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— Un attimo, signore — sentii rispondere da Epstein.

Poi giunse la voce di Dak: — Sì, Capo? Stiamo partendo come previsto… Come da suo ordine.

— Eh? Ah, già, certo.

— Credo che il signor Clifton stia venendo proprio ora nella sua cabina.

— Va bene, capitano. — Mi stesi sulla cuccetta e attesi.

Poco dopo, appena incominciato ad accelerare a 1 g, entrò in cabina Rog Clifton. Aveva un’espressione preoccupata sul volto e non riuscii a capirne il motivo. Era un misto di trionfo, di preoccupazione, e di confusione. — Che c’è, Rog?

— Capo, ci hanno dato il via prima del tempo. Il governo Quiroga ha rassegnato le dimissioni!

7

Avevo ancora il cervello annebbiato dal sonno; scossi la testa per cercare di schiarirmi le idee. — Cosa c’è da agitarsi tanto, Rog? È quanto cercavate di ottenere, no?

— Sì, certo, naturalmente. Ma… — e non proseguì.

— "Ma" cosa? Non riesco a capire. È da anni che lavorate a far progetti per costringere alle dimissioni Quiroga. Adesso che ci siete riusciti… mi sembrate quelle donne che quando arrivano all’altare non sono più sicure di avere ancora voglia di sposarsi. È la classica scena dei fumetti: i cattivi sono scappati e adesso i buoni arrivano a prenderne il posto. No?

— Oh… vedo che lei non ha esperienza della politica.

— Lo sa benissimo che non ne ho. Mi hanno "trombato" la prima volta, da bambino, quando ero giovane esploratore e volevo farmi eleggere caposquadra. Quella delusione me ne ha tolto la voglia per sempre.

— Be’, sa, l’essenziale è far le cose al momento giusto…

— Così mi diceva anche mio padre. Dunque, Rog, se non ho capito male, voi preferireste, avendo la possibilità di far andare le cose a modo vostro, che Quiroga fosse ancora al potere? Mi ha detto lei che "vi hanno dato il via prima del tempo".

— Pressappoco. Mi lasci spiegare. La nostra intenzione era di chiedere un voto di fiducia e poi vincere, per così indire nuove elezioni generali… però aspettando l’occasione favorevole, cioè quando stimassimo di poter vincere le elezioni.

— Ah, e adesso non siete sicuri di vincere? Pensate che Quiroga riotterrà il mandato per altri cinque anni o, se non lui, un altro del Partito dell’umanità?

Dopo averci pensato su, Clifton rispose: — No, credo che anche adesso avremmo buone probabilità di vittoria.

— Eh? Mi pare di non essere ben sveglio. Non volete vincere?

— Certo. Ma non ha capito in che situazione ci hanno messo le dimissioni?

— Temo proprio di no.

— Be’, il governo in carica ha la facoltà d’indire le nuove elezioni generali in qualsiasi momento, nell’ambito dei cinque anni costituzionali. Di solito lo fa quando ritiene che il momento sia favorevole. Ma non rassegna mai le dimissioni tra l’annuncio delle elezioni e le elezioni stesse, a meno che non vi sia costretto. Mi segue?

Compresi che l’accaduto era piuttosto strano, per poco che mi fossi interessato di politica in vita mia. — Mi pare — risposi.

— In questo caso, il governo Quiroga ha indetto le elezioni, e poi si è dimesso, lasciando l’Impero senza governo. Ne consegue che il sovrano deve ora chiamare qualcuno a formare un governo provvisorio che durerà fino alle elezioni. Secondo la legge vigente, l’incarico può essere conferito a chiunque sia stato eletto alla Grande Assemblea, ma in pratica non c’è scelta, dati i precedenti costituzionali: quando un governo dà le dimissioni in blocco (quando insomma non si tratta di un semplice rimpasto), allora il sovrano deve chiamare il capo dell’opposizione a formare il governo provvisorio. È una prassi indispensabile, nel nostro sistema politico; impedisce che le dimissioni siano soltanto formali. In passato si sono visti molti altri metodi; in qualcuno di essi si cambiava governo come cambiarsi di camicia. Ma con il nostro sistema si ha la sicurezza di avere un governo responsabile.

Ero talmente immerso nel tentativo di capire a fondo tutto ciò che era implicito nelle sue parole, che per poco non mi sfuggì la sua affermazione successiva.

— E così, naturalmente, l’imperatore ha convocato a New Batavia l’onorevole Bonforte per affidargli il mandato.

— Eh? New Batavia? — dissi. — Benone! — Stavo pensando che non avevo mai visto la capitale dell’Impero. L’unica volta che ero stato sulla Luna, le vicissitudini della mia professione m’avevano lasciato privo di tempo e di denaro da spendere in viaggi turistici. — Ah — continuai — allora è per questo che siamo partiti. La cosa non mi dà assolutamente fastidio. Suppongo che riuscirete lo stesso a trovare il modo di rispedirmi a casa, anche se la Tom Paine non ritorna subito sulla Terra.

— Come? Santo Cielo, ma lei si preoccupa solo di questo? Quando sarà l’ora, il capitano Broadbent troverà mille modi per farla sbarcare clandestinamente!

— Mi scusi. Dimenticavo che lei ha cose molto più importanti per la testa, Rog. Certo, non vedo l’ora di tornare a casa, adesso che il lavoro è terminato. Ma qualche giorno, o anche un mese sulla Luna non mi darà fastidio. In realtà non ho nulla d’urgente da fare. Però, grazie lo stesso per avermi messo al corrente delle ultime novità. — Lo guardai attentamente in viso. — Rog, se non mi sbaglio, lei ha addosso una preoccupazione del diavolo!

— Come, ma non capisce? L’imperatore vuol vedere Bonforte! L’imperatore, amico! E l’onorevole Bonforte non è assolutamente nelle condizioni di presentarsi all’udienza. I nostri nemici hanno tentato un gambetto… e forse sono riusciti a darci scaccomatto!

— Eh? Un momento, per piacere… Mi pare di capire dove vuole andare a parare, ma guardi che non siamo ancora a New Batavia; ne siamo ancora distanti cento milioni di chilometri, o duecento, o quello che è. Ora che saremo arrivati, le medicine del professor Capek avranno rimesso in sesto Bonforte, e lui potrà presentarsi all’udienza di persona, no?

— Be’… si spera.

— Ma non ne è sicuro?

— Non possiamo averne la certezza. Capek dice che i dati clinici su dosi tanto massicce sono troppo scarsi per poter dare una prognosi. Dipende molto dall’organismo del singolo soggetto, e dal tipo esatto di droga somministrata.

Mi ritornò alla mente quella volta che una comparsa mi aveva fatto bere un forte lassativo, poco prima di una recita. (Ma comunque ero riuscito ad andare in scena lo stesso, e ciò dimostra la superiorità della mente sulla materia… successivamente avevo fatto licenziare quel furbone.)

— Rog, ma allora quell’ultima dose, la più grande di tutte, quella che non era necessaria, non gliel’hanno data per semplice sadismo; gliel’hanno data proprio per giungere alla presente situazione!

— Ne sono convinto. Anche Capek è dello stesso parere.

— Caspita, ma questo significa che Quiroga in persona è il mandante del ratto, che a capo del Governo Imperiale c’è stato un gangster per tutti questi anni!

— Non è detto che sia andata proprio così — ribatté Rog, scuotendo la testa. — È poco probabile, anzi. Sembra però evidente che le stesse ignote personalità che controllano il gruppo terrorista clandestino degli Azionisti, controllano anche tutto il resto del meccanismo del Partito dell’umanità. Non riusciremo mai a ottenere le prove per inchiodarli. Si tratta di gente irreprensibile, al di là di ogni possibile sospetto e di ogni possibile incriminazione. Tuttavia possono avere avvertito Quiroga che ormai era giunto il momento di mettersi da parte e fare il morto… senza dubbio hanno i mezzi per farsi ascoltare. È quasi sicuro — aggiunse — che lo hanno fatto senza dargli indicazioni sul vero motivo per cui il momento risultava così propizio.

— Ma è un modo d’agire da criminali! Intende dire che la più alta personalità dell’Impero accetta di rassegnare le dimissioni con tanta facilità, solo perché qualcuno glielo ordina?

— Temo sia proprio così.