I terrestri dell’osservatorio lunare avevano accettato il piano di Dondragmer con entusiasmo, seppure velato di una certa ironia, sospettava Barlennan.
Quando già l’interprete stava per ritornare, Dondragmer era ancora indaffarato alla radio a parlare con i terrestri di un altro suo progetto. Ma, dietro le insistenze di Barlennan, lo accompagnò verso il parco degli alianti.
Il tempo si era ormai completamente ristabilito. Rimanevano soltanto i perpetui venti dei mari di Mesklin ad aiutare o ad ostacolare il volo. Quel giorno sembravano molto favorevoli. Gli alianti, quasi si trattasse di creature vive, facevano tendere al massimo gli ormeggi e gli equipaggi stavano vicino alle ali, tenendosi saldamente aggrappati ai cespugli intorno, pronti ad aggiungere la loro forza, se necessario, a quella dei cavi di sicurezza.
Barlennan e il Secondo continuarono ad avvicinarsi, fino a quando un secco comando ordinò loro di fermarsi. I due marinai si mantennero a una distanza di circa trenta metri dagli apparecchi, guardandosi intorno con indifferenza, mentre i piloti li fissavano con aria bellicosa. Evidentemente l’arroganza dell’interprete era una caratteristica comune a tutti gli abitanti di quella nazione.
— Avete l’aria meravigliata, barbari — disse uno dei piloti dopo un attimo di silenzio. — Se pensassi che potreste imparare qualcosa solo guardando le nostre macchine volanti, vi costringerei a fermarvi con la forza. Ma, stupidi come siete, posso soltanto assicurarvi che sembrate tanti bambini a bocca aperta.
— Non mi sembra che ci sia molto da imparare dalle vostre macchine — disse Barlennan. — Per esempio, potreste risparmiarvi molte noie col vento, abbassando semplicemente gli aleroni e i piani mobili, invece di tenere occupata tanta gente a tenere fermi gli apparecchi. «Aleroni» e «piani mobili» erano termini che Barlennan aveva imparato da Lackland e che il pilota ovviamente non capì. Fu necessaria una spiegazione e, mentre il Comandante gliela dava, le superiori conoscenze del «barbaro» lasciarono perplesso l’aviatore.
— Hai già visto degli alianti prima d’ora? E dove? — chiese alla fine.
— Non ho mai visto un simile tipo di macchine volanti in vita mia — rispose Barlennan, con un tono che pareva smentire le sue stesse parole. — Non sono mai arrivato così vicino agli Orli del Mondo come in questa spedizione, ma sono sicuro che delle strutture così fragili cadrebbero a terra schiacciate dall’aumento di peso, se solo si spingessero molto più a sud.
— Ma come… — balbettò l’aviatore, sbalordito di fronte a tanta scienza. Ma subito s’interruppe: quello non era l’atteggiamento che una creatura civile doveva tenere alla presenza di un barbaro. — Quando tornerà Reejaaren, sarà senza dubbio disposto a sentire tutti i perfezionamenti tecnici che potrai suggerire — riprese.
— Per il momento ti consiglio di stare lontano, col tuo compagno, dai nostri velivoli, se non vuoi correre il rischio di essere preso per una spia.
Barlennan riferì a Lackland il colloquio.
— Come ha reagito il pilota quando hai alluso indirettamente all’esistenza di alianti capaci di stare in aria nelle latitudini con duecento gravità? — chiese Lackland. — Hai l’impressione che ti abbia creduto?
— Difficile rispondere. Ha tagliato corto, rimandando ogni discussione al ritorno dell’interprete. Ma penso che abbiamo trovato il giusto atteggiamento da tenere con questi aristocratici pieni di arie.
Tuttavia, al ritorno di Reejaaren, non sembrò che la nuova linea di condotta di Barlennan gli avesse fatto molta impressione.
— Il Governatore dei Porti Esterni ha deciso di ritenere, per il momento, che le tue intenzioni non sono pericolose — cominciò con il suo solito tono di superiorità. — Naturalmente hai violato le nostre leggi, sbarcando senza autorizzazione, ma ha riconosciuto che ti trovavi in difficoltà piuttosto gravi ed è propenso a mostrarti tutta la sua indulgenza. Mi ha pertanto conferito l’incarico di ispezionare nave e carico e di valutare l’entità dei relativi diritti d’ancoraggio, stabilendo una penalità.
Reejaaren non abbandonò mai, nemmeno per un solo istante, la sua aria di grande superiorità, mentre controllava il carico della «Bree», ma durante l’operazione si fece scappare delle involontarie informazioni, che certamente di sua spontanea volontà non avrebbe mai dato. E dall’interesse che rivelò per l’acquisto dei famosi «coni d’abete», Barlennan capì che i «barbari» dell’istmo erano un avversario abbastanza temibile per il popolo di Reejaaren, nonostante i suoi alianti. In fondo, il popolo di Reejaaren non era poi quel signore della creazione che voleva far credere.
Dopo che Barlennan ebbe pagato tutte le sue multe, l’interprete parve diventare più gentile e compiacente, e una conversazione di carattere tecnico e culturale si intrecciò fra i due meskliniti.
A proposito degli armamenti navali, Reejaaren spinse la sua degnazione fino a mostrare a Barlennan una balestra.
Il Comandante della «Bree» non aveva mai visto una balestra in vita sua, naturalmente, e quindi riportò una straordinaria impressione quando l’interprete scagliò tre dardi dalla punta di quarzo che con una serie di tonfi si conficcarono, per oltre metà dei loro quindici centimetri di lunghezza, nel tronco duro di una pianta, a una quarantina di metri di distanza. Barlennan si offrì di acquistare la balestra, più che altro per prova, ma l’interprete insistette per regalargliela, insieme con una buona scorta di frecce e verrettoni. Il mesklinita sapeva bene che tutto quell’armamentario sarebbe diventato un peso morto prima ancora che la «Bree» avesse percorso un quarto della sua rotta verso le latitudini natie. Ma, ogni tanto, non gli dispiaceva di fare la parte dello stupido: come mercante, di solito, ci guadagnava.
E così scambiò tutti i viveri che aveva in vendita con il tessuto speciale che in quelle isole serviva a tenere unite le ali degli alianti, con le corde elastiche che catapultavano i velivoli e con tutti gli ingegnosi manufatti che erano una specialità della popolazione delle isole.
— Dove dirigerai la tua rotta? — chiese Reejaaren, alla fine di quella contrattazione.
— Verso il sud e le Terre Gravi. Conosciamo questo oceano solo in base alle vaghe informazioni di mercanti che hanno compiuto la traversata dell’istmo. E vorrei saperne di più.
— D’accordo. Sei libero di salpare quando vuoi. Può darsi che incontri qualcuno dei nostri, nei tuoi viaggi. Anche noi talvolta ci spingiamo verso il sud. E attenzione agli altri cicloni. — L’interprete stava per avviarsi verso la cima della collina, ma si fermò nuovamente per aggiungere: — È probabile che ci rivediamo sulla spiaggia. Il fiordo che tu hai imboccato è risultato un ottimo porto potenziale, e io devo andare a fare un sopralluogo.
E riprese a salire verso il suo aliante.
Rimossi gli sbarramenti grazie ai rinnovati consigli dei terrestri, che stavano insegnando a Dondragmer a costruire qualcosa di simile a un argano differenziale, la «Bree» poté ritornare nel lago, dove l’equipaggio si mise velocemente al lavoro per ricostruirla nella sua forma originaria, mentre gli alianti continuavano a incrociare nel cielo sopra di essa.
E quando la nave giunse finalmente all’imboccatura del fiordo, Barlennan non fu troppo stupito di vedere che una decina di quei velivoli erano scesi sulla spiaggia.
La «Bree» si ancorò presso gli alianti, e il primo a venire sotto bordo, naturalmente, fu l’onnipresente Reejaaren, diventato la cordialità personificata.
— Vedo che la tua nave è ancora una volta in perfette condizioni di galleggiamento — disse. — Se fossi in te, cercherei di difendermi da un altro ciclone, stando il più lontano possibile dalla terraferma.