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E se Alis, che era disposta a tutto pur di ballare nei film, che era disposta a provare in una minuscola stanza dell’università con un monitor piccolissimo e a lavorare di notte in una trappola per turi, avesse convinto uno dei prezzolati che lavoravano al viaggio nel tempo a lasciarle fare la cavia? Se lo avesse convinto a rispedirla nel 1954, in giubbetto verde e guanti corti, e poi, invece di tornare come avrebbe dovuto, avesse preso il nome di Virginia Gibson e si fosse presentata alla MGM per i provini per Sette spose per sette fratelli? E poi fosse riuscita ad apparire in altri sei film? Uno dei quali era Cenerentola a Parigi. Con Fred Astaire.

Mi rizzai a sedere, lentamente, per non trasformare l’emicrania in qualcosa di peggio. Andai al terminale e richiamai Cenerentola a Parigi.

Hedda aveva detto che Fred Astaire era ancora conteso in tribunale, ed era vero. Misi il film, e Fred in generale, sotto controlla-e-avverti, nel caso la causa venisse risolta. Se Hedda aveva ragione (e quando non l’aveva?), la Warner avrebbe reagito immediatamente, ma se avesse tardato un po’, o se i suoi avvocati fossero stati troppo presi da Russ Tamblyn, poteva aprirsi una finestra. Attivai l’allarme sonoro del controlla-e-avverti e richiamai l’elenco dei musical di Virginia Gibson.

Slarlift era un bianco e nero sulla Seconda guerra mondiale, quindi non avrei avuto immagini chiare come quelle di un film a colori, e Virginia, dieci in amore era a sua volta oggetto di una contesa legale per qualcuno che non avevo mai sentito nominare. Restavano Athena e le sette sorelle, Femmine bionde, e Tè per due, tutti film che non ricordavo di avere mai visto.

Quando richiamai Athena e le sette sorelle, capii perché. Era un incrocio tra Il bacio di Venere e L’eterna illusione, con quintali di chiffon ed eccentrici salutisti e quasi nessun numero di ballo. Virginia Gibson, in chiffon verde, doveva incarnare Niobe, la dea del jazz o del tip tap o qualcosa del genere. Chiunque fosse, non era Alis. Le somigliava, specialmente con i capelli raccolti a coda di cavallo. “E con un mezzo litro di bourbon nel tuo stomaco” avrebbe detto Hedda. E una doppia dose di ridigaine. Ma anche così, non le somigliava quanto la ballerina nella scena della costruzione del fienile. Richiamai Sette spose. Lo schermo restò argenteo per un lungo momento, poi iniziò uno scrolling di linguaggio leguleio. “Questo film è al momento oggetto di una disputa legale e non è disponibile per la visione.”

Be’, quello tagliava la testa al toro. Quando il tribunale avesse deciso che era lecito fare a pezzettini Russ Tamblyn, io sarei stato libero dalla chocha e in grado di vedere una ragazza che semplicemente somigliava ad Alis, o nemmeno quello. Un giochetto di luci e trucco.

Ed era inutile strascicare i piedi in un altro pantano di musical per metterci una pietra sopra. Ogni somiglianza era puramente alcolica, e io dovevo fare quel che consigliava Doc Hedda, sdraiarmi e aspettare che passasse. E poi ricominciare a farmi a pezzettini, Dovevo richiamare Notorious e farla finita con quello.

— Tè per due — dissi.

era un film con Doris Day. Mi chiesi se Doris fosse sull’elenco di cattive ballerine di Alis. Se lo sarebbe meritato. Se la cavicchiava a stento, tutta sorrisi a trecentosessanta gradi, in una routine di tip tap con Gene Nelson; se ne stava in una sala prove per la quale Alis avrebbe ucciso: un’enorme quantità di spazio libero e specchi e niente banchi accatastati. C’era una terribile versione in stile latino di Crazy Rhythm, Gordon MacRae che cantava I Only Have Eyes for You, e poi il grande numero di Virginia Gibson.

Ed era del tutto indiscutibile che non fosse Alis. Coi capelli sciolti, non le somigliava nemmeno più di tanto. O forse il ridigaine stava facendo effetto.

Il numero incarnava l’idea hollywoodiana del balletto: altro chiffon e una quantità di piroette, non certo il tipo di cosa che avrebbe potuto interessare ad Alis. “Se” avesse studiato balletto a Meadowville, non solo jazz e tip tap, ma non lo aveva studiato, e invece Virginia evidentemente sì, quindi Alis non era Virginia, e io non ero più sbronzo, e dovevo ricominciare a mettermi all’opera sulle bottiglie.

— Avanti a 64 al secondo — dissi, e guardai Doris sorridere per tutto il numero che dava il titolo al film, con una ripetizione superflua. Il numero successivo era di quelli di lusso, con un sacco di ballerini. Virginia non c’era, così cominciai con l’avanti veloce e poi mi fermai.

— Torna all’inizio della musica — dissi, e guardai il numero, tenendo il conto dei fotogrammi. Una coppia di biondi si portò avanti, eseguì una serie di passi, e indietreggiò, e un tizio coi capelli neri e una rossa in gonna a scacchi si fecero avanti e si lanciarono in un charleston, affiancati. Lei aveva capelli ricci e una camicetta coi bottoni sul davanti. I due appoggiarono le mani sulle ginocchia ed eseguirono i loro frenetici movimenti. — Fotogramma 75-005, avanti a 12 al secondo — dissi, e guardai la routine al rallentatore.

— Ingrandisci quadrante 2 — e vidi la rossa riempire lo schermo, per quanto non ci fosse alcun bisogno dell’ingrandimento, o nemmeno del rallentatore. Nessun dubbio sulla sua identità.

L’avevo saputo nell’istante in cui l’avevo vista, come mi era successo con la scena della costruzione del fienile, e non era l’alcol (che mi sarebbe rimasto in corpo come minimo per altri quindici minuti) o il klieg, o una vaga somiglianza sottolineata dalla cipria e dalla matita per gli occhi. Era Alis. Il che era impossibile.

— Ultimo fotogramma — dissi, ma quelli erano i Cari Vecchi Giorni: le ballerine di fila non comparivano nei titoli, e la data del copyright andava decifrata. MCML. 1950.

Tornai indietro per l’intero film, fermando i fotogrammi e chiedendo l’ingrandimento tutte le volte che intravedevo capelli rossi, ma non la rividi. Diedi l’avanti veloce fino al charleston e guardai di nuovo, cercando di formulare una teoria.

Okay. Il techno l’aveva spedita nel 1950 (no, sbagliato; la data del copyright era quella della distribuzione del film; l’aveva spedita nel 1949) e lei aveva atteso quattro anni, facendo la ballerina di fila e ingraziandosi Virginia Gibson, aspettando l’occasione buona per tirarle un colpo alla testa, nasconderla dietro il set e prendere il suo posto in Sette spose. Per poter talmente colpire il produttore di Cenerentola a Parigi con le sue doti di ballerina da spingerlo a offrirle una parte, e finalmente era riuscita a ballare con Fred, anche se magari in un numero da due soldi.

Non me la sarei bevuta nemmeno se fossi stato pieno di chocha. Ma era lei, quindi doveva esserci una spiegazione. Forse tra un numero di fila e l’altro Alis era stata scritturata come corpocaldo. A quei tempi succedeva. Le chiamavano controfigure, e magari lei era diventata la controfigura di Virginia Gibson perché si assomigliavano, e Alis aveva pagato Virginia perché le lasciasse prendere il suo posto per un solo numero, o aveva fatto in modo che Virginia quel certo giorno non si presentasse alle riprese. Anne Baxter in Eva contro Eva. O magari Virginia aveva problemi con l’alcol, e quando si era presentata ubriaca Alis aveva dovuto sostituirla.

Non era una teoria molto migliore. Richiamai il menu. Se Alis aveva ottenuto una scrittura come ballerina di fila, poteva averne ottenute altre. Passai in rassegna i musical, cercando di ricordare quali avessero numeri con ballerine di fila. Cantando sotto la pioggia ne aveva uno. La scena del party dalla quale avevo tolto tutto lo champagne.