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Alla loro destra c’era il mare, che si estendeva fino al lontano orizzonte, al di là della punta di terra che proteggeva la baia. Alle loro spalle la spiaggia era come quella su cui era in secca la «Bree», una striscia sabbiosa in lieve pendenza, tutta punteggiata dei ciuffi della scura vegetazione fibrosa che copriva tanta parte della superficie di Mesklin. Davanti a loro, però, la vegetazione scompariva quasi del tutto. Qui la pendenza era minima e la cintura sabbiosa diventava più larga a misura che l’occhio si spingeva più lontano. Benché mancassero persino le piante dalle radici più profonde, quella grande distesa di sabbia non appariva nuda, perché sulle sue ondulazioni parallele erano sparsi i relitti nerastri e immobili del recente uragano.

Alcuni erano enormi ammassi di alghe strettamente intrecciate, o comunque di vegetali molto simili alle alghe; altri erano i corpi di animali marini, alcuni ancora più grossi degli ammassi d’alghe. Lackland rimase colpito, non tanto dalle dimensioni degli animali — dato che, in vita, erano presumibilmente sostenuti dal liquido in cui galleggiavano — ma per la distanza a cui si trovavano dall’acqua. Una massa mostruosa copriva un buon tratto di spiaggia quasi a un chilometro dal limite delle acque. Il terrestre cominciò a capire che cosa potevano fare i venti di Mesklin anche in zone di forte gravità, quando disponevano di cento chilometri di spazio in mare aperto per accumulare ondate capaci di spazzare via ogni cosa.

Il carro corazzato si inoltrò faticosamente sempre più lontano dal mare, avvicinandosi alla mole mostruosa scaraventata nell’entroterra dal recente uragano. Lackland voleva osservarla da vicino, dato che praticamente non aveva ancora visto alcun esemplare della fauna mesklinita. E anche a Barlennan, che pure conosceva molti dei mostri che popolavano i mari su cui aveva navigato per tutta la vita, quell’enorme struttura non era familiare.

La forma dell’animale non risultò poi troppo sorprendente, né per l’uno né per l’altro.

Avrebbe potuto essere una balena insolitamente aerodinamica o un rettile marino straordinariamente tozzo. Al terrestre ricordava lo Zeuglodonte che aveva infestato i mari del suo pianeta una trentina di milioni di anni prima, Tuttavia, nessuna creatura della Terra di cui fossero stati ritrovati i fossili si era mai avvicinata alle dimensioni di questa. Giaceva per una lunghezza di almeno duecento metri sul terreno ancora sabbioso; in vita, il suo corpo doveva essere cilindrico, con un diametro di oltre venti metri. Adesso, fuori dal liquido in cui era vissuto, ricordava un modello di cera che fosse stato lasciato troppo a lungo al sole. Benché le sue carni dovessero avere una densità inferiore della metà a quella degli esemplari terrestri, il suo peso risultava ancora sbalorditivo, quando Lackland si provò a calcolarlo, senza contare gli effetti di una gravità tre volte maggiore che sulla Terra.

— E dimmi, per favore, che cosa fai quando incontri un bestione come questo in navigazione? — chiese a Barlennan.

— Non ne ho la più pallida idea — rispose il mesklinita, freddamente. — Ho già visto mostri del genere, ma molto di rado. Di solito restano in mari più profondi e comunque in quelli permanenti. Ne ho visto uno in superficie una volta sola, ed era almeno quattro volte più grande di questo. Non so che cosa mangino, ma evidentemente trovano il nutrimento negli abissi dove vivono. Non ho mai sentito di una nave che sia stata attaccata da questi mostri.

— Credo bene! — disse Lackland. — Penso che sia difficile, in un caso simile, che ci siano dei superstiti. Se questa creatura, per nutrirsi, usa il sistema di certe balene del mio pianeta, è capacissima d’inghiottire una delle vostre imbarcazioni senza nemmeno accorgersene… Diamo un’occhiata alla bocca: vedremo subito.

Lackland fece partire immediatamente il trattore corazzato e lo guidò presso quella che aveva tutta l’aria di essere l’estremità della testa.

C’era una bocca e anche una specie di cranio, ma questo era stranamente schiacciato a causa del suo stesso peso. Tuttavia, dai denti rimasti tra le fauci, Lackland capi che il mostro doveva essere carnivoro.

— Anche se tu lo incontrassi in alto mare, Barl — disse alla fine Lackland — non correresti troppi rischi. Questo bestione non si sognerebbe neanche di attaccarti. Una delle tue navi non basterebbe nemmeno a stuzzicargli l’appetito: non credo che si accorgerebbe di qualcosa che non fosse grande almeno cento volte la «Bree». A proposito, che cosa intendi quando parli di mari «permanenti»?

— Mi riferisco a quegli oceani che si mantengono ancora tali poco prima che comincino le bufere invernali. Il livello del mare raggiunge la massima altezza in primavera, alla fine delle tempeste che hanno colmato i letti oceanici nel corso dell’inverno. Durante il resto dell’anno i mari diminuiscono. Qui sull’Orlo, dove la linea costiera è a picco sul mare, non si nota una grande differenza, ma là dove il peso e molto più alto la linea costiera può spostarsi da trecento a tremila chilometri, tra la primavera e l’autunno.

Lackland fece un fischio sommesso: — In altri termini — disse, come tra sé — gli oceani di questo pianeta evaporano ininterrottamente per più di quattro dei miei anni, riversando metano ghiacciato sulla calotta polare nord, per poi riprenderselo nei cinque mesi che l’emisfero settentrionale impiega a passare dalla primavera all’autunno. Adesso capisco! — Poi, tornando alla situazione del momento: —Barl, ora esco da questa scatola per sardine. Ho desiderato prelevare campioni di tessuto animale fin da quando ho scoperto che su Mesklin esisteva la vita. Credi che la carne di questa bestiaccia si sia guastata nel tempo trascorso dalla sua morte?

— Per noi sarebbe perfettamente mangiabile, anche se, da quello che mi hai detto, per voi Volatori sarebbe assolutamente indigesta. La carne in genere diventa tossica dopo due o trecento giorni, a meno che non sia seccata o conservata in qualche altro modo, e durante questo periodo il suo sapore cambia continuamente. Posso assaggiare un boccone di questa, se vuoi.

Senza attendere risposta e senza nemmeno dare un’occhiata colpevole intorno per accertarsi che qualcuno dell’equipaggio non si fosse spinto fin là, Barlennan si lanciò dal tetto del trattore, atterrando presso l’immensa mole dove aspettò che Lackland, aperto lo sportello, uscisse dal veicolo. Il trattore non aveva una chiusura stagna, ma Lackland indossava lo scafandro a pressione e quindi poteva lasciare che l’atmosfera di Mesklin entrasse liberamente nel veicolo, una volta che il suo casco fosse ermeticamente chiuso. Una leggera scia di candidi cristalli lo seguì turbinando: erano il ghiaccio e l’anidride carbonica gelata dell’atmosfera di tipo terrestre dell’interno, venuti a contatto con la bassissima temperatura di Mesklin. Barlennan non avvertì nessuno strano odore, ma provò una sensazione di bruciore e di arsura nei pori respiratori, quando un lieve sbuffo di ossigeno lo raggiunse, costringendolo a scansarsi con un salto. Lackland si scusò.

— Dovevo stare più attento io — disse il mesklinita. — Ho provato la stessa sensazione una volta, abbandonando la Collina dove abiti, e ho presente tutto quello che mi hai detto allora sulla differenza tra l’ossigeno che respiri tu e il nostro idrogeno… ricordi? È stato quando stavo imparando le prime parole della tua lingua.

Poi Barlennan si accinse a prelevare il primo campione di carne. Con quattro coppie di pinze si mise a recidere una porzione della pelle e dei tessuti sottostanti, quindi portò il pezzo alla bocca. Per alcuni istanti masticò meditabondo.