Выбрать главу

Feci scorta di chocha e andai al party successivo e chiesi a Hedda quali corsi seguisse Alis.

— Io non uso più la chocha — disse Hedda. Portava maglione aderente e gonna e occhiali con la montatura nera. Come sposare un milionario. — Perché non vuoi lasciarla in pace? Non fa del male a nessuno.

— Voglio… — cominciai, ma non sapevo cosa volessi. No, falso. Volevo trovare un film che non contenesse una sola sostanza capace di dare assuefazione. Solo che non ce n’erano.

— I dieci comandamenti — dissi, risalito nella mia stanza.

C’erano bevute nella scena del vitello d’oro e varie allusioni al “vino della violenza”, ma era sempre meglio di Scandalo a Filadelfia. Tirai fuori le mie riserve di grappa e chiesi una lista di kolossal biblici, e poi mi misi a giocare a Charlton Heston: distruggere vigne e porre fine alle orge romane. La vendetta è mia, dice il Signore.

SCENA: Esterno di casa Hardy in estate. Staccionata, aceri, fiori davanti alla porta d’ingresso. Dissolvenza lenta sull’autunno. Foglie che cadono. Primo piano su una foglia, seguita finché tocca terra.

Certe terre di nessuno somigliano molto allo scivolo. Te ne stai immobile a guardare uno schermo o, peggio, la tua immagine riflessa, e dopo un po’ finisci da qualche altra parte.

I party continuarono, affollati di dirigenti degli studios e Marilyn. Fred Astaire restava conteso, Hedda mi evitava, io bevevo. In eccellente compagnia. Bevevano gangster, capitani di corvetta, dolci vecchie signore, deliziose giovani ragazze, dottori, avvocati, capitribù. Fredric March, Jean Arthur, Spencer Tracy, Susan Hayward, Jimmy Stewart. E non solo in Scandalo a Filadelfia. Il tipico ragazzo americano della porta accanto, quello con tanto senso dell’onore e della patria, si sbronzava regolarmente. Acquavite in L’uomo che uccise Liberty Valance, brandy in Una strega in paradiso, “torcibudella” trangugiato direttamente dalla bottiglia in La conquista del West. In La vita è meravigliosa si ubriaca tanto da essere sbattuto fuori da un bar e finire con l’automobile contro un albero. In Harvey, è piacevolmente alticcio dall’inizio alla fine, e io che diavolo avrei dovuto combinare con quel film? Che diavolo dovevo combinare in generale?

In un momento o nell’altro di questo periodo, Hedda salì da me. — Ho una domanda da farti — disse, ferma sulla soglia.

— Questo significa che non ce l’hai più con me?

— Perché mi hai praticamente rotto un braccio? Perché mi hai scopata convinto che fossi un’altra? Perché dovrei avercela con te?

— Hedda…

— Tutto a posto. Mi succede di continuo. Dovrei aprire un locale di simsesso. — Entrò e sedette sul letto. — Ho una domanda da farti.

— Risponderò se tu risponderai alla mia — dissi.

— Non so dove sia lei.

— Tu sai tutto.

— Ha lasciato l’università. Gira voce che adesso lavori a Hollywood Boulevard.

— E cosa fa?

— Non lo so. Probabilmente non balla nei film, il che dovrebbe renderti felice. Hai sempre cercato di convincerla a…

La interruppi. — Qual è la domanda?

— Ho guardato quel film. Quello in cui dicevi che c’era la mia parte. La finestra sul cortile. Thelma Ritter. E tutte le sue rotture di scatole di cui parlavi, quando dice a lui di farsi gli affari suoi, di non impicciarsi. Erano buoni consigli. Thelma stava solo cercando di aiutarlo.

— Qual è la domanda?

— Ho guardato quell’altro film. Casablanca. Parla di questo tizio che ha un bar in una parte o nell’altra dell’Africa ai tempi della Seconda guerra mondiale, e di colpo rispunta la sua vecchia ragazza, solo che è sposata con quell’altro…

— Conosco la trama. Qual è la parte che non capisci?

— Tutto — rispose lei. — Perché il tizio del bar…

— Humphrey Bogart.

— Perché Humphrey Bogart continua a bere? Perché ripete che non la aiuterà mai e poi la aiuta? Perché le dice che lei non può restare? Se quei due sono così matti l’uno dell’altra, perché lei non può restare?

— C’era la guerra — dissi. — Avevano tutti e due un lavoro da fare.

— E il lavoro era più importante di loro due?

— Già — risposi, ma non ci credevo nemmeno io, nonostante il bel discorsetto di Ricky. Ilsa che dava sostegno morale al marito, Ricky che combatteva nella Resistenza non importavano più. Erano un sostituto. Erano quel che si fa quando non si può avere quello che si vuole. — Li avrebbero presi i nazisti — dissi.

— Okay — ammise lei, dubbiosa. — Quindi non possono restare assieme. Ma perché lui non se la può scopare prima che lei parta?

— All’aeroporto?

— “No” — rispose lei, serissima. — Prima. Al bar.

Perché non può averla, pensai. E lo sa.

— Per colpa dell’Ufficio Hays — dissi.

— Nella vita reale, lei almeno una scopata gliel’avrebbe regalata.

— Un’idea confortante — commentai. — Ma i film non sono la vita reale. E non possono dirti cosa provi la gente. Te lo devono far vedere. Valentino che alza gli occhi al cielo, Rhett che solleva Scarlett da terra, Lilian Gish che si stringe la mano sul cuore. Bogie ama Ingrid e non può averla. — Mi accorsi che Hedda ricominciava a non capire niente. — Il proprietario del bar ama la sua vecchia ragazza, quindi nel film devono “farti vedere” che lui non la tocca, non le dà nemmeno un bacio d’addio. Deve stare lì a guardarla e basta.

— Un po’ come te che bevi di continuo e ti precipiti in avanti sullo scivolo — disse lei.

Adesso ero io ad avere l’espressione di chi non capisce.

— La sera che Alis ti ha riportato alla mia stanza. La sera che eri così sbronzo.

Ancora non afferravo.

— Hai “fatto vedere” i tuoi sentimenti — disse Hedda. — Hai cercato di attraversare lo schermo dello scivolo e per poco non ti sei ucciso. È stata Alis a tirarti indietro.

SCENA: Esterno. Casa Hardy. Il vento spazza via le foglie morte. Dissolvenza lenta su un albero dai rami nudi. Neve. Inverno.

A quanto sembrava, quella sera avevo fatto follie. Avevo cercato di attraversare la parete dello scivolo come un fritto con troppa roba in corpo, e poi avevo scopato la persona sbagliata. Bel lavoretto, Andrew. E Alis mi aveva salvato. Arrivai con lo scivolo a Hollywood Boulevard per cercarla. Controllai alla Città dei Provini e a È Nata Una Stella, dove era di turno una copia carbone di River Phoenix. La cabina del Lieto Fine aveva cambiato nome: adesso era “Felici e Contenti” e sfoggiava Il dottor Zivago. Ornar Sharif e Julie Christie in un campo fiorito, sorridenti, con un bambino tra le braccia. Un gruppo di turi interessati a metà stava a guardare.

— Cerco una faccia — dissi.

— Scegli quella che vuoi — rispose il tizio. — Lara, Scarlett, Marilyn…

— Siamo stati qui qualche mese fa. — Tentai di risvegliargli la memoria. — Abbiamo parlato di Casablanca…

— Ho Casablanca — disse quello. — Ho Cime tempestose, Love Story…

— Questa faccia — lo interruppi. — È alta all’incirca così, capelli castano chiaro…

— Batte?

— No — risposi. — Lascia perdere.

Proseguii. Su quel Iato non c’era nient’altro, a parte le spelonche RV. Mi fermai e mi misi a pensarci su. Pensai ai locali di simsesso più avanti e alle battitrici libere che si affollavano davanti agli ingressi coi vestiti strappati, e tornai alla Felici e Contenti.