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Tutto questo passò per la mente del mesklinita mentre Lackland, raccolte le radio, entrava con McLellan nel veicolo corazzato, sotto Barlennan. Le piastre metalliche vibrarono leggermente quando lo sportello si chiuse, e un istante dopo il veicolo cominciò a muoversi. In quel momento una cosa molto strana accadde al suo passeggero extraterrestre.

La paura avrebbe potuto farlo impazzire. La sua condizione era anche peggiore di quella di un essere umano rimasto appeso penzoloni, con una mano sola, al davanzale di una finestra al quarantesimo piano sopra il livello stradale.

Eppure Barlennan non impazzì. O per lo meno, non impazzì nel senso generalmente inteso del termine: continuò a ragionare con la consueta lucidità, e nessuno dei suoi amici avrebbe potuto scoprire il minimo cambiamento nella sua personalità. Al massimo, Lackland, se fosse stato un po’«più al corrente della psicologia mesklinita, avrebbe potuto sospettare che il Comandante fosse leggermente brillo.

Ma poi anche quella specie di ebbrezza passò e persino la paura cominciò a dileguarsi. Aggrappato sul tetto a quasi sei corpi di altezza dal suolo, ritrovò una certa calma e tranquillità d’animo. Anzi, da lassù lo sguardo poteva spaziare sul mondo circostante, ricavandone una visione molto più comprensiva e generale. Il terreno intorno era come una carta geografica, e fino a quel momento Barlennan non aveva mai considerato una mappa come l’immagine del territorio visto dall’alto.

Una sensazione quasi inebriante di trionfo si impadronì di lui, mentre il trattore si avvicinava sempre più al razzo e finalmente si fermava. Il mesklinita agitò le pinze con festosa allegria a McLellan, che usciva dalla macchina corazzata, illuminato dalla luce dei fari, e quando vide che il terrestre rispondeva agitando la mano, ne fu entusiasticamente compiaciuto. Poi il trattore si rimise in moto, piegando a sinistra, e si diresse verso il tratto di spiaggia dove si trovava la «Bree». Mack, ricordandosi che Barlennan si trovava allo scoperto sul tetto, attese che il veicolo si fosse allontanato di quasi due chilometri prima di lanciare il suo razzo nel cielo. La vista dell’astronave che si innalzava lentamente sulla verticale, senza alcun appoggio apparente, fu sul punto di scatenare nel mesklinita l’antico terrore. Stavolta però Barlennan seppe dominare decisamente quella sensazione e si costrinse a guardare la macchina volante fino a quando non sparì nei bagliori del sole al tramonto.

Lackland fermò il trattore a un centinaio di metri dalla «Bree», ma anche a quella distanza gli strabiliati marinai sul ponte riuscirono a scorgere il loro Comandante saldamente attaccato sul tetto del veicolo. Sarebbero rimasti meno sconcertati se avessero visto la sua testa innalzata su una picca in mano a Lackland.

Persino Dondragmer, il più intelligente e flemmatico dell’equipaggio, restò come paralizzato per qualche minuto. Poi mosse per primi gli occhi, che lanciarono occhiate nostalgiche ai serbatoi di polvere di fuoco e ai «frullini» allineati lungo i bordi dell’imbarcazione.

Un sordo brontolio rabbioso cominciò a salire dall’equipaggio quando lo sportello del veicolo si aprì e ne uscì la figura corazzata di Lackland. A causa del loro genere di vita, tra il mercantile e il piratesco, degli uomini erano rimasti soltanto quelli più pronti a battersi al minimo cenno di minaccia, i codardi essendo stati abbandonati e gli individualisti addirittura morti. L’unica cosa che salvò la vita a Lackland fu l’abitudine — quasi un riflesso condizionato — che li trattenne dal fare un balzo di cento metri, che al più debole di loro sarebbe costato uno sforzo muscolare minimo. Invece, strisciando come avevano sempre fatto da quando erano venuti al mondo, sciamarono giù dall’imbarcazione come una cascata di acque rosse e nere e si sparsero sulla spiaggia dirigendosi verso la macchina dei terrestri. Lackland naturalmente li vide arrivare, ma fraintese talmente le loro intenzioni che non si affrettò nemmeno ad arrampicarsi sul tetto del trattore; anzi con tutta calma tolse Barlennan di là e lo depose sul terreno. Quindi, allungato un braccio all’interno del veicolo, ne tirò fuori gli apparecchi radio che aveva promesso e li mise accanto a lui sulla sabbia. A questo punto l’equipaggio si era già accorto che il suo Comandante era vivo e chiaramente illeso. La valanga di meskliniti si arrestò a mezza strada fra l’imbarcazione e il trattore, mentre una cacofonia di voci, varianti dai toni più profondi alle note più acute che una radio potesse riprodurre, rimbombò nei microfoni dello scafandro di Lackland. Barlennan frenò la commozione dei suoi con un sibilo che, passando nei microfoni di Lackland, quasi lo assordò.

— I gruppi dei cacciatori sono già pronti? — chiese poi Barlennan, una volta calmato il tumulto.

— Non abbiamo ancora mangiato — rispose Merkoos, timidamente — ma tutto il resto, reti e armi, è pronto.

— E i viveri?

— In un giorno saranno pronti anche quelli. — E Karondrasee, il cuoco, ritornò verso l’imbarcazione senza attendere altri ordini.

— Don, Merkoos, prendete ciascuno una di queste radio. Mi avete già visto usare quella che abbiamo a bordo: è sufficiente parlare nelle immediate vicinanze dell’apparecchio. E poi, Don, non intendo più dirigere la spedizione di caccia dalla nave, come avevo deciso prima. Ho scoperto infatti che si possono dominare con lo sguardo grandi estensioni di terreno dal tetto della macchina semovente del Volatore e, con il suo permesso, insieme a lui seguirò da vicino i vostri movimenti.

Dondragmer allibì. — Ma, Comandante! Quella macchina spaventerà tutta la selvaggina che si troverà entro il nostro raggio visivo! Quando è in moto la si sente almeno a cento metri di distanza e la si vede da molto più lontano. Senza contare…

— Che nessuno si potrà concentrare sulla caccia, con me bene in vista a un’altezza simile sul terreno. È questo che volevi dire? — lo interruppe Barlennan.

Le pinze dell’altro mesklinita si mossero silenziosamente in un gesto di conferma, che fu ripetuto più o meno dalla totalità dell’equipaggio.

Per un momento Barlennan ebbe la tentazione di mettersi a discutere con i suoi subordinati, ma si rese conto in tempo dell’inutilità di un simile tentativo.

— Va bene, Don, non hai torto. Mi manterrò in contatto radio con te e non mi farò vedere.

L’equipaggio sciamò di nuovo verso la «Bree», e il suo Comandante si accinse a mettersi in comunicazione con Lackland. Era un po’«preoccupato perché gli ultimi avvenimenti gli avevano fatto venire delle idee nuove, del tutto insolite; le avrebbe discusse, però, quando fosse capitata l’occasione favorevole. Adesso, ciò che gli premeva di più era un’altra passeggiata sul tetto del carro corazzato.

Capitolo 4

DI MALE IN PEGGIO

La baia sulla cui riva meridionale era stata tirata in secca la «Bree» era un piccolo estuario lungo un trentacinque chilometri e non più largo, alla foce, di tre e mezzo. Si apriva sulla costa meridionale di un golfo più ampio, dalla conformazione più o meno simile, lungo circa quattrocento chilometri, che a sua volta era solo una diramazione di un grande mare che si estendeva indefinitamente entro l’emisfero boreale, dove si confondeva con i ghiacci eterni della calotta polare. Queste tre masse d’acqua erano genericamente disposte da est a ovest ed erano separate, sulle coste settentrionali, da una serie di penisole relativamente strette. La posizione della «Bree» era stata scelta meglio di quanto Barlennan stesso credesse, perché due penisole la proteggevano dalle bufere provenienti dal nord. Una trentina di chilometri più a ovest, tuttavia, la protezione della più vicina di queste punte veniva a mancare, e Barlennan e Lackland poterono apprezzare che vantaggio avesse rappresentato per loro anche quella stretta lingua di terra. Il Comandante, ancora una volta, era stato sistemato sul tetto del carro corazzato, ma ora aveva una radio accanto a sé.