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— Calma. Lei non è obbligato ad andarci.

— Eh?

— Il portello stagno è lì alle sue spalle. Scenda giù e torni a casa a piedi. E si ricordi di chiudere la porta.

Non mi degnai di rispondere alla spiritosaggine, e lui andò avanti: — Però, a meno che lei non riesca a respirare il vuoto assoluto, la cosa più semplice è rassegnarsi a venire con me su Marte: ci penserò io, poi, a farla tornare sulla Terra. La Puoi farcela, che sarebbe la bagnarola su cui siamo imbarcati, sta per incontrarsi con la Passa al primo turno!, che è una nave torcia da lunga accelerazione. Diciassette secondi dopo avere preso contatto con la Passa al primo turno!, secondo più secondo meno, e noi saremo già su a torciare per Marte. Dobbiamo assolutamente esserci entro mercoledì.

Risposi con la cocciutaggine e l’irritazione di chi sta male. — Non ho alcuna intenzione di venire su Marte. Non ho intenzione di muovermi da questo razzo. Qualcuno dovrà certo venire a prenderlo per riportarlo sulla Terra. Lei non mi frega.

— Verissimo — convenne lui. — Qualcuno lo riporterà sulla Terra, ma lei non sarà a bordo. I tre furfanti che dovrebbero essere su questa bagnarola (secondo i documenti rimasti al Campo Jefferson), adesso sono sulla Passa al primo turno! Come lei avrà certamente notato, questa baracca ha tre soli posti, e non credo che i miei tre amici saranno molto d’accordo nel cederne uno a lei. Inoltre, come se la caverebbe con l’ufficio "Immigrazione"?

— Non importa! Mi basta tornare a terra.

— A terra sì, ma in prigione, e con tutta una serie di accuse che vanno dall’immigrazione illegale alla violazione del traffico spaziale. Come minimo, poi, penseranno che tentasse d’introdurre merce di contrabbando. La porteranno in uno stanzino tranquillo, dietro gli uffici. Prenderanno una bella siringa e le faranno un’iniezione qui, proprio in mezzo agli occhi, per farle raccontare tutto. Inoltre, le assicuro che sapranno già esattamente le domande che occorre farle; lei non potrà fare altro che vuotare il sacco. L’unica cosa che non crederanno, però, è che fossi presente anch’io. Perché io, cioè il loro vecchio amico Dak Broadbent, non potevo essere sulla Terra: sono fuori da un putiferio di tempo, nello spazio. Ho testimoni pronti a giurarlo, e si tratta di persone di specchiata onestà, assolutamente fuor d’ogni sospetto.

Rimuginai per un momento su quello che mi aveva detto, e provai un acuto senso di malessere, sia per la paura, sia per il mal di spazio che continuava ad affliggermi. — Ah, così lei darebbe l’imbeccata alla polizia? Lei è uno sporco, lurido… — m’interruppi solo perché ero incapace di trovare un sostantivo, da aggiungere agli aggettivi "sporco" e "lurido", adatto a insultarlo con tutta l’intensità che desideravo.

— Oh, no! Vede, vecchio marpione, potrei ricattarla un po’ facendole credere che ho intenzione di parlare alla polizia… ma non lo farò, può stare tranquillo. Però il fratello-coniugato di Rrringriil, Rrringlath, è certamente al corrente di una cosa: che il vecchio "Griil" è andato in un certo appartamento di un certo albergo, e poi non ne è più tornato. Ci penserà direttamente lui a dar subito l’imbeccata ai poliziotti. Non deve dimenticare che per i marziani, fratello-coniugato è un grado di parentela strettissimo. Talmente stretto che noi non possiamo neppure immaginarlo, dal momento che non ci riproduciamo per scissione.

Me ne infischiavo, io, se i marziani si riproducevano come i conigli o se invece era la cicogna a portarli, dentro il sacco nero dell’immondizia. Però, da come me la stava mettendo Dak, mi pareva che non avrei più avuto la possibilità di tornarmene sulla Terra. Espressi ad alta voce i miei timori, ma lui scosse la testa e rispose: — Niente affatto. Lasci fare a me, e la farò ritornare con la stessa facilità con cui è partito. Alla fine di tutto, lei uscirà da Campo Jefferson (o da qualsiasi altro Campo, fa lo stesso), con un permesso che riporta che lei è un meccanico e ha dovuto fare talune riparazioni dell’ultima ora. Per rendere credibile la cosa, lei indosserà una tuta sporca di grasso e porterà una cassetta dei ferri. Pensa che un attore del suo calibro riuscirà a recitare per qualche minuto la parte di un meccanico?

— Eh? Come, certo! Ma…

— Niente "ma"! Si fidi del suo amico Dak, che si prende cura di lei. Per la presente faccenda abbiamo già fatto entrare clandestinamente otto amici, tutti del "giro", prima per farmi arrivare sulla Terra, poi per far uscire me e lei. E se l’abbiamo fatto una volta possiamo farlo due. Però senza l’aiuto di un voyageur lei non caverebbe un ragno dal buco — aggiunse ridendo. — Ogni voyageur, nel cuor suo, è un mezzo filibustiere. L’arte del contrabbando è appunto un’arte, e tutti noi siamo sempre pronti a dare una mano a un amico, per aiutarlo a ingannare innocentemente le guardie portuali. Ma se uno non è del "giro", di solito non riceve alcun aiuto.

Cercai di imporre al mio stomaco la calma, e ci pensai sopra. — Dak — dissi poi. — Allora si tratta di una faccenda di contrabbando? Perché, vede…

— Oh, no! Salvo il fatto che stiamo contrabbandando… lei.

— Volevo dire che non considero il contrabbando un crimine.

— E chi lo ha mai considerato un crimine, salvo coloro che ci portano via i soldi mettendo esclusive su certi prodotti? No, no, si tratta semplicemente di sostituire un’altra persona, Lorenzo, e lei è la persona più adatta per fare da controfigura. Non è stato affatto per caso che mi sia imbattuto in lei, al bar. La stavamo seguendo da due giorni. Mi sono recato direttamente al bar per incontrarla, appena sceso su terrasporca. — Assunse un’espressione preoccupata. — Vorrei però essere sicuro che i nostri onorevoli nemici stessero seguendo me, e non lei.

— Perché? Non capisco…

— Se stavano seguendo me, vuol dire che lo facevano per scoprire cosa stavo macchinando, e allora tutto andrebbe bene perché avevamo previsto questa eventualità: sappiamo benissimo chi sono i nostri nemici, e così anche loro. Ma se invece stavano seguendo lei, allora vuol dire che sapevano già cosa stavo cercando… vale a dire un attore capace di fare da controfigura.

— Ma come facevano a saperlo, a meno che non glielo avesse detto lei?

— Lorenzo, si tratta di una faccenda importante, molto più importante di quanto lei s’immagina. Neppure io ne conosco appieno le implicazioni… Meno lei ne saprà, fin quando non le spiegheranno tutto, meglio sarà per lei. Posso dirle questo: una scheda recante le caratteristiche personali di un certo individuo è stata messa nell’Ufficio statistico centrale del Sistema Solare, all’Aia, e la macchina ha confrontato quelle caratteristiche con i dati di tutti gli attori viventi. L’operazione è stata portata a termine con la massima discrezione possibile, tuttavia qualcuno potrebbe avere sospettato… e parlato. I dati riguardavano l’identificazione di due persone: una è il principale, e l’altra è l’attore che può sostituirsi a lui, perché il lavoro dev’essere assolutamente perfetto.

— Oh! E la macchina vi ha detto che l’attore più adatto sono io?

— Sì, lei… e un altro.

Ecco un’altra occasione per tenere la bocca chiusa. Ma non avrei potuto farlo, nemmeno se ci fosse stata la mia vita in ballo, come in effetti era. Dovevo a tutti i costi sapere chi fosse quell’altro attore, considerato abile al punto di poter recitare una parte che richiedeva il mio inimitabile talento. — Un altro attore? Chi è?

Dak mi guardò a, lungo. Mi accorsi che esitava. — Uhm, un tale chiamato Orson Trowbridge. Lo conosce?

— Quel filodrammatico! — per un istante fui talmente furibondo da non accorgermi più della nausea.