedo adesso che ci sono delle aste più piccole messe di traverso alle due Principali, e quella che si direbbe una minuscola vela tesa fra di esse. Ecco, sta tornando verso di noi, bassissimo— credo che questa volta riuscirete a vederlo anche voi… .

Uno dei tecnici accorsi davanti ai telescschermi si preparò a fotografare i1 misterioso oggetto volante con una fotomitragliatrice.

Tutti potere vedere con sufficiente chiarezza L’oggetto non era un animale. Aveva un corpo — una fusoliera, come mentalmente la definirono subito gli esseri umani — di un metro circa di lunghezza, più o meno la metà della canoa che Barlennan si era procurato. Un’asta più sottile, posta un metro e mezzo più indietro, aveva come dei piani mobili a un’estremità. Le ali avevano un’estensione totale di oltre sei metri e la loro struttura, formata da una singola asta principale su cui si innestavano numerose costole, era facilmente visibile sotto il tessuto quasi trasparente che le ricopriva.

— Ma qual è la sua forza di propulsione? — chiese a un tratto uno degli uomini nell’osservatorio sulla luna. — Non si vedono né eliche né ugelli di reattori, e Barlennan ha detto che non fa nessun rumore.

— È una specie di aliante — disse uno dei meteorologi. — Un apparecchio per il volo a vela, pilotato da qualche creatura capace, ancora più di uno dei nostri gabbiani, di sfruttare le correnti ascensionali che si alzano dalla parte anteriore delle ondate. L’apparecchio potrebbe facilmente ospitare due creature delle dimensioni di Barlennan, e restarsene in aria fino a quando gli esseri che lo guidano non dovessero scendere per mangiare o per dormire.

Intanto l’equipaggio della «Bree» diventava sempre più ansioso. L’assoluto silenzio della macchina volante e l’impossibilità di vedere chi o che cosa vi fosse dentro preoccupavano i marinai. A nessuno piace sapersi osservato da chi non si lascia vedere. L’aliante non dimostrava alcuna intenzione ostile, ma consapevoli della propria inferiorità in caso di attacchi aerei, Barlennan e i suoi non si sentivano affatto sicuri.